Sunday, May 09, 2010

mezzo euro


parlo con un barbone all'angolo della strada. "sono dio" tuona lasciandomi inebetita e ubriaca per quell'alito per niente divino. "io sono dio" continua a imprecare. lo contesto e lo sento lamentarsi. gli dico che dio non si lamenta mai, gli dico che dio non fa il barbone con un alito che sa di vino, gli dico che dio non ha gli occhi azzurri venati dal rosso dell'alcool, gli dico che dio veste dolce e gabbana, che ha un'auto di lusso, una suv per l'esattezza, o forse una maserati che fa piú fico. gli dico che dio ha scarpe costose, per rappresentanza. gli dico che dio ha una valigetta 24 ore in pelle con combinazione per racchiudere tutte le sue formule segrete che le conosce solo harry potter. si guarda nelle tasche il barbone, cerca; quegli occhi azzurri venati di rosso color vino scaduto si fanno piú vivi. tira fuori un mozzicone, rattrappito, incartapecorito, una malboro gialla strafumata e unta. gli dico che dio fuma solo sigari cubani per far vedere che non ce l'ha con fidel castro né coi comunisti. gli dico che dio è contro le sigarette perché fanno male ai polmoni anche se lui possiede azioni nelle multinazionali che le producono. gli dico che dio non ha tasche bucate e mani sporche come i meccanici. gli dico che dio fa settimanalmente manicure e pedicure e porta la barba curata e trendy come george michael, peró non è gay tutt'al piú bisex, e la sera va a cene importanti dove mangia ostriche e beve bene. estrae dalla tasca un pezzo di pane il barbone. me lo offre come fosse il piú bel tozzo di pane, come se avesse l'odore del piú bel pezzo di pane appena sfornato, come fosse un tesoro, una reliquia, un simbolo, un dono, una cosa speciale, un regalo per me. sorridono gli occhi del barbone, sorridono di una luce mai vista prima. gli dico che dio non ride mai, gli dico che dio é del capricorno, che è noioso e bacchettone, gli dico che pensa solo al lavoro e che non ha tempo di fermarsi per strada, gli dico che dio non ha tempo per nessuno, non ha avuto tempo neanche per cristo, povero cristo, quando fu crocifisso: era in riunione con allá e buddha per risolvere certi problemi logistici di una loro casa in campagna. gli dico che dio non ha tempo per pensare alle vicissitudini di un barbone con lo sguardo venato dal rosso del vino poco divino e le scarpe bucate. riprende il suo tozzo di pane il barbone, con gli occhi allegri, tranquilli, distesi, occhi svegli, occhi che sanno. si mette il mozzicone in bocca e aspira con forza. gli porgo mezzo euro, né poco né tanto ma un gesto per accaparrarmi un posto in paradiso, hai visto mai. e lui accetta aprendo a me la sua mano lurida, rugosa, sporca. mette il mezzo euro nella tasca bucata e si incammina per la salita. io riprendo il mezzo euro caduto per terra e me ne vado. mi dico che dio non si sarebbe lasciato sfuggire mezzo euro. mi dico che il barbone mentiva. meglio per lui.

ci fanno compagnia...

la cosa bella del mio palazzo, oltre alle due portiere che ti snobbano neanche fossero lapo elkan coi pantaloni a sigaretta e la felpa fiat e al cancello super automatizzato che devi scender dalla macchina per aprirlo e ridiscendere per richiuderlo, è che i cassonetti dell’immondizia sono a tre isolati di distanza, all’incirca vicino agli studios di cinecittà dove passa tutta la “monnezza” televisiva e non. quasi sempre cerco di tenere l’immondizia a casa finchè il sacchetto non straborda che quasi lo senti lamentarsi e in ginocchio chiedere pietà. quando vedo che le mosche cominciano a girargli intorno come condor sulla carogna di qualche animale come si vedeva nei film di sergio leone, allora mi armo di santa pazienza e decido che è il caso di preparare lo spirito, il corpo e la mente alla conquista del cassonetto. per non affaticarmi troppo cerco di sfruttare la giornata in cui esco in macchina in modo da portare con me la bustona senza problemi. la carico sul sedile del passeggero, le metto la cintura per far si che alla prima curva sotto casa che di solito prendo su una ruota, quella sinistra, non si rovesci tutta facendo cadere tutto il pattume accumulato, i residui di uova marce, i pannolini del mese in corso, le bucce di banana imputridite e nere, le innumerevoli cose andate al male in frigo e qualche frutto che, non essendo più quelli di una volta come le stagioni, marciscono solo a guardarli figurarsi a non accorgersi neanche della loro presenza.
ora, non so se per un inizio di morbo di alzhaimer o se per lo stress come dicon tutti, o forse per quell’anemia che il più delle volte mi fa desiderare di andare a dormire non appena mi alzo dal letto, fatto sta che il mio cervello di quarantenne non reagisce più come una volta e sta cominciando a dare i primi segni di demenza senile accelerata tanto che non ricordo più, in ordine sparso, ricorrenze, appuntamenti, cose pensate, cose dette, cose immaginate, non ricordo più le tabelline (ma forse quelle non le ho mai imparate) e, last but not least, non trattengo un’informazione neanche appiccicando i neuroni tra di loro con la migliore colla a caldo. diciamo che ultimamente ho l’aria svagata, l’occhio assente ma soprattutto un prontuario medico da far invidia al peggior ipocondriaco della terra. in poche parole portare l’immondizia al cassonetto è l’ultimo dei miei problemi, portarla a spasso per roma pare invece sia diventato il mio passatempo preferito e il mio svago più grande. infatti nel momento in cui carico il sacchetto nella macchina legandolo con la cintura, richiudo la portiera e mi dirigo dalla parte del guidatore per mettere in moto la macchina, alla velocità della luce macpitrecubico ho già dimenticato quel passeggero così ingombrante ma soprattutto così puteolento. aggiungendo poi che il mio cervello viene distratto dall'impegno gravoso di aprire e richiudere il cancello, mi ritrovo il più delle volte a saltare i cassonetti di tre isolati più in là, quelli di cinque isolati più in là, di sette isolati più in là. se mi va bene, cioè quando l’odore di putrido mi fa tornare in me, lascio il sacchetto in un altro quartiere. il top l'ho raggiunto l’altro giorno che ho fatto varie commissioni con il sacchetto diligentemente al suo posto a farmi compagnia. solo quando sono scesa per l’ultimo compito mi ha chiesto se potevo lasciargli accesa l'autoradio. gli ho messo rmc, l’ho chiuso dentro e lui tutto soddisfatto canticchiava una cosa immonda di ladygaga. ho pensato che in definitiva un sacchetto dell’immondizia in macchina è meglio di un cane: non sporca, lo porti giù quando vuoi, tiene lontano i ladri ma soprattutto gli animalisti non posson blaterare se lo lascio chiuso in macchina sotto il sole per ore!

feste comandate. ma da chi?

in famiglia siamo persone alla buona, di quelle persone che quando suona il citofono o suonano alla porta è come se sentissimo la sirena d'allarme durante la guerra e l'adrenalina ci entra in circolo come dopo i cento metri in nove e nove fa diciotto. siamo così positivi che al drin prolungato di chicchessia la nostra testa entra nel pallone e ci aspettiamo subito l'annuncio della morte di un parente stretto o i testimoni di geova o, al meglio delle ipotesi, l'ufficiale giudiziario che viene a pignorarci i pezzi forti della casa, tipo quello scrittoio ex novo finto decò o l'enciclopedia dei quindici dal primo all'ultimo compreso il quindici.
da qualche anno in aggiunta a tante boiate come il santo natale, la pasqua della resurrezione, la festa della repubblica che non ci crede più nessuno, la festa della mamma meno che la franzoni e del papà non pedofilo, si è aggiunta anche l'ennesima truffa consumistica proveniente dall'america: la festa di halloween.
ero a casa qualche sera fa, come tutte le sere del resto. in tarda serata, verso le nove, suonano alla porta che max giusti stava per aprire il pacco finale e la scelta ardua e faticosa era tra una foto autografata dal palestrato dell'isola, davide di porto, e cinquecentomila euro. al primo drin ho fatto finta di niente, ma al secondo anche più prolungato ho deciso di fare qualcosa anche perchè il notaio della trasmissione si stava già spazientendo. con passo felpato e muovendomi più lentamente del bradipo dell'africa lontana mi sono avvicinata alla porta. per non saper nè leggere nè scrivere ho prima abbassato di colpo la tivvù e poi ho smesso di respirare. pian pianino dopo circa trentasei minuti dalla seconda scampanellata sono arrivata in vista della porta inciampando però prima nella cinta dello zaino che mi ha portato ad incollarmi violentemente la sedia a dondolo che ha incominciato a dondolare e dondolando ha schiacciato la custodia dei ciddì che dovevo masterizzare e il cui CRONCH è stato più forte del cronch del tronchi. a quel punto la terza scampanellata che nella tensione del momento mi ha fatto balzare di tre passi in avanti senza neanche passare dal via o finire in prigione per un giro. ho provato a scrutare dall'occhiolino e la prima sorpresa: tre nani sardi col cappello che sembravano i pastori del presepe. con voce ferma e sicura come quella di romina power quando canta felicità ho esclamato: "chi è?" "siamo bambini" mi hanno risposto tre vocine piccole e tenere. "non ci credo, siete nani sardi!" ho risposto con aria sospettosa e circospetta. "no, signora. siamo bambini mascherati perchè oggi è dolcetto o scherzetto", mi hanno detto loro pieni d'aspettativa. alla parola "dolcetto" il mio cervello alla velocità macpitre fratta maggiore di uno ha fiutato l'affare e, come il cane con pavlov, ho sentito in bocca una certa acquolina che mi preannunciava ogni prelibatezza. "contrattiamo- ho gridato dal di qua della porta- che cosa avete portato?" i bambini, credo gli unici bambini ingenui nel raggio di cento chilometri, a quella strana richiesta m'hanno elencato il contenuto della loro sporta: "i ferrero rocher, i kinderini, un litro di latte ad alta tensione, tre bignè, una stecca di cioccolata di maggio 2003 e due pacchetti di big babol al gusto frutta sciroppata". ho spalancato la porta con tale gioia che non ricordavo di provare da quando vinsi diecimilalire al mercante in fiera e ci siamo seduti tutti e quattro al tavolo delle trattative. ho proposto loro una bottiglia di vov del 1982, grande annata dice la guida miscelèn. han declinato l'offerta dicendo che non bevono alcolici: strano. ho proposto loro con tutto un panegirico che mi son fatta i complimenti da sola anche quel bel gelato limone e fragola che è nel freezer dal giugno del '78; ma anche col gelato han storto il naso. a quel punto ho tirato fuori i pezzi forti: due bei fiori colorati i cui petali erano fatti da confetti. al cioccolato, ho sottolienato con aria ammiccante. debbo dire che con i fiori li ho stesi: sono riuscita a portargli via tutti i kinderini, un bignè e un pacchetto di gomme. ci siamo salutati che masticavamo ognuno le proprie cose. "all'anno prossimo- ho detto loro- mi piace fare affari con voi".

hanno tutti ragione.


ho un bel balcone, un bel balcone con vista ikea: uno spettacolo. amici e conoscenti mi chiamano nelle ore piú disparate per chiedermi quanta gente c'è nel parcheggione. io m'affaccio e in lontananza, che mi tocca anche metter su gli occhiali, scruto l'orizzonte, alzo l'indice per controllare la forza del vento, esamino che non ci siano miraggi come nel deserto, inforco il cannocchiale, guardo e comincio ad annotare il numero delle macchine compreso il colore, il modello e il codice fiscale del proprietario. insomma un gran bel lavoro, svolto con professionalitá e accuratezza. piú di una persona è rimasta soddisfatta per il fatto che gli avevo suggerito di capitare in questo supermercatone del mobile svedese nelle ore piú tranquille in cui è possibile parcheggiare e girare tra i corridoi senza intralci o problemi: so di un mio amico, infatti, che nel dubbio se comprare una poltrona ergonomica ci si era appoggiato un attimo per provarla e nel trambusto generale di un'ora di punta è stato prelevato con forza, comprato assieme alla poltrona ergonomica e si è ritrovato a rieti a casa di un impiegato di banca con moglie insegnante di inglese e quattro figli discoli che il piú delle volte lo prendevano a calci. il suo calvario è durato una settimana quando i coniugi han riportato la poltrona all'ikea non soddisfatti del prodotto e neanche del mio amico il quale nel frattempo aveva perso il lavoro e non aveva imparato neanche l'inglese. insomma avere un balcone cosí è un gran privilegio a cui non si puó rinunciare.
da qualche tempo, vivendo la casa anche di giorno che tra l'altro ho scoperto che con la luce diurna fa tutto un altro effetto, insomma da un po' di tempo una colonia di gechi s'è appropriata del mio balcone. tutto è successo intorno al venti agosto. stavo dando l'acqua alle mie piante quando m'accorgo di una presenza alle mie spalle. prima penso all'ectoplasma di mia nonna buonanima, poi all'apparizione della madonna per darmi qualche bella notizia circa la fine del mondo e infine mi accorgo che due occhietti furbi e vispi mi stavano scrutando con aria circospetta. con un balzo di tre metri in lunghezza ho guadagnato la porta-finestra del salone e mi sono barricata dentro casa per una settimana. mi sono riaffacciata alla vita esterna qualche giorno dopo solo perché sentivo le lamentele della pianta di basilico e della salvia che la notte battevano a gran forza sulla serranda facendomi prendere degli spaventi che non auguro a nessuno. dopo qualche giorno con grande coraggio come se fossi dovuta penetrare nella savana selvaggia piena di tigri e tritoni, ho alzato le serrande e guardando a destra e poi a sinistra ho scrutato bene la situazione animali feroci. appena uscita, un "ooohhhh, era ora!" si è alzato in coro da tutte le piante che i gerani rossi han fatto anche la ola insieme agli ulivi. la situazione alle due del pomeriggio ora locale di cinecittá si presentava abbastanza tranquilla tanto che con un certo sollievo e anche una certa vivacitá per quell'aria frescolina di settembre sono entrata in cucina per caricare d'acqua l'innaffiatoio. il tempo di uscire di nuovo che due bestie enormi tipo iguana erano scese dal soffitto e si eran piazzate di fronte a me con aria di sfida. se avessi avuto una bacchetta magica sarei voluta sparire con un "puf", ma avevo solo un innaffiatoio giallo e piú che offrirgli da bere non potevo fare. mi hanno mostrato una carta coi loro diritti firmata dalla lag, la lega che associa tutti i gechi. la carta sembrava in regola, il timbro pure. ho provato a imbastirgli un discorso circa la tutela dei diritti dell'inquilino, gli ho tirato fuori anche la parola "procura della repubblica" per spaventarli un poco e infine non sapendo che pesci prendere gli ho fatto il nome del gabibbo, un'autoritá in fatto di soprusi. per tutta risposta hanno riso a crepapelle, dicendo che fanno parte di categorie protette addirittura con il loro posto macchina e l'assitenza a domicilio. oltretutto m'han fatto sapere che si son presi anche l'appalto del parcheggione ikea e che ci fanno dei grandi guadagni. gli ho chiesto almeno di dar l'acqua alle mie piante ma mi hanno detto che non é compito loro, per l'esattezza quello piú brutto dei due ha esclamato "e mica famo i giardinieri!!!" (credo siano gechi de' roma). con le pive nel sacco sono rientrata in casa e ho abbassato le serrande. da giorni vivo al buio e oramai per vedere la luce del sole devo uscire di casa e girare a vuoto tutto il giorno. ma stasera mi sono organizzata: ho un appuntamento col sindacato, ci sará pure un modo per sfrattare questi due?

ma ormai lea pericoli e nicola pietrangeli sono una coppia di fatto?

in ricordo dei bei tempi

lo so e lo sapevo: io e la politica siamo due cose antitetiche come lo "gning e lo gnang", come le diete e costanzo, come l'intelligenza e i tronisti, come gli opionionisti tivvù e le opinioni, come la stampa italiana e la verità, come la scarpa destra e la cibatta sinistra, insomma come tutte le cose che reputi non abbiano niente in comune tra di loro.
sabato c'era il congresso e c'ero io, anche se sorvolo sui motivi per cui ero a quel congresso lì. mi siedo in quarta fila per paura di essere interrogata: i retaggi del liceo non vanno più via neanche smacchiando a fondo con bold due in uno e ringrazio ancora per questo la mazzalupi per avermi dato fiducia nel credere che oltre a scaldare il banco potevo anche pensare, parlare e, incredibile dictu, scrivere (tolto sassolone dalla scarpa marcata rigorosamente naich). il congresso inizia con un po' in ritardo e io nel frattempo ne approfitto per andare a un banchetto che vendeva verdura non per tirarla a qualcuno (con quel che costa!) ma per acquistare un cavolfiore, tre zucchine, una pianta di radicchio e un po' di mele che con la dieta non so più che mangiare, signora mia.
torno dentro e stavolta mi siedo in quinta fila, non si sa mai. il congresso inizia e inzia il mio calvario. come un novello gesù cristo passo passo conto le mie stazioni verso la mia crocifissione e sudo sette camicie sette e due maglioni per non stramazzare in pubblico che poi chiamano l'autoambulanza e io non ho la biancheria giusta. durante la prima ora riesco a prepararmi mentalmente la dieta per tutta la settimana: lunedi riso e zucchine, martedi riso e cavolfiore, mercoledi riso e zucchine di nuovo, giovedi fagioli e tonno, venerdi cavolfiore e un contorno. al pensiero del "se pò fà", mi ringalluzzisco tutta e mi dò la carica per seguire il congresso nelle sua seconda ora. parla tizio e parla sempronio e io comincio a interrogarmi su che male ho fatto nella vita, se per caso nella scorsa reincarnazione ero il bassotto nano che addentò la gamba della moglie di napoleoneterzo, se forse non era il caso di inventare una scusa e mandare i miei genitori con la giustificazione in mano per via di quel vecchio ascesso al dente del giudizio destro che, presidente mio, le fa male da quando è bambina. scorrono i minuti come fossero paralizzati: l'orologio, lo giuro suddio, per un attimo torna persino indietro. comincia a parlare l'assessore tal de' tali e comincio a progettare la mia vita futura partendo da due conigli per arrivare ad una agriturismo nell'alto lazio completo di piante d'ulivo secolari, piante da frutta per le marmellate, cavalli con calessi annessi, aria pulita e tavolate di amici che intonano all'unisono "mapìn mapòn" attorno al fuoco che arde e scoppietta e mangiano polenta e coniglio visto che i due conigli han figliato assai; la mia attenzione o la fame vista la dieta mi riportano alla realtà quando il mio cervello si comincia a chiedere: ma con la polenta è meglio il coniglio, le spuntature o il capriolo? avrei alzato la mano per domandarlo e soddisfare così un simile quesito ma per fortuna son timida e non ne ho avuto il coraggio. passata la quarta ora siamo entrati nella quinta che già lo stomaco ha cominciato a gorgogliare tanto che il presidente ha chiesto di spegnere i cellulari visti i rumori e le suonerie atipiche. durante la quinta ora ho cominciato in una specie di ascesi a vedere le facce di maometto e del budda nelle persone sedute accanto a me, ho cominciato a sentirmi molto leggera tanto che ho quasi pensato di stare levitando, ho cominciato a vedere l'aura riflessa di tutti i colori sulla parete bianca dietro le persone che parlavano al microfono e per un secondo mi pare di aver udito la voce di mia nonna che mi salutava in veneto bestemmiando anche un po' perchè non la sentivo bene.
a quel punto hanno interrotto per la pausa pranzo. ho salutato tutti e mi sono incamminata verso la macchina stravolta in viso e corrucciata per un dubbio sorto nella mattinata: ma il riso che abbonda sulla faccia degli stolti sarà il riso basmati o quello arborio a lunga cottura?