Thursday, February 24, 2011

singapore #8

qui la termoregolazione corporea non sta scritta neanche sul vocabolario cinese. ti sparano 'ste arie condizionate da far impallidire i pinguini e rabbrividire gli orsi che se ne stanno al caldo dello zoo ben contenti di non dover andare in metropolitana.
esci di casa e già nell'ascensore ti becchi le placche; dall'ascensore passi alla metro e il minimo che puoi prenderti è la bronchite. dalla metro passi ai centri commerciali e così dalla bronchite passi al rigor mortis.
sai quelle belle sudate di roma che entri nella macchina bollente e butti giù quei sette otto etti d'acqua?
bè, è impossibile farle. io non sudo dal 31 dicembre o giù di lì. e così pur odiando la palestra, mi constringo a ore e ore di tapis roulant: ma il risultato è nullo visto che anche in palestra l'aria condizionata è tarata sui meno non so quanti gradi.
ormai trattengo così tanta acqua che potrei abbeverare mezza africa. l'altra metà non so.

Saturday, February 19, 2011

le città invisibili

se ti dico che la citta’ cui tende il mio viaggio e’ discontinua nello spazio e nel tempo, ora piu’ rada ora piu’ densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla. italo calvino

Friday, February 11, 2011

singapore #7

la metro di singapore è un posto da passarci la vita, se non fosse che l'aria condizionata è perennemente sul meno non so quanti gradi e in alaska nei periodi rigidi fa più caldo. in ogni caso nei lunghi o brevi tragitti che accompagnano le mie giornate, qualche volta (sempre) dò una sbirciatina qua e là tanto per mantenere vivo lo sguardo miope e esercitare i neuroni in qualche volo pindarico a paracadute aperto.
la prima cosa che balza agli occhi è che questa città non ha una propria indentità e te ne accorgi proprio quando sei in metro con le persone più disparate per contorno e tu che, se chiudi gli occhi, potresti sentirti in america o in una qualche cittadina sperduta dell'india o in una metropoli giapponese o cinese ma che ne so. intorno a te un miscuglio di razze come quando regali i fiori a qualcuno e dal fioraio assortisci alla bell'e meglio qualche gerbera colorata, un po' di margherite che fanno sempre la loro porca figura, qualche rosa sempre in numero dispari, una manciata di fiori di campo che hanno quel non so che di radical chic e un po' di quei micro fiorellini bianchi per adornare il tuo bel bouquet di persone strampalate.
ci sono però delle cose che un po' accomunano tutti: i ragazzi per esempio hanno tutti mani femminili con unghie curatissime e lunghe senza pellicine stracciate come le mie, ma come fossero appena usciti dall'estetista; le loro mani sono magre, morbide, con dita affusolate su cui troneggiano questa unghie da pubblicità. le donne indiane col sari portano tutte molto oro; qui l'oro ha un colore diverso dal nostro: è molto più giallo che sembra quasi finto. e luminoso. dicono abbia qualche carato in più, mi pare d'aver capito in un dialogo fatto di gesti tra il mio inglese povero e il loro inglese scrauso. gli uomini indiani invece vestono in maniera occidentale, pur portando sempre il pallino rosso sul sesto chakra. e allora vedi queste coppie buffissime con lei antica e lui moderno e non sai chi dei due sia fuori vignetta.
tutti hanno l'iphone. e quando dico tutti, non esagero. l'ho comprato usato pure io che lo desideravo da quando steve jobs doveva ancora pensare l'idea.
qui ci ascoltano la musica, ma i più ci giocano; le ragazze invece ci vedono delle soap opera che beautiful al confronto è un film di truffaut.
da italiana, che insomma almeno alla bellezza noi italiani siamo abituati anzi quasi assuefatti, posso dire che vestono tutti molto male; i gusti delle scarpe poi sono orribili: sembra che dal cielo si sia riversata una pioggia di scarpe tra le più assurde, robe che noi indossavamo mille anni fa o non abbiamo mai portato: mocassini a punta larga, stretta, quadrata, allungata, le ballerine più astruse che se le vede carla fracci, espadrillas colorate, a pois senza zebra, a righe come la juve, scarpe da ginnastica vetuste, col tacco, da calcetto, coi lacci, senza lacci ma con le fibie, le crocs in ogni salsa, le infradito con ogni stile e geometria.
e come ciliegina sulla torta: la borsa gucci, vera o no, a testimoniare che anche in oriente si ha gusto.
ma il massimo comun denominatore o minimo comune multiplo che non ho mai capito la differenza, è che sui mezzi pubblici (metro, autobus, boat per andare nelle isolette qui intorno) tutti quelli seduti dormono. a qualsiasi ora del giorno, la gente seduta dorme, ronfa, russa, s'appisola, insomma si fa una pennichella.
ho ripensato a roma, alla metro A o B e alla possibilità di addormentarsi in metro e risvegliarsi senza più stanchezza ma anche senza più portafogli, se ti va bene.

Thursday, February 10, 2011

peccato per favino, un grande attore

m'è capitato di vedere "baciami ancora" di muccino. ho sentito la terribile mancanza degli stacchi pubblicitari.

Monday, February 07, 2011

42

cercando di ricucire, ago e filo, i buchi neri dell'universo dentro.

Wednesday, February 02, 2011

da "Un indovino mi disse" di tiziano terzani

"I primi singaporiani che vidi dal treno erano come quelli di una volta: ciabatte di plastica, calzoncini neri e maglietta bianca, esattamente come il protagonista di una delle prime storie che sentii quando ci venni a vivere nel 1971. Un medico aveva, fra i suoi pazienti, un vecchio cosi', semplice e dimesso, che gli si sedeva nella sala d'aspetto con i piedi sulla poltrona e la maglietta arrotolata sulla pancia. Il medico, pensando che fosse un poveraccio, lo faceva pagare meno degli altri e a volte gli risparmiava addirittura il conto, finche' un giorno l'infermiera, guardando giu' dalla finestra, non vide quel vecchio salire su una Mercedes con autista che lo aspettava. Era l'uomo che controllava il commercio del riso in tutta la citta'.

Per me quel vecchio rimane l'epitome del cinese della diaspora: sicuro di se' ma poco appariscente, potente ma ritirato e modesto per tema di ingelosire gli dei o i governanti. A quel modo ne sono rimasti pochissimi. I cinesi delle nuove generazioni hanno solo paura di non essere presi per ricchi e si mettono addosso tutto quello che da' loro sicurezza e - credono - rispettabilita'..."

riconoscere la vita in ogni respiro..