Tuesday, June 29, 2004

Questa l'ho letta sulla porta del bagno degli uomini sulla Roma Fiumicino.

Che ti devo dire. Quando m'affeziono, io ci tengo alle cose. Ho un paio di calzoni. Della nike. Erano verde militare o giú di lí. Li ho comprati credo quattro o cinque anni fa. Ne ho cercati altri dello stesso tipo. Ma pare che quelli fossero unici. Fatti solo per me. Non ne ho piú trovati in giro. Ho cercato dio sa quanto ma ho trovato solo tute di ogni colore, braghe da mare, calzoni da tennis, ma mai un paio simile per mandare i miei in pensione. Li tengo lí che neanche un figliolo terrei meglio. Fanno divisa. La mia divisa. Chi mi conosce e riesce a frequentarmi per piú di un anno si ricorda piú dei miei calzoni verdi che di me. M'hanno accompagnata estate dopo estate per cinque anni. Hanno sofferto con me e sono stati felici per me. Sono stati al mare. In collina. Forse anche in montagna, ora non ricordo. A trovar mia madre all'ospedale. A trovar mio padre al palaeur. A trovare Angela al cimitero. Hanno venduto con me la mia macchina rossa. E comprato con me il mio scooter fatto a rate. Hanno macinato chilometri. Sono stati sul Gran Sasso e anche a Napoli, in Sardegna e a Tenerife, in Grecia anche sui cammelli nel deserto. Hanno giocato a calcio e a frisbee sotto un sole di quaranta gradi e un po'. I miei calzoni ormai scoloriti hanno fatto preventivi per lavoro. E guadagnato. Han pagato le tasse e pure l'Iva. Navigato dentro a internet e anche fuori di casa. Hanno rubato un pattíno e l'hanno mollato quasi affondato nelle acque del mare di Anzio. Han visto persone passare e persone rimanere. Erano con me quando ho tradito. Erano con me quando sono stata tradita. Erano al concerto di Lorenzo e anche a quello di Renato. Hanno visto amicizie finire. E nascere nuove conoscenze. Sogni svanire e speranze rifiorire.
I miei calzoni si sono comportati sempre bene. Lo debbo ammettere. Se devo affrontare una cena nella quale so che saró a disagio, indosso sempre quei calzoni scoloriti per rassicurarmi. Sono belli i miei calzoni verdi, di un verdone quasi girgio. Con tasche larghe e la chiusura lampo. Hanno una stoffa che mica ne trovi in giro. S'asciuga subito ed è sempre fresca.
I miei calzoni devi dargli del voi. Io stessa devo prenderli con le pinze. E non so mai che succederá. Se non li indosso per qualche giorno, s'offendono. E la sera mi tocca perdere sempre due o tre ore di tempo, prima di cena, per raccontargli tutto quello che mi è successo. A volte mi perdonano. A volte no. Come tutti. Non so di che segno siano. Ma so che ci tengono molto a me. Ci sono cose a cui è bello affezionarsi e ritrovarle nell'armadio anno dopo anno come la coperta di Linus. Quello che non capisco è come mai quando esco e non li indosso, torno a casa e c'é sempre il ventilatore acceso, la tivvú su rete4 e il vasetto della nutella mezzo finito?

Sunday, June 27, 2004

Requiem di periferia.

Erano le nove e un Rex ha tuonato per il quartiere. No. Non era il Requiem, ma Mauro, l'ex ladrone che fa il camionista, che chiamava a gran voce il suo cane sotto le mie finestre. E poi e' intervenuta Rosalba con i suoi quattro cani nani odiosi come lei e poi un certo Franco che chiamava shana, un simil doberman tutto dinoccolato e stortarello. Ho aperto gli occhi e li ho maledetti. Loro animali e i loro cani. Loro e i gatti randagi a cui danno il cibo per scaricarsi le coscienze. Ora mentre scrivo sto facendo tuonare io, il Rex del Requiem e il quartiere s'é zittito. Tra una traccia e l'altra solo la voce di Patrizia che ha gridato: la messa e' finita andate in pace. Era meglio quando qui abitavano i veri ladroni. E non queste mezze calzette che non sono piú ne' carne ne' pesce. I ladroni, quelli veri, vanno rispettati. Lavorano di notte e di giorno dormono e qui fino a qualche anno fa, la mattina, c'era un silenzio tombale, come il condono. Quelli sí che erano tempi. Ho sempre avuto il mito del ladrone. Gran bel mestiere. Sará che io me li raffiguro come i personaggi de I soliti ignoti, tipo Capannelle e Vittorio Gassman e Manfredi e Toto'. Ma mi fanno simpatia piu' di queste quattro zecche "spuzzolose" tutte telefonini, ignoranza e i loro cani fintoricchi. La verita' é che il mio sogno é sempre stato quello di non essere cio' che sono, cioe' quella che si puo' definire una "brava ragazza". Mi sarebbe piaciuto vivere la notte in giro per le bische. Il mio mito segreto e' quello dello spaccone. Quello che vive alla giornata senza porsi piú di tanti problemi. Quello che gira per sale con i dollari in tasca a sfidare tutti quelli che abboccano. Quella si' che sarebbe stata la mia vera aspirazione. Le corse con le macchine. E le sale piene di fumo che non vedi da qui a lí con le mani sporche dell'azzurro dei gessetti e del bianco del borotalco per far scivolare meglio la stecca. Mandare in buca quante piú palle sia possibile con quei tiri caramboleschi di chi è del mestiere per far rimanere tutti a bocca aperta, anche la cassiera cieca e il barista sordo. E invece son qui seduta con vicino questa luna in vergine che non mi molla mai e il mio senso di responsabilitá con cui giornalmente faccio a lotta, perdendo sempre. E l'unica trasgressione che mi concedo per assomigliare un poco al mio mito sono i tatuaggi che porto addosso, chiudendo per sempre il mio sogno di vita dentro cassetti disordinati e zeppi di follie e cose insensate. E ora son qui con questa tastiera in tedesco che devo dirle sempre e il ciddí che è finito. Finalmente c'è silenzio nel quartiere. Credo che Mozart li abbia stesi tutti. Sarebbe contento, se glielo dicessi. Credo che sarebbe anche venuto a giocare con me a biliardo, tra una sonata e l'altra. E m'avrebbe anche battuto. Ho 'sta sensazione addosso.

Thursday, June 24, 2004

Ai box Franca, la vicina, fa la Principessa Carolina.

Quando non ho niente da fare mi metto sullo stradone che porta al mio quartiere accovacciata sul muretto con su scritto "cè ghevara?" e guardo passare le macchine. Abito in periferia ma non so perché vedo sfrecciare certi macchinoni da far invidia ai saloni di ginevra e di stoccarda e anche al salone di casa di mia madre. ogni volta m'immagino di rivivere il gran premio di montecarlo e nella testa mi son tracciata una specie di circuito virtuale. Lo stradone potrebbe essere una sorta di traguardo con a destra la marana dove potrebbero mettere i paddock e a sinistra vicino lo scarico delle fogne potrebbero stazionare le postazioni per le delle riprese tivvù. Lo stradone porta alla curva del Casino (senz'accento chè mica siamo a montecarlo!), dove, se si corre in notturna, ci son tutti i fuocherelli di certe donne o travestiti, ora non saprei. Poi si passa alla chicane del Tabaccaio della Svociata, aperto ventiquattro ore su ventiquattro, che porta al tratto dell'Hotel Mirabbò (una camera ottanta euro). Dopodichè c'è il sottopasso da fare ad altissima velocità se si vuole uscir vivi che immette sulla variante delle Piscine, quelle comunali (dove i bambini fanno a gara a dorso e a stile con le pantegane migliori del quartiere: pare che una di loro sia stata ammessa addirittura alle regionali). Dalle Piscine si arriva alla cabina della Rascà (dove si fermano i macchinoni di cui sopra a fare acquisti particolari) che porta diretto e di filato in galera o di nuovo sul rettifilo dei box. Io mi metto lì e li vedo passare tutti. Uno era primo fin dall'inizio ma alle Piscine ha forato su un ago di siringa. Peccato, la macchina mica era male. Forse gliel'avevano "imprestata".

Wednesday, June 23, 2004

Tira più una bestemmia del Baffo che una di Vieri.

Se apriamo i giornali o sentiamo i tiggì da qui alla fine degli europei si sentirà solo parlare dello sputo di totti e della squalifica, di vieri e del suo ginocchio, di del piero e dell'uccellino che bevono acqua anziché giocare a calcio, di cassano che si farà anche se ha le spalle strette, di trapattoni e dei suoi probabili successori, del due a due truffa e della bulgaria che ha fatto il catenaccio, di beckham e di quanto è bello, di zizou e dei suoi dribbling, delle scarpe nike fatte più per sponsorizzare che per giocare, del caldo opprimente e della pioggia insistente, del rigore che a volte c'era e a volte non c'era, di berlusconi e di cosa ci faccia al governo (berlusconi tanto c'entra sempre in queste discussioni), dei mondiali dell'82 e di bearzot, della lite tra vieri e buffon e dei giornalisti che ci sguazzano dentro, dell'italia che era la favorita, degli arbitri che sono cornuti (anche questo è il luogo comune preferito dai tifosi), e di quando c'era Lui che tutto andava meglio, di una rondine che non fa primavera e che oramai si passa dal freddo al caldo senza più mezze stagioni.
Una cosa è passata inosservata ai più: ma la bestemmia di vieri in prima serata l'ha vista nessuno o è solo un frutto della mia fantasia anticlericale?

Melting Pot.

Ho la t-shirt marcata N.Y. Il casco spagnolo. Lo scooter giapponese. Il tatuaggio tibetano. Le scarpe americane, forse fatte nelle Filippine. I calzoni svedesi. I calzini inglesi. La collanina nigeriana. Il braccialettino indiano. Il portatile tedesco con tastiera in tedesco. L'orologio svizzero. Il cervello cosmopolita. Cosa rimane. Ah, sì! L'anima? Fate un'offerta.

Sunday, June 20, 2004

Non c'e' piu' religione.

Sono andata in chiesa. Sai quando pensi che hai bisogno di un miracolo e per caso ti trovi davanti ad una chiesa che conosci bene e allora, malgrado il tuo non credere in niente, ci vuoi vedere un segno del destino, una coincidenza che sei certa portera' qualcosa di buono?. Ero in questa chiesa legata a molti ricordi. Sono entrata per rispetto. Mi son anche fatta il segno della croce per rispetto. Anche se credo di averlo fatto male tanto che mi sono imbrogliata con le mani che sembravo quegli omini che con le bandierine fanno i segni agli aerei per indicare loro la strada. In passato il bello di entrare in chiesa per me era quello di accendere i ceri a chi non c'e' piu'. Avevo la mia lista che partiva da mia nonna e poi passava per mio nonno e per la mia madrina mezza santa e mezza no e per zia dina e poi per senna e mia martini e river phoenix e nik novecento e alfredino rampi. Andavamo nelle chiese con mia madre ad accendere ceri, candelotti, qualche volta rubavamo anche qualche candela che' i poveri si sa come son fatti: non si sa mai nella vita, tutto puo' servire. Ieri ero in questa chiesa. E non so perche' mi son sentita di accedere un cero. Ho pensato, hai visto mai che l'anima di qualcuno ci metta una mano sulla testa e ci faccia ragionare un po': l'acquario e' un segno molto fantasioso e spera molto nel miracolo e nella risoluzione delle cose con un semplice sim sala bim, ma soprattutto e' un segno che delega molto agli altri nella risoluzione dei grandi problemi. Detto tra noi io non delego niente a nessuno ma lo faccio per loro (le anime di cui sopra), per tenerle impegnate: altrimenti che avrebbero da fare tutto il giorno se non ascoltare con aria annoiata le chiacchiere della Madonna che racconta di quella volta che Gesu' ha trasformato i pesci in pani e tutti ad applaudire che e' venuto giu' il teatro. Insomma mi son detta: accendiamo a scrocco un po' di ceri che magari ci arriva un po' di protezione dai piani alti. Mi avvicino ai candelotti e due vecchie secolari con l'aria arcigna mi guardano come a dire: questa come minimo e' una scomunicata. Niente da fare coi candelotti, me ne vado con aria di sufficienza in un'altra nicchia e mi accorgo che ci son le lucette a elettricita'. Niente da fare neanche li': 'sti preti si sono proprio modernizzati. Un tempo c'era il pulsantino e tu bastava che ne spingessi uno per far illuminare il tuo cero elettronico e poi facevi l'offerta. Oggi prima devi pagare e poi s'illumina il ceretto che vogliono loro, come nelle slot machine. Non avevo spicci in tasca. Sono uscita fuori e ho fatto l'elemosina. Un signore che conoscevo mi ha dato venti centesimi, ma non mi ha riconosciuta. Son tornata dentro e ho infilato i venti centesimi nella fessurina contenta e felice che di li' a poco si sarebbe accesa almeno mezza lucetta e mezza anima, forse la meno impegnata, si sarebbe accorta di noi. Niente da fare. Credo che sotto l'euro non s'accenda niente. Ho imprecato. Con maggior soddisfazione giacche' ero in chiesa. Nessun morto mi ha messo una mano in capo e neanche ai miei familiari da quello che so. Si vede che lassu' preferiscono passare le giornate ad ascoltare la Madonna & company. Che ti devo dire. Quelli son tutti raccomandati!

Thursday, June 17, 2004

Tutte braccia sottratte all'agriCultura.

ci sono i provini del Grande Fratello. se avessi potuto, ci sarei andata volentieri con la mia telecamerina per farne un nonsochè, magari una sorta di documentario tutto da ridere. l'anno scorso ero a perugia per lavoro. e c'erano i provini pure là. ho accompagnato monica e già che c'ero ho fatto il provino anch'io. non m'hanno preso. a ben ragione. mi sono divertita però. ho sparato un sacco di cavolate di fronte la telecamera che, detto tra noi, inibisce un po'. e ingrassa anche: lo dice anche Costanzo! ne ho viste di tutti i colori, mentre aspettavo il mio turno. io ero là, con i miei jeans da lavoro, i capelli sconvolti dal ciclo, puzzavo anche di sudore e avevo un'arietta stressata anzichenò. di fronte a me, i divetti del futuro: ragazzi con i mostra i bicipiti appena pompati tre atmosfere al sinistro e due e mezzo al destro, ragazze dalla bocca larga come le rane, mini-ragazzine vestite con mini-abiti modello anoressico, neo-tatuati con ancora la crosticina fresca, nane da circo e saltimbanchi finto-simpatici, ragazzi simil taricone dei poveri, ragazzette simil floriana di periferia, ragazze più grasse che alte, vecchi con la pancia e i capelli bianchi e donne senza dentiera e la flebo. per un attimo ho pensato di essere in uno di quei film onirici incomprensibili che solo il regista capisce. poi ci ho fatto sopra un po' di filosofia d'accatto, così, tanto per tenere allenate le meningi a pensare: quello che mi sconvolge è questa mania di voler apparire a tutti i costi. che poi in soldoni non è altro che il fare "strada" nella vita prendendo la scorciatoia più veloce e meno faticosa: anche perchè questi qui hanno capito che, se non fanno strada subito, irrimediabilemente ci finiscono sulla strada, vicino al primo palo a destra con fuocherello accesso per l'inverno. credo che in genere si pensi che si entra nella Casa sconosciuti e se ne esce divi. può esser vero. aggiungo io che si esce dalla Casa meno sconosciuti ma uscirne divi o artisti è un'altra cosa. e non faccio nomi sui veri artisti e sui veri divi: casomai solo uno, pupo. fatto sta che a tutti gli annoiati del mondo, a tutti i cannaroli e/o alcolisti non anonimi della terra, a tutti quelli che perdono il loro tempo a giocare alla playstation o in discoteca e a quelli che non ci hanno niente da fare tanto paga papà, consiglio di partecipare a un provino. il divertimento è assicurato, un minimo di filosofeggiamento anche e, se siete fortunati come me, vi capiterà anche un signore distinto con moglie e figlia al seguito che vi chiederà l'autografo sicuro della vostra riuscita. e io, diligente e diva fino in fondo, potevo tirarmi indietro? ho scritto loro il mio cavallo di battaglia: "con affetto e simpatia, lascio qui la firma mia. pupa"

Wednesday, June 16, 2004

Mostra permanente.

sono stata allevata all'arte. a casa mia si poteva disegnare sui muri, anzi mia madre era contenta se mi sbizarrivo in ogni tipo di esternazione artistica. così ho cominciato a scarabocchiare qua e là fin dalla tenera età. credo che il mio capolavoro siano le pareti della mia vecchia camera da letto. ho iniziato scrivendoci una frase in greco "late biòsas". mia madre s'era tutta ringalluzzita alla vista di quel capolavoro. mio padre andava in giro a vantarsi a destra e manca che io scrivevo sui muri come gli egiziani. quando la gente veniva a casa il tour partiva dalla mia camera: c'era un cicerone che illustrava ogni mio passettino pittorico compreso quello di aver ritinteggiato le pareti del bagno quando è scoppiato lo scaldabagno. io, di nascosto, facevo pagare anche il biglietto: loro non l'hanno mai saputo. ma non mi sono fermata alla scritta in greco. credo che l'opera migliore sia la parete sopra il letto. ho unito l'utile al dilettevole.
odio le zanzare. sono uno di quei tipi che, se c'è una zanzara nel giro di qualche miglio, non dorme. perchè? odio gli sfruttatori, quelli che "campano" succhiando il sangue altrui. almeno, poi, mi pagassero la trasfusione. le mie notti estive sono molto infuocate, delle vere e proprie guerre. quando dormono tutti, se c'è un'intrusa in casa, inforco gli occhiali, mi armo di ciabatta, a volte mi metto la bandana in testa come rambo due e comincio a sezionare la camera centimetro dopo centimetro: ho scoperto che le "bastarde" son pure intelligenti e cercano quadri e stampe per mimetizzarsi e fare le vaghe per passare inosservate. ogni tanto, quando mi guardo allo specchio così agguerrita, ripenso a quei due o tre insegnamenti di buddismo: in ogni creatura potrebbe essere la reincarnazione di qualcuno delle tue altre vite. il pensiero dura poco, però. anche perchè la guerra è guerra. così individuo la vittima e sbam: una bella strisciata di sangue sul muro con relativa impronta numero quarantuno. sono anche sadica, non lo nascondo. sotto la strisciata ci apponevo anche una piccola scritta con la data e l'ora del decesso, come nei telefilm americani. mia madre s'è ritrovata una parete che è un vero "bijù" e un piccolo cimiterino in casa. è arte anche questa, ammettiamolo!

Friday, June 11, 2004

Vendesi batteria di pentole dalla più grande alla più piccola.

L'avevo detto io che il mio è un Signor Scooter! Mi ha chiesto udienza l'altro giorno, "ehi, pupa, mi sa che ho la batteria un po' a terra, che ne dici se mi permetto di non ripartire?" Così è successo. Non è partito. Ho smontato il tappetino, ho staccato i cavi positivo negativo e ho rimosso la batteria vecchia. Qui dietro c'è uno che vende batterie e ricambi di non so che. Sono andata a piedi di buona lena e col fiatone a causa della buona lena. Mi son portata dietro ben venticinque euro tutti da mille. Sapevo che le batterie non costavano molto. Quando l'ho cambiata al cherokee pagai non più di centomila lire. Il ragazzo ha controllato nel terminale ed eureka la batteria era disponibile subito lì pronta solo per il mio Signor Scooter. Il ragazzo ha iniziato tutta una tiritera circa il materiale che componeva l'interno della batteria. E' di gel, mi ha detto. In quel momento non me ne poteva fregar di meno. Io, tra l'altro, il gel non lo porto chè rovina i capelli, ho pensato! Il mio obiettivo era la batteria nuova di zecca. Ha controllato il listino, il ragazzo. Ottanta euro niente di più niente di meno. Son svenuta. E' accorsa la signora bionda mesciata del Bar del Cappuccino. Hanno pensato fossi incinta. Chissà perché quando uno sviene gli si chiede sempre se è incinta. Anche a Mario glielo hanno chiesto. Non ha risposto. Gli scooter di quella marca, mi ha detto il titolare che era accorso tutto trafelato nel frattempo, montano solo batterie supertecnologiche a camera stagna col gel incorporato che ti salutano quando metti in moto e ti vanno anche in banca a far le operazioni. Ho comprato la batteria e, ripercorrendo la strada a ritroso neanche avessi in mano una valigetta con centomila euro dentro, son tornata indietro. Ho attraversato la strada scortata da un boy scout e con una vecchina cieca di centrotre anni al seguito. Ho montato la batteria. S'è acceso, il Signor Scooter. Sono partita. Ora però quando scendo, smonto la batteria e me la porto sotto il braccio come si faceva un tempo con le prime autoradio. Con questi prezzi, la prudenza non è mai troppa!

Tuesday, June 08, 2004

Anche i merli mangiano mortadella. Posso testimoniare.

Ogni volta che al sidis c'è l'offerta non me la faccio mica scappare: esco di casa il sabato con il depliant delle offerte come i borsisti escono con il sole24 ore. Ho la casa piena di cereali a 99 centesimi. Di finti galbanini a 1 euro e dieci. Di fette biscottate formato famiglia cristiana a pochi spiccioli. Dei due per tre della pepsi a un euro e mezzo. Ultimamente va di gran moda nel mio quartiere di poveri tendenti al ricco, se hanno rubato bene la sera prima, il salsicciotto di mortadella. Vuoi che mi faccia sfuggire l'offerta della mortazza a 80 centesimi? Per un'affarista come me, è il top. Ho il frigo pieno di salsicciotti di mortadella, che tra l'altro a me piace tagliata finissima quasi stracciata. Dovevo fare un timballo di patate, domenica. Perchè non metterci dei "pezzetti" di mortadella? Vado per tagliare le fettine e m'accorgo che la prima parte, a causa di una prolungata sosta nel frigo senza pagare neanche il pedaggio, s'era tutta annerita. Che fare? A casa nostra siamo dell'avviso che non si butta via mai niente, ma non per il discorso del negretto del terzo mondo che sinceramente non ce ne po' fregà di meno. Ma perchè noi siamo anche più poveri del negretto del terzo mondo (trattasi di ironico paradosso. Mica tanto!). Anche se pagato poco in offerta mi dispiaceva buttar via quel salsicciotto maleodorante ma dall'aria simpatica. Debbo dire che quando mi ci metto ho delle idee geniali anzichenò. Ci son tre o quattro gatti che mi passeggiano sotto casa miagolando a pieni polmoni. Io odio i gatti. E odio che mi bivacchino lasciando peli e schizzi sullo scooter che tra l'altro è un signor Scooter e io, a volte, ancora mi emoziono a salirci sopra. Dopo aver atteso che omar l'egiziano lasciasse la panchina e pissi la cagna facesse i bisogni, con tutta la noscialans che mi contraddistingue ho tirato il gran pezzo di mortadella dalla finestra cercando di colpire i randagi. I gatti hanno fatto un balzo di tre metri in quattro diverse direzioni. Poi con aria felina (son gatti, fanno il loro mestiere) si sono avvicinati e hanno cominciato ad annusare quel gran tocco di mortadella appena un filino stagionato. Sdegnati, se ne sono andati con aria schifata, credo abbiano anche esclamato qualcosa ma non ho sentito bene chè con l'età l'udito comincia a perdere i colpi. Ho pensato, tra me e me: vedrai che qualche cane ora s'avvicina e si mangia il salsicciotto. Macchè, cani e gatti randagi del quartiere mangiano meglio di me. Il salsicciotto di mortadella è lì da tre giorni. La sera lo saluto prima di dormire e la mattina gli offro anche del caffè. L'hanno rimasto solo, come Gassman ne I soliti Ignoti. Stamattina la svolta: s'è avvicinato un merlo. Ha aperto il becco e s'è caricato il malloppo. E' volato via, quel gran pezzo di mortadella. E chi se lo sarebbe aspettato!

Saturday, June 05, 2004

...morto un Troisi non se ne fa un altro...

Non so cosa teneva "dint'a capa",
intelligente, generoso, scaltro,
per lui non vale il detto che è del Papa,
morto un Troisi non se ne fa un altro.
Morto Troisi muore la segreta
arte di quella dolce tarantella,
ciò che Moravia disse del Poeta
io lo ridico per un Pulcinella.
La gioia di bagnarsi in quel diluvio
di "jamm, o' saccio, 'naggia, oilloc, azz!"
era come parlare col Vesuvio, era come ascoltare del buon Jazz.
"Non si capisce", urlavano sicuri,
"questo Troisi se ne resti al Sud!"
Adesso lo capiscono i canguri,
gli Indiani e i miliardari di Holliwood!
Con lui ho capito tutta la bellezza
di Napoli, la gente, il suo destino,
e non m'ha mai parlato della pizza,
e non m'ha mai suonato il mandolino.
O Massimino io ti tengo in serbo
fra ciò che il mondo dona di più caro,
ha fatto più miracoli il tuo verbo
di quello dell'amato San Gennaro. Benigni

Friday, June 04, 2004

una risata vi seppellirà. se avete senso dell'umorismo, però!

è morto Manfredi. e voglio essere retorica e pure banale. è morto Manfredi e solo a guardar i tiggì ho i brividi che m'alzano tutti in piedi i peli delle braccia. è morto Manfredi e solo a rivedere quegli spezzoni dei suoi film non può che venirmi un groppo in gola che poi ricaccio dentro ma sempre di groppo trattasi. è morto Manfredi e con lui se ne vanno i grandi Vecchi; se ne va l'italia dei nostri genitori e dei nostri nonni, l'Italia della stretta di mano, dell'arte dell'arrangio e della pacca sulla spalla. è morto Manfredi e ho paura. è come se dopo di lui, l'ultimo di una grande generazione, se ne sia andata per sempre quell'Umanità che ci ha contraddistinto negli anni del dopoguerra. è morto Manfredi e mi sento in balia. di chi? di quegli schifosi che oggi inneggiano, tra balli e canti, a dieci, cento, mille nassirie. in balia di chi? di un'italietta da quattro soldi e per di più a rate. in balia di chi? di un fallito annoiato che tornando dalla discoteca mi taglia la strada e mi fa finire in coma. di chi ancora? dell'indifferenza, della cattiveria, della furbizia, dello iuppismo, dello squalismo e dello psicanalismo d'accatto. in balia di chi? di quelli che ridicolizzano uno che si dichiara gay e si presenta alle elezioni. o di quelli che si permettono di satireggiare sulla voce fiacca e rauca di un bossi che, a marcia indietro, è tornato alla vita uscendo da un tunnel nero. in balia di chi? di chi passa sopra i cadaveri col naso tappato per non sentire l'odore di rancido. in balia di chi? di una solidarietà effimera che si fa sentire solo se c'è un tornaconto e se non c'è, mors tua e vita mea. in balia di chi, ancora? di tutti quei ragazzi che incontro e che neanche buongiorno o buonasera. di tutti quelli che ti tagliano la strada e hanno pure ragione. di chi ti butta via perché non servi più, se mai sei servito. di tutti quelli che si mettono la divisa arcobaleno della pace per coprire la loro sporca anima nera. in balia di chi vive di compromessi. di chi vive a scrocco. di chi vive di prepotenza. di chi vive la vita come fosse una soap opera. di chi fa i finti scoop. di chi allontana il dolore perchè è solo una lagna. e di chi critica il sistema con la bava alla bocca solo perché ne è fuori. è morto Manfredi e non so se è un bene per lui, chè ormai se vuoi male a qualcuno devi augurargli solo che la vita. e allora vita sia, per tutti!

Wednesday, June 02, 2004

Volevo mettere la tua foto ma ho il portatile semi-sfasciato.

ho gli occhi lucidi come quando vinco due euro e mezzo alle slot machine. ho gli occhi lucidi guardando la tua foto. ho gli occhi lucidi guardando te, tu tra le tue macchine tutte imbellettate per l'occasione che fanno da ponte energetico tra te e tutti noi. ho gli occhi lucidi come quando vedo la faccia da bambina di mia madre entusiasta della vita. ho gli occhi lucidi come quando vedo mio padre che si commuove ancora. ho gli occhi lucidi perché amo chi si sfida e ce la mette tutta nel realizzare i propri sogni. ho gli occhi lucidi perché ho sognato una bimba bionda alla quale volevo un mondo di bene e perché ho sognato che vincevo le olimpiadi di nuoto. ho gli occhi lucidi perché hai spalancato i tuoi cassetti e ne hai fatto uscire tutte le emozioni racchiuse dentro. ho gli occhi lucidi perché poi alla fine la vita è bella e ci sono tante persone belle malgrado le compratrici di mozzarelle e chi l'accompagna. ho gli occhi lucidi perchè ti vedo là con la tua aria buona e felice tra le tue macchine imbellettate per l'occasione. ho gli occhi lucidi. sarà la congiuntivite o un colpo d'aria?

si sposeranno mai ilari e totti?

sai qual è il problema, bambina mia? c'è che il dolore altrui fa scappare tutti alla velocità della luce. c'è che siam tutti bravi a parlare a parlare e oggi anche a scrivere e scrivere ma poi alla fine non siamo in grado di aiutare nessuno. c'è che quando vedi uno che piange dentro o fuori che sia non sai che pesci prendere e oltre le solite frasi fatte non sei in grado di dire niente. e non sei in grado di fare niente, per giunta. c'è che è più facile aiutare a distanza. scaricarci la nostra schifosa coscienza col negretto all'altro capo del mondo che non occuparci di zi' peppino che non arriva alla fine del mese con la sua misera pensione o di zi' maria che va in chiesa per non sentirsi sola. c'è che se tu sei così generosamente generosa è perché sei unica. rara. sei tu. e basta. conosco una. l'ho aiutata. e dio o un suo surrogato sanno quanto. così, senza scopo, perché una mano non si nega mai. mi ha trovato piangente, un giorno. le solite frasi fatte. le solite banalità che non servono a niente se non ad allontanarci più di quanto siamo già distanti. mi ha detto che doveva andar via. doveva comprar mozzarelle. son rimasta là, da sola. ancora una volta. con le mie lacrime perennemente abortite e quelle mozzarelle in testa. quello che ci frega a noi due, vuoi sapere cos'è? l'aspettativa. parli di gesù, gei-up per gli amici, non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te stesso che poi, se rigiri la frase, diventa: fa' agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. il bene che facciamo, ci aspettiamo torni indietro come un boomerang lanciato nel cielo azzurro. ma il bene, purtroppo, è una variante impazzita che torna quando gli pare. e a volte non torna mai. quando sono in pace con me stessa, quasi mai in questi giorni, mi dico: l'importante è aver seminato. quando mi rode e di brutto mando maledizioni a destra e a manca. peccato che il mio bene arriva. le maledizioni no. so che stanno tutti bene, i miei sfruttatori d'anima! sai qual è il problema, bambina mia? è che sei unica, rara, un pozzo infinito da cui attingere, succhiare e sfruttare quanto più sia possibile. non credo che il tuo pozzo si prosciugherà mai. la chiami maledizione, tu. una benedizione, io. non vorrei avere un'unghia della compratrice di mozzarelle o di chi la frequenta assiduamente. non vorrei avere niente di chi si riempie la bocca di parole ma ha il cuore secco come la più arida delle terre. non vorrei avere né il loro pelo sul cuore né la loro furbizia manipolatrice. preferisco esser come sono. preferisco che tu sia come sei. una magra consolazione? no. solo la vita. la nostra.