Wednesday, December 06, 2006

ma un re senza corona e senza scorta bussò tre volte un giorno alla sua porta

prima o poi riusciró a scrivere di nuovo. perdonatemi, parlo a quei sette o otto lettori fedeli e sinceri. per scrivere devo essere ispirata e oggi come oggi mi sento aspirata, aspirata dalla dalla realtá che inseguo e soffoca, che rifuggo e mi insegue, che vivo annotando sul taccuino dei creditori. prima o poi ci riusciró. intanto penso. che si sa chi pensa non piglia pesci che con urano e mercurio quadrati se li famo sulla brace.

Thursday, October 19, 2006

Cosa succederá alla ragazza? 1992

"La metro dei riflessi, gli sguardi verso il vetro, gli appositi sostegni verticali, le mani che fatali li discendono, e quelli orizzontali, in alto i polsi e gli orologi viaggiano da soli. La metro, i seduti di fronte sono semplicemente gli avanzati dal viaggio precedente che andava dove vanno tutti i presentimenti, eccetera. In un soffio di porta, fa l'ingresso la bella incatenata a testa alta; invece i viaggiatori sono entrati col capo chino, e l'umiltà dei frati. Bella incatenata dai sui stessi ormeggi: la cinghia della borsa, e stringhe mosce, e fasce di camoscio e stratagemmi dei morbidi tormenti d'organzino. Si fa la trigonometria, nei finestrini corrispondenti agli occhi alessandrini, di lei che guarda fissa un suo sussulto fuso nel vetro, che le ricorda tanto un suo sussulto. La metro piomba nella... galleria, come un eccetera eccetera, che continua tremante veranda di lettura, da un attico mittente, tutta giù a fendente. E più di tutti i giornali e i giornaletti ha successo una scritta: In caso di necessità rompere il vetro, e tutti i trasgressori saranno eccetera. La metro si avvicina alla stazione prossima e rallenta. I posti a sedere, ad occhio e croce: diciamo trentasei; le scale sono mobili, ma le pareti no, e fermi i corridoi; la folla passa e sale. La metro accelera, eccetera, eccetera, e puntini di sospensione." Lucio Battisti

la metro accelera...scontro fra i treni, morta una ragazza, indagato il macchinista. stop.

Saturday, August 26, 2006

il giubbotto

E chi ci avrebbe mai creduto. Ho imparato tardi a guidare la moto e tra l'altro non sono neanche 'sto grande pilota. Quando mi voglio prendere in giro dico che faccio le curve sul cavalletto. Mi piacciono le due ruote ma a dovuta distanza: sará colpa della luna in vergine che da buona pigra ama le comoditá e la sicurezza. Sto trattando in questi giorni sul prezzo di un giubbotto di pelle usato. Nuovo no, a causa delle finanze post vacanziere. Ne ho provato uno, l'altro giorno. La ragazza, gentile e molto fiduciosa, mi ha detto di indossarlo con la moto per vedere se aderiva bene. Lei chissá di quali prodezze ha pensato fossi capace. Ho indossato il giubbotto nero rosso e bianco con protezioni da vero bikers e ho acceso la moto che, ringalluzzita da tale magnificenza e probabilmente non riconoscendomi cosí bardata, s'è impennata tutta. Impaurita ma con molta dignitá ho girato di corsa la chiave per spegnerla. Mio dio! come si permette, ho detto tra me e me. Andare su una ruota, io che ho paura anche delle due ruote. Ho riprovato ad accendere con molta circospezione e tenendo il piede sul freno e la mano sulla frizione. S'è accesa senza impennate; ho provato ad ingranare la prima e a dare un gas leggero come se l'episodio di prima non m'avesse neanche toccato. Ho fatto un bel sorriso alla ragazza del giubbotto che mi guardava tutta speranzosa di vedere chissà cosa. Un rombo enorme e sinistro è uscito dal motore. Uno stridío di gomme e una partenza che allo starter del gran premio di occhenaim avrei lasciato dietro rossi, biaggi e anche maicol felps. Per fortuna che all'incrocio con la piazza non passava nessuno. Subito il motore è salito su di giri. Ho girato a destra verso il Palladium e ho toccato col ginocchio per terra tanto che mi son giocata i pantaloni buoni della prima comunione. In pochi secondi ero a cento, centodieci, centoventi, centotrenta sulla salita vicino l'ospedale. Ho pensato: vabbé, perlomeno il pronto soccorso è vicino. Poi ho chiuso gli occhi come se la cosa non mi riguardasse piú. Altra curva in discesa stavolta, altro ginocchio buono partito. La moto continuava ad andare come posseduta. Al primo giro della garbatella ho battuto tutti sul tempo e ho visto clara al bar sventolare qualcosa di simile a un paio di mutande a puá da uomo. Al secondo giro, ho preceduto una cinquecento rossa truccata e una bmw della polizia che inseguiva due extracomunitari neri su una vespa argentata. Al terzo giro si è formato un capannello di gente con le classiche trombette da stadio e con striscioni e cartelli che data la velocitá e la miopia non sono riuscita a leggere. Poi, all'angolo tra la piazza e il parrucchiere di roberta è finita la benzina. Appiedata e un po' sconvolta ho riportato la moto al suo posto. Mi sono tolta di corsa il giubbotto di pelle nero rosso e bianco con protezioni da vero bikers e l'ho restituito alla ragazza mettendole come scusa che con la velocitá si gonfia troppo. Credo che per quest'inverno potrei ritirar fuori dall'armadio quel vecchio spolverino grigio finto militare. Mi va un po' corto di braccia, ma almeno non m'ha mai fatto brutti scherzi!

Friday, August 11, 2006

il cancello.

è proprio vero saturno arriva per tutti e la ventata di cambiamenti è qualcosa a cui non puoi opporti, anzi devi abbandonarti come canna al vento e lasciare che sia. saturno nella giornata del dieci luglio scorso ora locale quindici e trenta è passato proprio sotto casa mia attuando la piú grande delle rivoluzioni nella storia di questi palazzi: per ragioni di sicurezza è stata stabilita la chiusura dei cancelli d'ingresso delle auto, delle persone, dei cani e degli handicappati. al passo coi tempi, ci è stata data una bella chiave marcata silca (un telecomando era cosa troppo innovativa) e l'ordine di richiudere il cancello ogni volta che entriamo o usciamo. ora, partendo dal presupposto che la pigrizia non è solo il mio passatempo preferito ma è il vero sport nazionale, questa innovazione non è piaciuta molto alla gente di queste palazzine che, pioggia o vento, caldo o freddo, deve uscire dalla sua automobile, lasciarla in balia di qualche zingaro infelice che vuol ritrovare la propria felicitá, aprire a mano il cancello che non so perché torna indietro se non stai attento, risalire sull'automobile insieme allo zingarello che non ha fatto in tempo a rubarti la macchina, ridiscenderne subito dopo aver passato il varco e accompagnare poi il cancello fino alla chiusura per far si che non sbatta che, si sa, chi rompe paga. insomma una vera palestra gratuita che non "sconfinfera" tanto alle persone figurarsi a me. i primi giorni, dopo un tentativo di sabotaggio durato appena ventiquattro ore nelle quali il cancello è stato rimesso a posto, vedevi capannelli di gente infuriata che protestava e se la prendeva ora col governo, ora con moggi, ora con berlusconi, tanto per cambiare. dopo qualche giorno la situazione s'é calmata e ho pensato che nella vita basta un po' di tempo e l'abitudine ci rende schiavi anche delle cose improponibili. quindi tornavo la sera a casa e, una volta imprecando una volta rassegnata, scendevo dalla macchina per aprire e poi richiudere il maledetto. in questa mesata qui peró ho notato che il mio arrivo coincideva con un'entrata di un tot di macchine e di vecchie con le sporte e un'uscita di un tot di motorini e di vecchi con i bastoni. ho pensato che fosse una strana coincidenza: magari capitasse a me, mi son detta, di trovare il cancello aperto da qualcun altro. da qui l'idea che nasce dalla necessitá, che sia virtú o no, quello è un altro discorso. ho cominciato ad appostarmi in uscita e in entrata per sfruttare la scia della macchine ma soprattutto per evitare quello stress enorme dello scendere, aprire, risalire, ridiscendere e richiudere. ho studiato per bene tutti gli orari di uscita e di entrata delle trecento persone di queste palazzine facendone anche dei grafici in tridimensionale per avere la situazione sotto controllo. da qualche giorno con il mio metodo trovo sempre il cancello aperto. solo l'altra sera che il traffico mi ha bloccato sull'appia, ho perso l'entrata delle diciannove e ho dovuto aspettare in macchina il signore della scala H che era fuori a una comunione ed è tornato a mezzanotte e mezza. certo é stato stressante ma son veramente casi sporadici!

Thursday, July 20, 2006

come dentro un film

vivo al settimo piano. che dire, uno spettacolo continuo. macchè. ma quali tramonti mozzafiato, quali albe rosate, quali panorami da urlo, quale ponentino rigenerante.
è che la mattina non posso mai aprire le finestre per far entrare la luce del sole e il tepore della primavera. loro s'impossessano della casa, entrano ed escono come se niente fosse. girano per le stanze come fossero in casa loro, commentano se c'è polvere sulla libreria, se il bagno è adeguatamente pulito, guardano il dipinto mai finito alla parete ed han da dire anche sul soffitto blu e sulle mie tecniche improvvisate di pittura. ieri mi girava per casa federico fellini: dice che sta lavorando a un film nuovo; io gli credo sulla parola. pensa solo che il padre di costantino fa il muratore: quante ne ha dette guardando le mie pareti, tu non ne hai idea. non parliamo poi del frigorifero che è sempre vuoto: c'è chi ti richiede la pasta di farro perchè è allergico alla farina di campo; chi ti ordina il latte di soia chè è più digeribile; chi le birre chè ha una vita sregolata; chi il caffè d'orzo chè sennò non chiude occhio per tutta la notte; insomma aprire le finestre è una rimissione sicura e una richiesta continua tanto che a volte mi tocca stare tappata in casa al buio per avere un po' d'intimità.
questa è la dura realtà per chi abita vicino agli studios di cinecittà. sono assaltata da amici e amiche che m'invadono casa solo per l'autografo di daniele interrante o che sperano di vedere lele mora alla fermata dell'autobus. gente che mi rincorre solo perchè in lontananza sente puzza di gianni sperti o pensa che io tenga di caprio e scorsese nell'armadio insieme ai giubbotti da moto e alle scarpe invernali; maria che mi entra ed esce di casa come fosse la mia filippina: l'altra sera ha convocato le due portiere dell'enasarco, la pellicciaia mia dirimpettaia e la signora zoppa del quinto piano tutte a casa mia. ha proposto loro una sfida. il terreno di gioco è stato il pianerottolo: giudici il maestro alessandro alessandro e il maestro di vigevano. la prima prova è stata una sorta di musichiere: una volta dato il via alle note le concorrenti han dovuto fare i sette piani di corsa, suonare al mio campanello e dirmi il titolo della canzone. essendo più allenata, la gara è stata vinta dalla portiera che ha indovinato al primo colpo Beguine di jimmy fontana del sanremo '82 e al terzo piano è riuscita anche a lustrare col sidol la targhetta dell'avvocato. la seconda prova ha visto la pellicciaia contro la signora zoppa del quinto piano: la pellicciaia è riuscita a indovinare senza sbagliare tutti i rumori provenienti dai vari appartamenti, compreso il rumore dello sciacquone rotto che assomiglia a uno stantuffo della signora maria e quello della fuga di gas della bombola del sor peppino. alla fine dei giochi maria s'è complimentata con tutti e come premio kledi ha dato un bacio alla vincitrice e ha fatto ballare la signora zoppa; tanto si sa che è abituato a far ballare cani e porci. quando c'è troppo frastuono arrivano sempre le forze dell'ordine capitanate da claudia pandolfi e ricky menfis. ristabiliscono l'ordine, mandano tutti a casa e riescono a firmare anche qualche autografo. solo una volta mi sono veramente spaventata: eran le sei di mattina e sentivo tutto un vociare fuori al balcone. ho pensato agli extraterrestri venuti in segno di pace a scegliere le persone più preparate per un giro intergalattico solo andata senza ritorno. ho alzato pian piano le serrande e mi son trovata di fronte uno spettacolo raccapricciante: raul bova in tunica e sandali che parlava con gli uccellini, con il gatto del vicino e col mio tappeto blu steso ad asciugare la sera prima. la cosa strana non è che il tappeto gli rispondesse ma che gli chiedesse il nome del suo agente: dice che si vuol buttare nel cinema, magari in qualche grossa produzione di film su alì babà. pare che i tappeti a ollivud vadano via come il pane sciapo!

Monday, July 10, 2006

I sogni son desideri.

il vecchio silibusaid glielo aveva detto che era piccolino e ancora sdendato: "vedrai, zizou mio, vedrai ti farai anche se hai le spalle strette e giocherai con la maglia numero sette". dopo quelle parole profetiche che divennero anche una canzone, silibusaid morì di gotta ai piedi nei primi anni settanta e quel ragazzino divenne grande e forte, uno dei più forti giocatori al mondo come aveva detto il grande vecchio. vinse campionati del mondo e scudetti, coppe in giro per l'africa e in giro per l'europa, vinse anche una partita a tresette con janvanjàn che tutti se la ricordano ancora e ci hanno scritto libri e trattati. ma quel ragazzino, fragile e con gli occhi da cerbiatto, aveva un solo sogno nella vita che non era il tresette neppure quello col morto, che non era il calcio nè i campionati del mondo, che non erano i soldi e la fama e la maglia numero dieci di tutti i goleador da platini a robybaggio. no, quel ragazzino diventato adulto e leggermente calvo chè tutti i geni son pelati, voleva diventare giornalista, assemblare e assortire parole su un foglio bianco come i suoi movimenti dentro un campo di calcio, quel ragazzino voleva scrivere per un giornale importante e lasciare la sua firma e le sue impressioni, il suo verbo e la sua fantasia. quel ragazzino, zizou per silibusaid, ieri nove luglio duemilasei ha realizzato il suo sogno: partecipare al mondiale per un'accreditata Testata francese. quel ragazzino ce l'ha fatta. applausi. clap clap.

Matrioska

Compongo il numero. "Benvenuto nel nuovo servizio abbonati. Il servizio è disponibile dal lunedi al venerdi dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 19.30. Se è un cliente Tal de' Tali la chiamata è gratuita. Se è un cliente aziendale digiti 1, se chiama da rete fissa digiti 2, se è un cliente residenziale digiti 3 ".
Col cervello in fase di liquefazione come il sangue nell'ampolletta di San Gennaro, spingo 1 e attendo. Ricomincia la solfa: "Se desidera trasmetterci dei dati digiti 1, se desidera fare richiesta dati digiti 2, se desidera il dettaglio chiamate digiti 3, se desidera parlare con un operatore digiti 4".
Alla parola operatore, mi brillano gli occhi neanche alla vista di Padre Pio che fa il miracolo.
"Quella" ricomincia: "Se desidera sospendere il servizio, digiti 1; se desidera fissare un appuntamento digiti 2, se desidera altre informazioni digiti 3".
Completamente imbambolata sul da farsi, spingo il 3: "Se desidera parlare con un operatore per chiedere informazioni digiti 1, se desidera parlare con un operatore per invitarlo a cena digiti 2, se desidera parlare con un operatore per sfogarsi dei suoi problemi digiti 3, se desidera solo un operatore digiti 4".
Mi butto alla cieca e spingo 1: "Se è un cliente abbonato da più di tre anni digiti 1, se è un cliente che deve abbonarsi digiti 2, se è un cliente del dottor Galano digiti 3".
Facendo mente locale sul nome del mio medico di base, spingo 1 e attendo: "Se desidera avere un prestito a interessi zero da restituire nella prossima vita smetta di frequentare il corso buddista, se desidera fare tredici al lotto cambi spacciatore, se desidera andare in vacanza gratis a costi zero e senza passare dal via c'è un Cim poco lontano da casa sua".
Esterrefatta, metto giù la cornetta e impreco. Squilla il telefono e rispondo. E' l'operatore del tasto 4 che mi invita a cena. Accetto. Ma paga lui.

Thursday, June 22, 2006

Mondiali 2006

saranno state le undici che avevo finito il primo sonno quello della digestione sul divano quando gli occhi ti si storcono e s'invertono al tal punto che ti fanno male e le palpebre ti si abbassano anche se non vuoi e tu sei lì che ti sforzi e dici "come è possibile che non riesco a dominare il son.." e non finisci la frase perchè già stai ronfando con la pubblicità a palla che il vicino seppur sordo ti ringrazia per l'effetto dolby sorround. quale posto migliore per dormire se non il divano, visto che dopo te ne vai a letto e gli occhi che prima si chiudevano come ponti elevatoi, ora se ne stanno arzilli e ti dicono, ehì che si fa di bello? lettura, taglio e cucito, parole crociate, televisione? macchè, anche a letto riaccendi la tivvù e la sintonizzi sul primo canale che ti capita tanto ti serve che qualcuno, per farti riprendere il sonno interrotto, ti parli in sottofondo foss'anche billaden che ti declama tutto il corano minuto per minuto. chi ti capita invece? un pelato con gli occhialetti che comincia a parlare dei mondiali e non è che ti dà i risultati della giornata che visto che sei al lavoro non sai neanche uno straccio di partita e sei rimasta a quella della settanta italia germania 4 a 3. no, il pelato comincia a fare previsioni su previsioni neanche fosse il mago do nascimiento e ti dice che: se il giappone fa harakiri, il portogallo gli si azzoppa l'allenatore, il togo se lo "magna" il ghana, la tunisia se ne va in vacanza che ad hammamet ci sono dei buoni last second, se la croazia fa cronch e il brasile ronaldo è grasso e adriano è un ex imperatore, se la spagna la richiama zapatero per il gay pride prossimo venturo e l'ecuador ha una sciagura che una tromba d'aria gli scoperchia le case ai giocatori, se l'inghilterra beckam se ne va in concerto con le spice e il mexico viene colto dalla vendetta di montezuma, il pelato dice che l'italia andrà in semifinale. solo qui, mi gratto e tocco legno visto che sono pigra per alzarmi dal letto e andare a trovare un ferro in giro per casa. ma il pelato ci crede troppo e io penso che se lo pagano uno straccio di notizia la dovrà pur dare, quindi perchè non fare altre previsioni e dirci direttamente anche chi andrà in finale: se la svezia rubano a casa della regina e la svizzera mangia troppa cioccolata ed è costretta a stare al bagno tutto il giorno, se gli usa li richiama bush e devono correre ad aiutare i marines e i ciechi andando alla partita non trovano i cani, l'italia andrà in finale con la germania e con un gol di gilardino e uno di toni su passaggio direttamente di buffon vincerà questi mondiali. a quel punto ho sentito dei botti e la gente per strada che urlava. mi sono affacciata e ho visto le bandiere sventolare che neanche durante il passaggio del duce a via buenos aires. le trombette non la smettevano più e la gente s'abbracciava tutta. ho rischiuso le persiane e mi son detta che è proprio vero che i sogni aiutano a vivere meglio. ho chiuso gli occhi e ho sognato un'epidemia.

Friday, June 16, 2006

Pausa pranzo.

mi piace stare qui fuori su questi tre scalini. mi piace soprattutto nelle giornate di sole, sentire il calore sulla faccia e sulle mie braccia. vedere i tatuaggi che cominciano a cambiare colore e a scurirsi come le braccia che mollano il loro bianchiccio invernale e si colorano e danno un'aria di salute e di mare e di vacanza. mi piace staccare la mente e guardare le persone, vederle camminare, vederle passare, sorridere, urlare le canzoni in macchina, correre e saltare. c'è sempre un signore che porta a spasso il suo cane, lavora alle ferrovie, stessa ora e stessi movimenti, come il suo cane che lo segue da vicino. c'è la ragazza che ha chiuso bottega, ha perso i genitori in un'estate sola e passa, accenna un saluto con la testa e va via. passa la megane giallina con una cliente che mi suona e ogni volta ha lo stesso sorriso, scala la marcia prima dello stop, dà un colpo di freni e clacsonando riaccelera. ha dei figli e un marito che l'aspettano a casa. ha la sua vita e io la mia e ci incrociamo per un istante o due e poi via si va avanti. mi siedo su questi tre scalini che sono bollenti per il sole che batte e il calore che accumulano e si sente per un secondo appena un silenzio che non è più frastuono. passano i ragazzi che vanno in skate con i jeans calati e larghi e le maglie come i rapper americani. è dura, penso fra me, skatinare a roma dove ogni pezzo di strada è una buca, dove ogni solco è una voragine, dove ogni incorcio è un'insidia. passano le suore che mi salutano e poi si sente il rumore in lontananza di un monster che viene su dalla salita e ora eccolo che spunta da dietro la curva. io guardo tutti e tutti che mi guardano. mi chiedo cosa pensaranno di me, di questa ragazza un po' strana che siede come una vagabonda sugli scalini di una negozio colorato. mi chiedo cosa pensino e se pensano qualcosa che non è da tutti scrivere le storie degli altri dentro la propria testa. arrossico e arrostisco chè il sole picchia forte, la testa si è scaldata e i capelli cominciano a pesare sulla testa, come i pensieri. questo è il mio momento preferito, quello in cui sono tutti a pranzo, chi mangia un panino e chi sonnecchia di fronte al tiggì, chi è al bar e chi in mensa. io sono qui fuori, seduta sui miei tre scalini a scaldare le ossa e riappacificare la testa. niente di eccezionale, solo un momento tutto per me.

Wednesday, June 14, 2006

Che fatica, la vita.

Sono un cincinino pigra, lo riconosco. Non ho grandi difetti nel senso che non bevo, non fumo, non uso sostanze lesive al cervello, non vado in chiesa, amo la mamma, pago le tasse, faccio attraversare le vecchine sulle strisce come i bravi boy scout, non abbandono mai gli animali sulle autostrade, tutt'al più li cedo a famiglie bisognose, mi riempio la bocca con quel tanto di buonismo che basta e con quel poco di psicologia da romanzo rosa per far scena. Sono pigra, lo so. E' uno di quei pochi lati di me che mi piacciono un sacco. Faccio parte di quella schiera di sognatori come Troisi che spera di veder muovere gli oggetti con la sola forza del pensiero. Mi sposto in macchina anche per fare il giro dell'angolo e se posso evito anche quello. Essere pigri è un lavoro. A volte stressante. Decidere di alzarsi dal letto il sabato mattina mi costa così tante energie cerebrali che poi ho bisogno di riposare tutto il giorno, domenica compresa. Non sono di quelle persone che fanno jogging, tennis, squash, beach volley, corrono a scuola d'inglese a pranzo, al corso di ceramica la sera e al corso notturno di origami. Mi basta quel che so. Nuotare senza affogare, dare due calci al pallone senza neanche spostare i piedi, giocare molto bene a tennis alla play station, camminare da qui a lì tanto per dimostrare coram populo che ho le gambe e per di più lunghe. Sono pigra e non me ne vergogno. Anzi odio quelli che si dannano l'anima per riempirsi la vita di impegni. Io non voglio impegni. Mi mettono in crisi le decisioni, le scadenze, il prendere appuntamento anche per la serata stessa. Ci vediamo se ci incontriamo, preferibilmente dentro una casa, chè fuori è stressante. Potrei guardare giornate intere lo schermo nero della tivvù in attesa che il telecomando si sintonizzi sul mio programma preferito. Faccio il minimo indispensabile per non farmi atrofizzare i muscoli. Alleno il cervello, a volte, quando non mi costa fatica. Credo nel motto: volere è potere stare in panciolle. Sono della corrente di pensiero che sostiene che quello che la mente vuole, la mente fa cioè niente; così sto educando gli elettrodomestici in casa perché se la sbrighino da soli. Guardo la lavatrice e le dò le istruzioni per il suo uso: ogni tanto per aiutarla accantono i panni sporchi bianchi da quelli colorati. Forse qualche risultato l'ho ottenuto. Stamattina m'ha portato il caffè a letto. Ma per il lavaggio dei panni sporchi ancora è lunga, però!

Monday, May 29, 2006

dice: "è tutto un magna magna..."

si sa che prima delle elezione le cose vanno decisamente meglio: i politici fanno a gara per prometterti ogni genere di impegno, addirittura cose che neanche gli competono: per esempio a franca un assessore di torbellamonaca ha promesso che in caso di vittoria le laverà i piatti a pranzo e a cena e le passerà anche il battitappeto tutti i giorni; per strada le strade diventano più belle, così lisce che l'asfalto fresco e ancora caldo sembra quello del paul ricàrd e ho visto un sacco di motociclisti curvare a trenta gradi sulla chicane della colombo all'altezza del museo pigorini e l'angolo dei travestiti; nelle cassette della posta trovi ogni genere di volantino che insomma, per una come me che riceve solo bollette e multe, trovare oggi i volantini rosa per il comune e domani quelli azzurri per la regione è quasi un piacere, anche perchè i volantini sono corredati da foto e da date di nascita e uno può farsi anche una certa cultura sul genere di persona che un giorno si occuperà dei tuoi problemi.
ma credo che quello che ha caratterizzato le elezioni che si concludono oggi è una cosa fondamentale, basilare, di primaria importanza: la cena elettorale con i probabili elettori. carlo e angela è da circa un mese che mangiano a scrocco, pardon è da circa una mesata che vengono invitati a cena oggi da quello schieramento, oggi dall'altro. in quest'ultimo mese sono stati nei migliori ristoranti, negli agriturismi, nei ristoranti cinesi, coreani, indiani, vegetariani, macrobiotici, futuristici; nei pub e nelle fraschette, nelle case private e nei casali; si sono fiondati "a quattro ganasse" su ogni tipo di buffet, freddo, caldo, tiepido, con frittatine e con volovan, con gamberetti e aragostine, buffet di mare e buffet di campagna, con mieli e pieri, con timballi di ogni ben diddio e con piatti sofisticati che lo smocking era di rigore; hanno bevuto e hanno cenato all'aperto, al chiuso, a bordo piscina e dentro gli hotel, in campagna con le lucciole a intermittenza e dentro discoteche dove hanno anche ballato, nei monasteri con cene frugali e presso ristoranti di mare con cibi di alta classe; insomma carlo e angela hanno mangiato, sono ingrassati, sono contenti, sono soddisfatti, si sono sentiti importanti, hanno conosciuto persone nuove, hanno ballato con loro, hanno riso e, perchè no, hanno anche ruttato di cuore (soprattutto angela): ma la cosa che non hanno detto a nessuno è che lui ha diciassette anni e lei quindici. ma si sa che la politica investe sui giovani; il problema è che se c'erano i soldi per invitare a cena mezza italia, minorenni compresi, come mai non ci sono mai i soldi per pensare all'altra mezza perennemente a stecchetto?

Tuesday, May 09, 2006

Lavori ig-nobili.

cara annamaria franzoni, la comprendiamo sa: vivere al giorno d'oggi non è mica facile con quel che costa l'euro. col senno di poi, prodi avrebbe evitato di ammollarci 'sta gatta da pelare e saremmo rimasti tutti con le nostre belle lire che insieme al mandolino suonavano tanto bene nel mondo.
noi la capiamo, che si crede; sa, tante volte anche io pur vivendo sola non riesco ad arrivare alla fine del mese e immagino lei con una famiglia così grande e così numerosa piena di figli e di avvocati, piena di giornalisti e di dibattiti, piena di fotoreporter e di carabienieri: insomma che vita la sua, non la invidio proprio.
se volessimo fare al volo due conti della serva si fa presto a farle i conti in tasca: immagino quanto costino i pannolini e le pappette per il pupo nuovo; costa la benzina per andare tutti i giorni dal tribunale a casa e da casa al tribunale; costa l'avvocato che poi è di quelli che si fan pagare bene mica un azzeccagarbugli qualsiasi: pensi solo a tutti i cambi d'abito per andare da bruno vespa ogni due per tre; costa mantenere una casa, costano la luce e il gas, l'assicurazione per l'auto e per la vita (che stavolta magari ci fosse un'altra disgrazia vi torna in tasca anche qualcosina), costa il telefono e il cinema, i giocattoli per i suoi figli, i vestitini ogni giorno diversi che le dovessero dire che è una mamma snaturata, costano le vacanze e il pediatra, l'affitto e il mangiare, costano gli psicologi per rimettervi in sesto e i dottori per seguire tutti gli stress che una vita sotto i riflettori comporta. chi più di una persona comune come me può capirla: lo so bene quanto costa un litro di latte e un etto di prosciutto; so quanto si paga d'iva e di tasse, e di inps e di irpef, e so quanto costa un bollo e un'assicurazione e so anche quanto costa un bimbo al giorno d'oggi figuriamoci due.
cara annamaria, quello che non so e che ancora mi sfugge è il perchè abbia deciso di fare la babysitter. mi chiedo ingenuamente: se mai dovesse rifarsi vivo lo stesso "maniaco" con i suoi zoccoli e il suo pigiama insanguinato, ma lei cosa racconterà stavolta ai genitori dei bimbi che guarda?

Monday, May 08, 2006

Festa della matre!

dice che pure robbespiè era del sei maggio!

Il cuore che ride

la tua vita è la tua vita.
non lasciare che le batoste la sbattano nella cantina dell'arrendevolezza.
stai in guardia.
ci sono delle uscite.
da qualche parte c'è luce.
forse non sarà una gran luce ma la vince sulle tenebre.
stai in guardia.
gli dei ti offriranno delle occasioni.
riconoscile, afferrale.
non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere la morte in vita, qualche volta.
e più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.
la tua vita è la tua vita.
sappilo finché ce l'hai.
tu sei meraviglioso gli dei aspettano di compiacersi in te. c.b.

Tuesday, May 02, 2006

Cose già viste.

Nassiriya 1 e 2.
File immani. Dicono dalle cinque di questa mattina. Gente che sfida la pioggia, il freddo, gli acciacchi di stagione. Tutti in coda per rendere omaggio a loro, loro malgrado, gli eroi di una strage, l'ennesima, che non avremmo mai voluto vedere. Ci sono file lunghissime oggi fuori da Il vittoriano. E dentro ci son le bare. Una, due, tre fino a diciannove. Ragazzi come me, come te, come noi. Morti per dovere, morti per errore. E ci siamo noi, tutti là fuori. Incolonnati in serpentelli dalle lunghe spire, tutti muti, tutti uniti, tutti vicini, tutti stretti. E si' che deve morir qualcuno perché ci si ricordi che siamo un POPOLO. Ma non preoccupatevi, da domani, quando le bare calde lasceranno il posto ai freddi ricordi, si tornerà tutti come prima, vicini ma disuniti, stretti ma slegati a litigare per il posto sotto casa o per la cacca di cane lasciata in bella mostra vicino al portone. A blaterare e a cincischiare per un rigore che non hanno concesso o per una legge che ha concesso troppo. Ad arrabbiarci per il traffico o per la fila alla cassa di un grande supermercato con starnazzi da cortile e invidie da competizione gratuita. Ma oggi siamo tutti là. Oggi è un altro giorno. Oggi siamo uniti nel dolore. Vicini nel cordoglio. Con le facce meste a dovere e i palto' ben allacciati. Con il tricolore che sa di naftalina e la solidarietà che sa di muffa. Eccoci là, noi italiani, siamo tutti là in fila. Dicono in sessantamila. Ma domani anche più. Guarda, ci siamo tutti. E ci sei anche tu. Ti vedo, sai. "Ehi, dico a te". Si', proprio te che mi stai guardando. Fai ciao ciao con la manina. Siamo in diretta!

Thursday, April 27, 2006

O quasi.

esco tutte le mattine. alla stessa ora o quasi. e c'è quel cane lì sempre vicino al solito portone. e la signora che s'affaccia per stender i suoi panni profumati. una mamma con una carrozzina vuota torna da chissà dove. un anziano col giornale riprende la sua strada verso casa. il camion del latte è fermo di fronte al bar. la signora dai capelli rossi che aspetta alla fermata. esco tutte le mattine e loro non lo sanno. escono tutte le mattine e io so la loro vita. una macchina mi sorpassa e riconosco l'adesivo. un furgone immerso nel traffico strombazza la sua sinfonia a palla. l'aereo giallo mi passa sopra che son quasi le nove. il vigile fischia lo stop a quel motociclista distratto. esco tutte le mattine. e c'è quello scooterista che fa un sorpasso azzardato. quella signora in macchina intenta al cellulare. un gruppo di ragazzi scherzano fra loro. il pakistano al semaforo ci vende informazioni. le scorte corrono a sirene spiegate. l'ambulanza va che rischia un incidente. esco tutte le mattine e, come me, un sacco di persone. esco tutte le mattine e non conosco nessuno. escono tutte le mattine e non sanno niente di me. ma siamo tutti lì fuori. ognuno con i propri mezzi e la sua storia, con la sua battaglia da combattere, un lavoro che non va, una storia che non va, una vita che arranca come i passi di quella vecchina là e del suo cane. esco tutte le mattine. e vedo te. in un angolo piegato. le mani rugose. la faccia sofferente. non mi vedi. non vedi altro che la tua mano tesa verso gli altri. non vedi altro che la tua vita andata a rotoli. non vedi altro che la tua storia finita su un libro senza neanche la parola fine. esco tutte le mattine. e siamo in tanti. ognuno un io diverso. ognuno una sua vita da vivere. ognuno una sua vita da buttare. ognuno una sua vita da rivendicare. ognuno la sua storia da raccontare. esco tutte le mattine. alla stessa ora o quasi. con la mia storia da vivere e le mie pene da raccontare. io fra tanti. tanti come me. ognuno una persona come tante, una storia come tante. niente di eccezionale da aggiungere tranne che esco tutte le mattine. alla stessa ora o quasi.

Wednesday, April 05, 2006

Cose che non quadrano.

ho comprato un telecomando universale che il mio s'è rotto l'altra settimana. ho comprato questo telecomando meliconi che è buono per tutte le televisioni basta una piccola operazione di inserimento codice e il gioco è fatto mi ha detto distrattamente il venditore. costava solo quindici euro contro i trenta dell'originale e tutta contenta con il pacchettino tra le mani sono arrivata a casa come mio padre arrivava felice la domenica con le pastarelle dieci delle quali rigorosamente alla cioccolata. essendo una patita di tecnologia che armeggia sempre con i telefonini anche quelli degli altri, che capisce abbastanza di dvd, masterizzatori e computer ho pensato che insierire un codice fosse un gioco da ragazzi. e poi confidavo nella sicurezza che mi aveva dato il venditore. così sabato pomeriggio alle tre ora locale di cinecittà ho acceso la tivvù e ho cominciato a trafficare col telecomando che la meliconi ti dà già il guscio e 'sta cosa mi era piaciuta assai. con estrema calma ho cominciato a cercare il codice del telecomando; ho spinto due tasti insieme come da manuale, ho insierito un numero e lì, con la massima concentrazione che non ricordavo neanche di possedere, ho dovuto osservare il puntino luminoso che lampeggiava per poi prendere nota di quante volte lampeggiasse: ogni serie di lucettine corrispondevano a un numero. bè al primo tentativo il puntino rosso ha fatto due serie di due e un tre. quindi il codice doveva essere 223. poi per non sbagliare ho riprovato ma a quel punto mi dava tre lampeggiamenti, poi due e di nuovo due, quindi 322. ho cominciato a spazientirmi che anche nella vita scorsa mi ricordo che quando stavo al telegrafo col codice morse mi sbagliavo spesso e più d'una volta ho riportato bollettini sbagliati provocando guerre. come un mantra tibetano mi sono ripetuta le parole del venditore nella testa e cercando di calmarmi ho riprovato col codice: tre serie di tre e poi un tre, un due e un tre. ho lasciato questo codice e ho fatto la procedura B. la procedura B prevede che tu non abbia il codice e che faccia tutto il telecomando da solo. ho ripremuto i tasti insieme e ho lasciato al caso. ho spento la tivvù come diceva il manuale e ho aspettato, e così nell'attesa ho dato l'acqua alle piante facendo finta di niente e fischiettando come se stessi lì per caso. dopo circa un quarto d'ora ho riacceso la tivvù ma nessun segno. ho ripigiato il tasto rosso e dal bagno il rumore dello sciacquone ha invaso casa. ho pensato che qualche ospite di natale si fosse trattenuto più del dovuto così sono andata a controllare col coltello in una mano e la stecca da biliardo nell'altra. al bagno e per casa non c'era nessuno: lo sciacquone era partito da solo. torno al divano con la ferma convinzione che programmare un telecomando era un gioco troppo facile e che forse l'avevo preso sotto gamba. mi siedo e riprovo ad accendere la tivvù. di nuovo parte lo sciacquone. non ho dato peso allo sciacquone stavolta e ho ricominciato la procedura di ricerca codice: stavolta i lampeggiamenti erano in serie da uno. inserisco il codice, spengo la tivvù, non mi sposto dal divano e riaccendo: sento che dalla camera da letto comincia suonare la sveglia. strano, mi dico. vado per spengerla e mi risiedo sul divano. spingo il tasto accensione e come d'incanto suona la porta. mi alzo guardandomi intorno con aria circospetta giacchè non aspettavo gente. guardo dallo spioncino e non vedo nessuno, neanche i soliti testimoni di geova o gli zingari. mi riposiziono sul divano che non ci vedevo più dalla rabbia. chiamo il numero verde ma di sabato scopro che non lavorano. mi calmo e riprovo l'ultima volta a trovare quel maledetto codice del telecomando: spingo i due tasti insieme e immetto il numero come da manuale. come dal pallottoliere magico esce la serie di numeri: 223. eureka, esclamo tutta contenta che non mi ero data per vinta e avevo insistito. vado per accendere la tivvù e sento che le corde dell'ascensore si tirano e sale l'ascensore (ho la colonna portante proprio alle spalle del divano e soprattutto ho delle pareti molto sottili, nda). imbestialita ho tirato il telecomando verso l'ulivo in terrazzo confidando nel salvaguscio. non ho più messo mano alla ricerca della sintonizzazione ma in compenso quando esco chiamo l'ascensore col telecomando direttamente da casa e non aspetto più sul pianerottolo. vuoi mettere che svolta!!!

I mondiali 2006.

meno cinque e ci sarà la finale. mai come quest'anno le elezioni hanno coinvolto genti e razze da ogni parte d'italia in un tifo tanto accanito, in scontri agguerritissimi, in commenti offensivi, nel gioco del pronostico e del sondaggio con tanto di ricchi premi e cotillion, nel sogno dei cambiamenti per un'italia migliore, nel giudicare senza cognizione di causa, nel parlare a vanvera o nel balterare e basta tanto per tenere in allenamento la fascia mandibolare che con le diete alimentari non si muove più come una volta.
i nostri mondiali anticipati ce li stiamo vivendo in questi giorni con audience da capogiro, cronache in diretta, con le eliminazioni, i quarti di finale, le semifinali del tre aprile e ora siamo in attesa del fischio dell'arbitro per la finalissima tutti con il naso all'insù e con la speranza che è sempre l'ultima a morire che qualcosa cambi anche se credo che più che le teste che ci governano son le nostre teste che devono cambiare, ma questa è la mia opinione. quello che davvero non sopporto più è questa estenuante campagna elettorale fiume che m'è venuta la nausea anche ad accendere la tivvù o ad aprire i giornali. mi sembra un parto, il parto della speranza della nascita di una italietta filùfilùfilà tutta nuova che tanto giri come la rigiri rimane sempre quella e allora va bene anche la frase di non mi ricordo chi che diceva che governare gli italiani non è difficile ma è inutile. dove ti muovi, nei bar, in macchina, fermi alla posta, in fila al parcheggio, persino al cimitero c'è chi tifa per quello o per quell'altro, c'è chi addossa le colpe a quel politico o a quell'assessore, chi sbraita per le tasse e chi per le cose che vanno a scatafascio, tutti uniti però in un coro unanime che la colpa è di berlusconi, il mostro numero uno, il caimano, che ancora non capisco com'è che non gli abbiano addossato le 77 coltellate di erika e omar, la morte di samuele che l'ho visto io che si metteva gli zoccoli della franzoni e che portava sul motorino tommaso dentro a uno zainetto. ieri per esempio clara stava facendo un caffè al vetro a un cliente e la macchina gli si è inceppata che fischiava come un treno a vapore: maledetto berlusconi, ha esclamato con rabbia, è tutta colpa sua. ho sorriso e ho chiesto un tè, non volevo che continuasse nello sproloquio sul governo che sinceramente a me di chi ci sale o di chi ci scende non me ne può fregar di meno, tanto io sempre qui sto a pagare tasse salate, inps che non vedrò mai, ive che non capisco, commercialisti ladri, fornitori, bolli, assicurazioni, affitti e tutto quello che c'è da pagare anche la tassa sul grano di giolitti, non quello che fa i gelati buoni. voterò domenica perchè non rinuncio alla mia X. andrò a caso, sceglierò con gli occhi bendati o forse il nome più strano o la faccia più simpatica o addirittura voterò qualcuno che sia nato come me il cinque febbraio: mi dicono clemente mastella; come non detto, domenica andò al mare.
quello che mi auguro e che si augurano un po' tutti è che lunedi non si finisca la partita con un pari chè io prodi e berlusconi mica ce li vedo a tirare i calci di rigore a cucchiaio come totti!

Wednesday, March 29, 2006

Post nuovo di zecca.

tu credi che non ci abbia provato? ho provato a ragionarci argomentando la mia tesi meglio di un avvocato, ho provato a parlarci, ad arrabbiarmi, a trattare con lui come quando sei nei mercati tunisini, ho provato a ripagarlo con la stessa moneta, ho fatto la gnorri, ho fatto la vittima cercando di toccare le sue corde più infime ma alla fine mi sono commossa io, ho provato con la psicoterapia e insieme l'analisi che, detto tra noi, costano un occhio della testa e ancora sto pagando. alla fine mi sono ridotta ad andare anche da quelle cartomanti vestite con lunghe palandrane verdi marcio e i brillantini sul viso che stanno sedute a piazza navona e come ti siedi loro già sanno chi sei e che hai un figlio drogato. malgrado tu risponda loro che non hai figli ti dicono che si tratta di sicuro di tuo fratello. alla risposta che tuo fratello fa il poliziotto e che va sempre in giro con un cane antidroga, un pastore tedesco vaccinato e sterilizzato di nome lulù, ti dicono che effettivamente l'uomo nella carta ha più l'aria di una donna e quindi la drogata sei tu. e con le pive nel sacco te ne vai e ti prendi pure della drogata pagando il dovuto alla cartomante che contenta dell'opera ti regala gli incensi alla tuberosa esilarante e ti esorta ad accenderli tutte le sere perchè vede in te un principio avanzato di malocchio.
ma pensi davvero che non le abbia provate tutte? tra l'altro sono ridotta a uno straccio, credo che mi stia distruggendo psicologicamente, mi mette i bastoni tra le ruote, non dormo più e non riesco più a lavorare bene e questo è un danno per il mio lavoro che lo sai che lavoro da sola, no. ormai soffro di ogni forma d'ansia, dimmi una lettera e ti tiro giù tutto l'alfabeto: soffro a cicli alterni di agorafobia, dislessia, anoressia, aracnofobia, claustrofobia, ipocondria, cancerofobia, demofobia, glossofobia, sciofobia, stenofobia, zoofobia, termofobia e il dottore mi ha riscontrato da poco anche un inizio leggero di enetofobia chiedendomi tra l'altro se faccio la sarta e anche uno stato avanzato di displasia all'anca sopravvenuto in seguito alla lettura di un annuncio su un giornale per l'acquisto di un labrador che però ne era esente.
tu dici, giustamente, reagisci. bè diciamo che sono nella fase del terrorismo psicologico. in più d'una occasione l'ho sentito che si lamentava, per non parlare della costante e continua emarginazione nei miei confronti. il passo verso la depressione è breve, che ti credi. me lo ha detto anche un signore al bar che lui è stato cacciato dalla multinazionale dove lavorava perchè il collega era invidioso e ha cominciato a fargli una guerra che lui ancora ci sta male, poveretto. s'è fatto difendere dai sindacati per mobbing: lo sai che cos'è no? pensa che è una parola che conosce anche clara e pare che in italia ci siano quasi un milione e mezzo di vittime nei posti più disparati, dalle scuole materne alle banche, dai ministeri ai centri commerciali, addirittura ci sono casi nei sindacati stessi e nella confindustria, persino al parlamento: guarda berlusconi. quel signore non ha riavuto il suo posto di lavoro, anche perchè ora lo psicoterapeuta gli ha trovato l'esaurimento nervoso e gli ha detto che un po' di riposo gli farà bene; dice che il mare per queste cose è la cura migliore.
quel che è vero è che io il riposo non posso permettermelo e di questo passo non so dove andrò a finire. ma se pure dovessi fare una causa per mobbing, a chi la farei, al mio cervello che sta cercando di eliminarmi?

Lo so, sono la peggio: riciclo pure i post!

Tre cose facevo bene quando lavoravo come art junior: spupazzare l'art director facendolo ridere, comprargli il pranzo e badare alla cancelleria. Ero uscita da scuola pensando alle grandi campagne pubblicitarie che vedevo alla televisione, agli slogan che avevano fatto storia, alle immagini che piú mi avevano colpito sui giornali che mio zio ci riportava girando il mondo. Passavo le giornate costringendo mio padre, mia madre e anche una nostra parente ricca a vedere la Notte dei Pubblivori con tutti gli spot pubblicitari del mondo ai quali davamo dei voti e ogni tanto scappava anche l'applauso. Erano i tempi in cui ancora pensavo di cambiare il mondo. Non quello politico ché è pura utopia. Ma quello pubblicitario.
Il mio art director era dell'acquario. Come me. Era una battuta dietro l'altra. Lui rideva ed era contento. Io prendevo lo stipendio e mi divertivo. Mi voleva sempre accanto. Io seduta al suo fianco mentre lui, sghignazzante dietro il suo schermo quindici pollici di uno dei primi macintosh, impaginava idee dentro immagini e parole dentro slogan. Non mi potevo spostar mica da quella sedia lí. Né potevo dirgli: io 'sta cosa la vedrei bene qui. Per lui bastava che sfornassi battute. Ho fatto strada in quell'agenzia. Son passata di grado il giorno che per puro caso gli ho fatto scoprire l'alimentari all'angolo. Fin ad allora il mio art director aveva buttato soldi e fegato negli intrugli avariati del bar vicino al portone. Con me che gli portavo il panino ha potuto constatare faceva economie. Col panino magari non risparmiava il fegato però due lire in più rispetto ai prezzi del bar si. Non ha mai saputo che con i suoi soldi prendevo il solito panino con la mortadella per lui accompagnato da acqua liscia e una bella rosetta con il sandaniele per me con cocacola e kinderino incluso. Una volta ho scialato e ci ho fatto uscire il panino anche per Anna la centralista e per Maria la segretaria di un avvocato del secondo piano. Ero frustrata perchè non venivo apprezzata e in qualche modo lui doveva pur pagarla. Contenti di me, lui e il direttore suo coetaneo decisero di promuovermi affidandomi tutto il reparto cancelleria. Una svolta. Sapete cosa vuol dire per me avere sotto il naso colle da sballo, pennarelli a punta grossa, taglierini olfa, attasch, matite dalla zero due alle zero dodici, scatole di carandache, scatole di tutte le gradazioni di stabilo boss, post it gialli, rosa, verdini a quadri, a righine e anche a pois? Un godimento pari forse all'entrata in pasticceria o in edicola. Ho cominciato a vendere tutto al mercato nero. Alzavo belle cifre. Meglio dello stipendio tanto che mi comprai il game boy e anche un bel pigiama da ospedale per mia madre; regalai un orologio a mio padre e ogni tanto quando c'era carenza di pennarelloni, li rivendevo direttamente al direttore che così li pagava doppio. Ero brava. Va riconosciuto. Non ho mai fatto una campagna pubblicitaria né ho mai creato lo slogan che m'avrebbe reso ricca come ha fatto gavino sanna. Certo è che lí dentro ero la piú creativa, fatevelo dire. Almeno nell'arte dell'arrangio!

Thursday, March 09, 2006

Ma a povia glielo han spiegato che i piccioni portano le malattie?

giran sempre due piccioni qui fuori, uno più brutto dell'altro; uno più sporco dell'altro; uno più zoppo dell'altro. il primo, che deve essere femmina, lo riconosco chè è un grigio chiaro quasi smorto con tutti i peli radi che secondo me ha tutte le malattie del mondo pure il ginocchio della lavandaia e l'ipertensione arteriosa. l'altro, il marito, ha un colore più nerastro e grigiastro vera fuligine di inquinamento acustico, è più grosso in quanto a corporatura e ha dei ciuffi bianchi sulla testa, dovuti all'alopecia o a una decolorazione venuta male. viaggiano sempre insieme come i gabbiani sui fiumi, come i delfini nei mari, come i canarini nei cieli e come i due spacciatori che passano ogni tanto sulla cinquecento gialla. quando arriva la bella stagione la cosa più goduriosa da fare per gente semplice come noi è mettersi, durante l'ora di pranzo, su questi due gradini qui fuori, in mezzo al traffico, e mangiare un bel panino con mortadella e galbanone respirando a pieni polmoni tutti gli scarichi della macchine che passano, compresi gli scarichi delle macchine parcheggiate. non si può descrivere questo piacere del palato e delle vie respiratorie se non lo si prova. la grande fortuna mangiando fuori l'ufficio è che non devi preoccuparti se le rosette calde e fragranti si sbriciolano in maniera disumana, se i biscotti montebovi da un euro producono più residui non fissi dell'acqua minerale, se le patatine formano un tappeto così scricchiolante che neanche l'assassino più bravo col coltello in mano e la torcia accesa c'è la fa ad evitarle. appena tutto questo ben diddio finisce per terra, entrano in gioco loro: li senti arrivare da lontano gracchiando come gli avvoltoi del deserto e sbattendo le ali come i veri condor americani o le poiane dei monti d'abruzzo. ti coprono il sole per la loro apertura alare che quasi quasi al posto della tigre mi potevo far tatuare un bel piccione con tanto di alopecia e di rosetta in bocca. il maschio per proteggere la compagna arriva sempre sull'asfalto in avanscoperta: devono avergli detto che esistono le polpette avvelenate fatte apposta per i piccioni. poi con fare da grand'uomo chiama con un fischio acuto molto romantico la compagna che si getta come un' aspirapolvere da 1400 watt sulle mollichelle di rosetta, di biscotto montebovi da un euro e sulle patatine sbriciolate a mò di tappeto. in men che non si dica e più rapidi della migliore squadra di pulitori, i due piccioni spazzano via ciò che resta del mio pranzo lasciando un asfalto lindo e pinto che alle volte non riesco a camminarci su e metto pure le pattine per tornarmene a casa. finito di pranzare i due piccioni ringraziano, chinano la testa e se ne volano via tutti soddisfatti: qualche volta ruttano anche, ma non sono sicura che siano loro. solo l'altro giorno ho chiesto al maschio se mi prestava cinque euro per mettere la benzina. se n'è andato tutto incavolato sbattendo le ali e starnazzando come una gallina. sono rimasta male, lo ammetto. così è da qualche giorno che pranzo con lo yougurt: voglio vedere ora come si portano via il barattolino!



Il problema sociale dei piccioni su questo sito!

Monday, February 20, 2006

Che ci faccio lì?

lo so e lo sapevo: io e la politica siamo due cose antitetiche come lo "gning e lo gnang", come le diete e costanzo, come l'intelligenza e i tronisti, come gli opionionisti tivvù e le opinioni, come la stampa italiana e la verità, come la scarpa destra e la cibatta sinistra, insomma come tutte le cose che reputi non abbiano niente in comune tra di loro.
sabato c'era il congresso e c'ero io, anche se sorvolo sui motivi per cui ero a quel congresso lì. mi siedo in quarta fila per paura di essere interrogata: i retaggi del liceo non vanno più via neanche smacchiando a fondo con bold due in uno e ringrazio ancora per questo la mazzalupi per avermi dato fiducia nel credere che oltre a scaldare il banco potevo anche pensare, parlare e, incredibile dictu, scrivere (tolto sassolone dalla scarpa marcata rigorosamente OXS). il congresso inizia con un po' in ritardo e io nel frattempo ne approfitto per andare a un banchetto che vendeva verdura non per tirarla a qualcuno (con quel che costa!) ma per acquistare un cavolfiore, tre zucchine, una pianta di radicchio e un po' di mele che con la dieta non so più che mangiare, signora mia.
torno dentro e stavolta mi siedo in quinta fila, non si sa mai. il congresso inizia e inzia il mio calvario. come un novello gesù cristo (potrò mai usare questa espressione senza che si rivolti mezza a-rabbia saudita, senza che qualche ministro si dimetta e senza che la mazzalupi si scocci?) passo passo conto le mie stazioni verso la mia crocifissione e sudo sette camicie sette e due maglioni per non stramazzare in pubblico che poi chiamano l'autoambulanza e io non ho la biancheria giusta. durante la prima ora riesco a prepararmi mentalmente la dieta per tutta la settimana: lunedi riso e zucchine, martedi riso e cavolfiore, mercoledi riso e zucchine di nuovo, giovedi fagioli e tonno, venerdi cavolfiore e un contorno. al pensiero del "se pò fà", mi ringalluzzisco tutta e mi dò la carica per seguire il congresso nelle sua seconda ora. parla tizio e parla sempronio e io comincio a interrogarmi su che male ho fatto nella vita, se per caso nella scorsa reincarnazione ero il bassotto nano che addentò la gamba della moglie di napoleoneterzo, se forse non era il caso di inventare una scusa e mandare i miei genitori con la giustificazione in mano per via di quel vecchio ascesso al dente del giudizio destro che, presidente mio, le fa male da quando è bambina. scorrono i minuti come fossero paralizzati: l'orologio, lo giuro suddio, per un attimo torna persino indietro. comincia a parlare l'assessore tal de' tali e comincio a progettare la mia vita futura partendo da due conigli per arrivare ad una agriturismo nell'alto lazio completo di piante d'ulivo secolari, piante da frutta per le marmellate, cavalli con calessi annessi, aria pulita e tavolate di amici che intonano all'unisono "mapìn mapòn" attorno al fuoco che arde e scoppietta e mangiano polenta e coniglio visto che i due conigli han figliato assai; la mia attenzione o la fame vista la dieta mi riportano alla realtà quando il mio cervello si comincia a chiedere: ma con la polenta è meglio il coniglio, le spuntature o il capriolo? avrei alzato la mano per domandarlo e soddisfare così un simile quesito ma per fortuna son timida e non ne ho avuto il coraggio. passata la quarta ora siamo entrati nella quinta che già lo stomaco ha cominciato a gorgogliare tanto che il presidente ha chiesto di spegnere i cellulari visti i rumori e le suonerie atipiche. durante la quinta ora ho cominciato in una specie di ascesi a vedere le facce di maometto e del budda nelle persone sedute accanto a me, ho cominciato a sentirmi molto leggera tanto che ho quasi pensato di stare levitando, ho cominciato a vedere l'aura riflessa di tutti i colori sulla parete bianca dietro le persone che parlavano al microfono e per un secondo mi pare di aver udito la voce di mia nonna che mi salutava in veneto bestemmiando anche un po' perchè non la sentivo bene.
a quel punto hanno interrotto per la pausa pranzo. ho salutato tutti e mi sono incamminata verso la macchina stravolta in viso e corrucciata per un dubbio sorto nella mattinata: ma il riso che abbonda sulla faccia degli stolti sarà il riso basmati o quello arborio a lunga cottura?

Wednesday, February 15, 2006

Phoenix.

ho messo la mano al centro del mio stomaco, è uscita dall'altra parte che me la vedevo alle spalle e ho salutato tutti quelli che ho lasciato dietro. aria e vento m'attraversano da parte a parte e creano cedimenti e vortici impetuosi. il mio cuore chiede una tregua, la mia anima s'aggroviglia su se stessa come il serpentello dei video giochi che si muove svelto e ossessivo fino a mangiare se stesso, la mia testa collabora col vento che porta scompiglio e con l'aria da sempre sua amica. riempio i polmoni d'aria, riempio i polmoni e rifletto.
ho messo una mano nel mio fegato. una poltiglia verdastra l'ha invasa colorandola. ci ho dipinto i muri della mia vita, ci ho scritto poesie e racconti e con quel che rimaneva ci ho riscritto la mia storia. non amo etichettarmi e le mie certezze nascono col sole e muoiono con la luna. oggi sono il pazzo che cerca la sua strada e domani sono la strada in balia del pazzo. oggi vivo alla giornata affidandomi ai sogni e domani pianifico la mia vita sulla base di quegli stessi sogni. oggi sono io e domani il mio contrario e tutte e due le volte sono sempre me stessa, questo è assicurato. continuo a scrivere sui muri con quella poltiglia verdastra di quanto bella possa essere una vita incerta e di quanto incerto sia il mio cammino ma rileggere quelle parole scritte non mi fa bene e allora cancello tutto con la forza della ragione.
ho messo la mano nella testa per cercarne risposte. un groviglio di fili gialli ha imprigionato la mia mano. dentro, pezzi di strade si scompongono come tessere di puzzle colorati e formano altre strade impervie e sconosciute e in queste nuove strade mi perdo anche perchè quei fili gialli e lunghi imprigionano i miei sforzi.
ho messo la mano nei polmoni e ne ho tirato fuori ricordi profumati in associazioni libere, sensazioni che m'han riportato indietro tasselli su tasselli e riportandomi indietro hanno fatto cadere come un domino anche i pezzi che stavano su per caso.
scrivo per esorcizzare ma anche per distruggere, per colorare la mia vita e per cancellare i miei passaggi, per dimostrare il mio amore e per riprenderlo indietro senza vuoto a rendere, scrivo per quel mondo che da sempre sfuggo, scrivo per gettare all'aria coriandoli di me e per bruciare carne ormai putrefatta e stinta e in questo falò di aspettative deluse, ogni giorno rinasco. dalle mie ceneri, ma pur sempre rinvigorita.

Tuesday, January 31, 2006

Ricicliamo pure i post, va'!

erano notti che non riuscivo più a dormire tranquilla. la prima notte ho pensato alla peperonata tutti i gusti più uno mangiata a tarda sera a casa della pellicciaia, mia dirimpettaia. poi ho dato la colpa alla mistura di caffè e cocacole con contorno di cioccolato nero fondente 80% lana e 20% cotone sulla pelle con cui mi drogo negli ultimi tempi. per un attimo ho pensato anche a quegli spiritelli burloni venuti a disturbare i sonni delle persone più care e sagge. solo ieri, aprendo gli occhi, ho scoperto il motivo dei miei sonni agitati: le lenzuola del mio letto, fattesi le valigie, se ne erano andate di casa. m'han lasciato un biglietto sul frigo. e niente più. la prima cosa che ho fatto è interrogare il materasso. lui naturalmente ha fatto il vago, come il suo solito. per sviare il discorso ha accusato prima un forte mal di testa e poi mi ha tirato su una storia lunga una quaresima i cui punti salienti sono che è preoccupato per il concorso in cui passerebbe di grado; che ha problemi con la famiglia visto che il padre è stato licenziato e senza giusta causa e poi mi ha parlato anche di certi suoi problemi alla cervicale che, dice, 'sti materassi moderni non li fanno più col cotone e la lana di una volta. fatto sta che non trovando risposte per quell'insano gesto da parte delle mie lenzuola, ho girato per tutta casa in cerca di un indizio. sono corsa nel cestone della biancheria sporca ma non ci ho trovato niente: vuoto e immacolato come quando l'ho comprato. ho visto al bagno chè non si sa mai ma ci ho trovato solo due vecchi assorbenti del '76 di quelli senza ali e senza fluf assorbente che non credo abbiano niente a che fare con l'accaduto. poi ho controllato anche in cucina: sai, 'ste lenzuola di flanella sono gente strana. non sapendo più a che santi rivolgermi e soprattutto quali elencare per lanciare anatemi, ho aspettato chè come dicono gli anziani: il tempo cura tutto. verso le sette m'han citofonato che già pensavo all'ufficiale giudiziario per quella storia dell'enciclopedia sulla cucina di suor germana divisa in otto tomi mai avuta, mai ordinata e, soprattutto, mai pagata. in ogni caso ho risposto al citofono: speravo tanto che qualcuno mi sapesse dare qualche notizia circa le mie lenzuola preferite, soprattutto le uniche in mio possesso. ho aperto visto che una voce tranquilla mi ha risposto: "Noi". ho pensato a qualche amico o persona di casa. ho aspettato sulla porta che la curiosità mi si mangiava. appena aperte le porte dell'ascensore sono rimasta allibita: davanti a me, come se niente fosse, mi ritrovo le due lenzuola fresche di bucato, lille lalle, tutte imbelletate con in mano una cocacola e nell'altra novella 2000: che pettegole! non sapendo se arrabbiarmi o rimanere senza parole,ho optato per il silenzio, anche perchè da dietro lo spioncino già immaginavo che la pellicciaia mi stesse osservando per ridere alle mie spalle. ho richiuso con calma e noscialans la porta di casa e, con voce ferma e sicura, ho chiesto loro delle spiegazioni. m'hanno detto che si sono informate coi sindacati e sulla base di non so quale statuto il loro salario non è direttamente proporzionale alle loro ore lavorative, che il giovedi lo vorrebbero libero e che vorrebbero essere cambiate ogni settimana e non ogni mese e mezzo e che, tra l'altro, vorrebbero essere iscritte a equitazione che, pare, il moto faccia bene. mi son sentita piccola piccola e non ho saputo cosa controbattere. ho dormito sul divano, stanotte: mica potevo più guardarle in faccia.

Tuesday, January 17, 2006

La sveglia.

io e la mia sveglia siamo in rotta ormai. non so cosa posso averle fatto anche perchè è da dopo natale che non mi rivolge più neanche la parola che sinceramente la cosa mi manda anche un po' in bestia. non capisco cosa le passi per la testa; m'han detto che bisogna portar pazienza, che forse si tratta di crisi adolescienziali tipo quelle in cui ti spuntano i brufoli e ti metti l'apparecchio ai denti che sembri un mostro, o che forse è saturno che sta facendo a cazzotti con la sua luna o con qualche altro pianete delle sveglie.
fatto sta che da qualche giorno l'aria a casa è irrespirabile. ho provato con i fiori, dei bei lilium tipo quelli che vedi nei cimiteri di lusso, tutti bianchi e profumati che ho starnutito una settimana. poi le ho portato i ferrero roscè come ambrogio chè in televisione ci fa sempre la sua porca figura sia a casa dei conti che dei vip più blasonati. ho provato anche a svegliarmi prima di lei e a portarle il caffè in modo che la mattina non si stancasse troppo. m'han detto pure che forse è possibile che abbia un calo del ferro o delle vitamite o un po' di spossatezza chè sta arrivando la primavera. quello che è certo che non so più come comportarmi.
oggi ho provato a farle parlare anche da un mio amico, lui sa sempre come prenderla. ho scoperto che si sente stressata, che ha delle rimostranze per via di certi contributi che non le ho versato anni addietro e che, questa è davvero assurda, la sfrutto per via della lucina rossa che proietta i numeri sul muro per tutta la notte. pare che la lucetta non la faccia riposare e le sembra uno danno economico tenerla accesa quando io la consulto solo prima di dormire e la mattina quando mi sveglio. ha parlato di risparmio energetico e di un uso razionale delle nostre risorse per far sì che non ci siano sprechi e per non sovraccaricare il Paese che già è sovraccarico di per sè. ha fatto tutto un panegirico su quanto consuma una sveglia, su quanto una lavastoviglie, un frigorifero e, carta alla mano, ha tirato fuori una ricerca realizzata su internet che dimostra che con una lavastoviglie nuova potrei risparmiare il 60% dell'energia, con una lavatrice a pioggia potrei risparmiare anche sull'acqua e sul detersivo e con un frigo a doppio isolamento posso consumare il 50% in meno di gas freon. alla parola freon i miei occhi hanno strabuzzato e l'ira mi ha assalito tutti i centri nervosi anche quelli ostruiti dai trigliceridi in eccesso e dal colesterolo in aumento.
oggi ho contattato di corsa i sindacati per vedere se posso chiudere tranquillamente e senza strascichi questo rapporto lavorativo. l'avvocato m'ha detto che il lavoratore ha sempre ragione, cosa che non sempre è vera però in italia è così. ha aggiunto che mi conviene tenermi buona la sveglia magari soddisfacendo tutte le sue richieste anche quelle più assurde. così mi sono scervellata per tutto il giorno per cercare un modo per "ingraziarmi" la sveglia: i miei pensieri sono stati tra i più disparati, dall'offrirle l'autografo di eduardo de filippo che mia madre tiene nel salotto buono insieme alla foto di mia nonna e di stalin fino a un mese di consumazioni di caffè e cappuccino qui da clara; dalla creazione di un blog tutto suo che ormai i blog ce li hanno porci e cani fino al regalarle l'album della lecciso, quello dove canta, tutta scosciata, che a lei non la capisce nessuno perchè la giudicano dalle apparenze. poi guardando la tivvù ho avuto la folgorazione: credo che le proporrò di andare a buona domenica per farla sottoporre alla macchina della verità. ho visto che ormai ci si sono sottoposti anche i tronisti di maria de filippi. e io che pensavo che la macchina della verità servisse alla cia, all'effebiai, a quelli di csi per vedere di chi sono le macchie di unto sopra la tovaglietta e al ris per vedere se la franzoni quella mattina girava con le babbucce o no!