Monday, December 12, 2005

Ritorno al passato.

non ci crederai mai ma stanotte un "vroooooooooooooooommmmm" lungo e ripetuto m'ha svegliato in piena notte. cose da non augurare a nessuno neanche a quella lontana parente zitella che porta jella e che ogni volta che passa si rompe qualcosa a casa e si spengono le luci a intermittenza come al luna park. ho acceso l'abat-jour in preda al panico scervellandomi su quel rumore e analizzando in pochi nani secondi tutto quello che poteva produrlo: ho pensato prima alla vicina che russa peggio di mio padre e che tossisce come un tubercoloso per tutta la notte e che forse tra un accesso e l'altro di tosse stava tirando gli ultimi, poi al maremoto chè di questi tempi tra alluvioni e mareggiate non c'è da star tranquilli neanche al settimo piano e per finire un leggero senso d'angoscia m'ha trapassato il cuore anche per via della guerra giacchè ieri m'ero sparata sette ore di documentari sull'undici settembre che la sera non riuscivo più a prender sonno non so se per gli attentati o per l'etto e mezzo di pasta e broccoli mangiato a cena. ho aspettato qualche secondo e spengendo la luce mi sono detta che la sera devo mangiare più leggero e che quella fetta di mont blanc forse era di troppo. come una pupetta mi sono avvoltolata su me stessa cercando calore nel piumone di vera oca televisiva che quando lo tocchi ti dice le capitali europee e ti canta "uh la la uh la la uh la la la vieni a giocare vinci con noi". dopo circa tre secondi di tepore riesco a prender sonno ma un nuovo "vroooooooooommmmmm" ancora più forte s'impossessa della mia stanza, del corridoio per passare al bagno e per uscire dalla porta chiusa con tra mandate tre per via dei ladri e degli zingari. mi spavento e con sangue freddo, come il peggiore dei serpenti a sonagli o era a pendagli ora non ricordo, impugno il coltellino modello giocattolo che tengo sul comodino per i maleintenzionati, accendo la luce e mi guardo intorno con aria circospetta tipo clint istvud con la sua 44 magnum algida. nel frattempo sento la vicina che tutta scocciata mi urla: "doooorme!!!!". mi alzo in piedi e un lontano vocìo assale tutta la stanza. mi accerto di non aver lasciato la televisone accesa in salone. guardandomi alle spalle, a piedi scalzi che oggi ho anche una leggera raucedine e con passo felpato come i gatti sui tetti che scottano mi addentro nei meandri della casa buia, accendo più luci possibili tanto per far capire che non sono da sola (questa non l'ho capita!) e mi guardo a destra e a sinistra come ho più volte visto fare a claudia pandolfi e a richy menphis in distretto di polizia. arrivo finalmente in salone e noto con grande disappunto che la tivvù si sta schiacciando i "mejo" sonni e che tra l'altro sbuffa anche un po' ritenedosi invasa nella sua privacy. lascio in pace la tivvù e cerco di seguire quel vociare lontano che mi porta di nuovo in camera da letto: "oh, ma si figuri", esclama una voce tutta impettita. un tocco delicato di chiatarra accompagna un coro di persone: "partono i bastimenti per terre assai lontane...e suonano... ma le mani tremano sulle corde...quanti ricordi, ahimè, quanti ricordi!" la canzone viene interrotta subito da una voce che con tono imperioso esclama: "voi della terza classe tutti sul ponte!"
pensando di essere nel mezzo di un sogno accendo il cellulare e chiamo sull'altro numero. così in piena notte pupa tim ha chiamato pupa wind e il telefono s'è messo a squillare facendo un baccano infernale poichè per la wind uso quella suoneria tipo carnevale di rio. "doooorme!!!!" ha esclamato di nuovo la vicina catarrosa che ha iniziato anche a rantolare. "i passeggeri della prima classe si preparino a sbarcare sul ponte diciassette", ho sentito poi urlare da una voce al megafono. "tutti i possessori del libro rosso- ha continuato la voce al megafono- si radunino sul ponte sotto coperta". ho pensato di chiamare la polizia ma mi sono messa a passare in rassegna tutte le persone che potessero essere sveglie a quell'ora. m'è venuta in mente mia madre, l'unica sveglia nella notte e l'unica in grado di capire queste stranezze. non ho fatto in tempo a comporre il numero che un nuovo "vrooooooooommmmmmmmm" prolungato m'ha trapanato le orecchie che ora ho due buchi in più per lato.
all'improvviso da una parte piccola e oscura del cervello geniale che ognuno possiede m'arriva l'insight, l'illuminazione: guardo di fronte al letto e vedo che il quadro di ikea, quello che rappresenta una scena di un porto in bianco e nero negli anni venti, ha incominciato a muoversi neanche fosse la televisione. mi metto a osservare così i comingnoli che mandano fumo, la nave che s'avvicina al porto, la gente che si muove sui moli, tutto un gran baccano e gran frastuono, gente che va e gente che viene, macchine d'epoca e bombette e frack. m'avvicino alla stampa così per curiosità e per cercare di capire meglio e vengo risucchiata dal quadro come se stessi trapassando un buco nero che lo dice pure margherita hack che ci sono i salti temporali e i vuoti di memoria.

cara matre, ti scrivo da ellis island. dicono che devo aspettare qui quaranta giorni per via che non so l'inglese: pensano che io sia analfabeta 'sti ignoranti. ho provato a spiegargli che ho fatto tutte le scuole con la mazzalupi, che da clara vinco sempre allo strip poker e che ho visto sei volte un Americano a roma tanto che conosco tutte le battute a memoria "all right all right, yankee doodle day e what's american boy".
cara matre, farò natale qui: se puoi, mandami dei calzettoni spessi, le maglie di lana a collo alto, una scoppola nera e un mandolino che pare che qui vadano per la maggiore!

Wednesday, December 07, 2005

A volte ritornano.

una volta avevo un cane. l'ho mollato sull'autostrada un venerdi quattordici agosto sotto un sole cocente e cercando di fare in fretta per non prendermi l'insolazione. oggi ho uno stagista, qui al lavoro. il cane l'avevo comprato: un milione di lire del vecchio conio. lo stagista credo sia spuntato dal nulla. forse fa parte di quei programmi demagoci preelettorali per la formazione dei giovani, organizzati dalla regione. lo stagista ha un nome, come il cane aveva un nome. viene da una scuola di periferia e mi ha portato un foglio con su scritta la richiesta di lavorare con me autografata dal professore di disegno e dalla professoressa di musica. dopo aver imprecato per qualche secondo, ho fatto un giro di chiamate: il preside della sua scuola per chiedere delucidazioni, la mia commercialista per accertarmi che non ci fossero conseguenze fiscali, il mio dottore per farmi prescrivere l'ecografia alla bile per via di certa sabbia che mi riporto da un vecchio viaggio nel sahara e, già che c'ero, anche la bidella della mia scuola elementare che era tanto che non la sentivo; tutti concordi: mi devo tenere lo stagista; lo devo tenere qui fino al diciotto febbraio.
è antipatico, lo stagista. pesci ascendente cancro: un muso lungo e un fare da vecchio matusalemme; si sveglia solo quando gli parli di motori e di canale cinque. non fa battute, non parla, non segue i miei innumerevoli exploit umoristici, non lavora e si porta sempre dietro la sua ragazza che perlomeno è simpatica (è dell'acquario). non so comandare, io. non so chiedere chè mi scoccia chiedere. non so impartire ordini perchè credo che se faccio da sola faccio prima e meglio. lo so, sono piena di difetti, ma lo stagista fresco di scuola e di muso non lo meritavo proprio: deve essere a causa della legge del contrappasso per aver mollato il cane, lo so, lo sento. qualche giorno addietro ho provato a prendere il discorso alla lontana, con lo stagista: gli ho detto che nella vita il lavoro nobilita l'uomo (non ci credevo neanche io, così non sono stata molto convincente), che nella vita bisogna far tutto e non bisogna spaventarsi di fronte a niente, gli ho aggiunto anche, con fare maturo, che una volta i giovani avevano più rispetto per gli adulti e non se ne stavano a poltrire nelle università sfoggiando questo o quel paio di jeans abilmente sdruciti. mi sono sentita tanto una di quelle persone che avevo sermpre criticato, che fanno discorsi da vecchi scollati dalla realtà, che portano occhiali bifocali e i capelli azzurrini, hanno il fiato corto e che sa d'aglio e le mani rugose. non ha recepito lo stagista. continua a dormire in piedi. continua a scroccarmi internet che mi toccherà anche far sparire, mangiandolo, questo blog per paura che lo legga. continua a dire che questo non è il lavoro per lui e che parteciperà alle selezioni del grande fratello parte sesta perchè vuole diventare come taricone, sposarsi una rumena, farci un figliolo bicolore e andare da maria de filippi per incontrare valentino tocco. gli ho detto che conosco una rumena che fa la parrucchiera ed è una brava ragazza. non ha gradito. neanche la sua ragazza.
una volta avevo un cane e questo è quello che mi merito: lo stagista. ora mi trovo che lavoro per lui, che rispondo al telefono perchè lo cerca sempre qualcuno, che gli compro il panino per il pranzo e lui storce anche il naso. stamattina sono arrivata in ritardo chè la metro era strapiena. m'ha tenuto il muso tutta la mattina e mi ha fatto chiamare dalla madre la quale ci ha tenuto a precisare che devo esser più puntuale, svegliarmi prima la mattina e curargli la dieta giacchè la mortadella tutti i giorni non la digerisce. una volta avevo un cane. non rimpiango di averlo lasciato sull'autostrada: forse dovevo rimanerci anch'io!

Monday, November 28, 2005

a mia madre.

la gente che va. mi piace guardare la gente che va. l'osservo e commento. la scruto ed esploro. l'analizzo e mi soffermo. costruisco case, vite, amanti, amici, luoghi e castelli, stagioni e condizioni sociali; come un muratore provetto edifico città, musei, palazzi, appartamenti da due, da tre, da quattro stanze che m'importa tanto è tutto frutto dell'immaginazione. la gente che va. mi piace guardare la gente che va. ehì tu, si proprio tu: mettiti a destra, ora prendila per mano, ora baciala. manca solo la scritta rosa shocking a luci intermittenti "...e vissero felici e contenti". stop al pensiero, passiamo a te con quell'aria spaurita: chissà, chissà che ti frulla in quella testa, il lavoro, la casa, la tua donna, o tua mamma che ti rompe continuamente i timpani; e tuo padre? forse non c'è più? e tu con quell'aria gioiosa? hai avuto la parte? hai dato un'esame, dichiarato il tuo amore, comprato il tuo ciddì preferito o solo che per oggi hai la luna giusta nel posto giusto? la gente che va. mi piace guardare la gente che va. tutti che corrono, tutti che arrancano, tutti racchiusi in autovetture colorate a volte nuovissime a volte vecchissime; chi apre lo sportello e non pensa alle conseguenze, chi lo richiude, ingrana la marcia e corre via veloce. mi spiace per te che hai gli occhi così lucidi: mi fai pensare al peggio. e tu, così imbecille, che mi blocchi la strada: cos'è, tua moglie ti mette le corna e te la prendi con me che non c'entro niente? la gente che va. mi piace guardare la gente che va. nessuno si ferma. nessuno ti guarda. invisibile agli occhi ma presente a me stessa. ehì tu, attento con quel motorino: dove hai la testa. sai che una volta son caduta anch'io e anzichè preoccuparmi di me pensavo ad una lente dell'occhiale da miope. cavolo quant'ho penato per quella lente da due lire due. la gente che va. mi piace guardare le gente che va. lui che arranca pensando al suo tumore all'orecchio. lei che gli va dietro e lo strilla cercando nell'urlo un modo per farlo reagire. mi si stringe il cuore e cambio canale mentale: e penso al mare e al suo potere e alla mia vita in precario in equilibrio che va avanti oggi su un piede oggi sull'altro. la gente che va. mi piace guardare la gente che va. madonna che faccia che hai di primo mattino: è duro il lavoro, eh? ognuno con la sua storia vive il suo copione e io che nella mia testa riscrivo battute all'occasione. quello è addormentato da una vita e guarda caso si sveglia proprio ora che devo passargli avanti: sarà che odia le donne o è solo perchè ha una fretta del diavolo. ehì tu guarda che sto attraversando, a cosa pensi? la gente che va. mi piace guardare la gente che va. quella signora deve essere una gran dama, ha le unghie tutte lustre e la faccia imbellettata ma gli occhi tristi d'un cane abbandonato: forse è per il marito mancato da poco o solo perchè la sua vita è un ricordo ma il ricordo non fa più parte della sua vita. la gente che va. mi piace guardare la gente che va. ma a guardarvi bene tutti poi mi intristico che tutte le storie finiscono male. e vorrei che il sole che a volte risplende prepotente nel cielo sorrida nei cuori. e che l'entusiasmo che mi ribolle nel sangue non venga scambiato per puro apparire. e che la parola "parola" ritorni a pesare e non rimanga a dieta ancora per molto. la gente che va. mi piace guardare le gente che va. e a quella signora lì, malgrado la speranza l'abbia abbandonata, voglio riscriverle la storia e dipingergliela di rosa come quei tramonti che le piaccion tanto e farle vedere che c'è altra gente che va. e che a guardare la gente che va ci si dimentica a volte della propria vita che non va. più. avanti.

Tuesday, November 22, 2005

Italiani brava gente.

scusa, cara, ma oggi sono proprio impicciata: devo sbrigarmi assolutamente o è sicuro che non farò in tempo. no, tesoro, non devo andare a prendere mio figlio fuori dall'asilo prima che lo faccia qualche pedofilo al posto mio: oggi è a casa con la badante di mia madre, quella etiope che prende più di me. no, cara, non devo neanche correre dal dentista per quell'otturazione risalente al mesozoico fatta con quella bella polpa di erbe aromatiche e i chiodini di garofano che si usavan ai tempi di craxi. no, tranquilla, alla posta ci sono stata ieri durante l'orario d'ufficio: ho pagato l'ultima rata della tivvù al plasma che ho comprato sei anni fa e che ora, porca l'oca, dovrei cambiare visto che è uscito il modello nuovo a seimiliardivirgolauno di pixel che, come sai, sono dei pallini che circolano dentro lo schermo e ti sembra di vedere la realtà così com'è. ah sì, scusa, non mi ricordavo che tu sei miope.
no, a che stai pensando, tesoro; sei sempre così maliziosa: non devo ritornare da quel mio amico, quello molto speciale, che ogni volta che gli faccio l'occhiolino mi toglie una multa e mi accumula punti sulla patente tanto che ora ne ho quasi sessantasei e potrei anche passare con tutti i semafori rossi da qui a milano casello casello. no, tesò, non devo neanche andare a fare la fila alla piscina comunale per iscrivere mio figlio, quello grande. il dottore della usl, lo sai no, gli ha diagnosticato la scoliosi a placche e deve fare dello sport oltre che guardare per ore la televisione e giocare ai giochetti. sai, con tutto quel peso che porta nella cartella, quello poverino mi si ingobbisce. bah, dice il professore che è il peso della cultura, ma a me sembra che sia sempre il solito somaro. no no, ci vado domani dal dietologo dopo che ho fatto la spesa. dice che al nuovo panorama hanno messo tutte le cose kinder in offerta e voglio proprio fare una grande scorta. cosa dici? il vaccino? e come se non l'abbiamo già fatto: ci siamo passati l'influenza uno dopo l'altro che il criceto ha avuto quasi trentanove e due.
scusa, cara, ma ora devo proprio scappare: sai ho il numero sessantanove al processo alla franzoni. m'ha mandato ora un messaggino il portiere che dice che sono arrivati al sessanta e che la franzoni ha appena finito di piangere e che è diventata una botte, che il marito si è acceso una sigaretta e che la sorella quella piccola sta mangiando una ciccingomma. a domani, tesò, così ti racconto tutto e ci facciamo due risate.

Monday, November 14, 2005

L'omino delle serrande s'è fatto l'aiutante.

il più delle volte mi sento inadeguata. sento che non appartengo a nessun posto e che nessun posto mi calza a pennello come quel bel paio di calzoni che porto da una decina d'anni. ogni tanto cerco di vedermi da fuori e sinceramente mi vedo atipica, un po' stupida nelle mie innumerevoli battute. a giorni immatura. non ho una buona visione di me anche se inforco gli occhiali da vista. e anche dopo quel bel corso sull'autostima, ho più cura del mio ulivo sul balcone che della mia vita. mi mostro spavalda per non sembrare impaurita. a volte combattiva per non mostrare il fianco. spesso simpatica per non lasciare intravedere il morto appeso e puteolento che mi porto dentro. contenta anche se dentro piango. forte anche se ho paura e tremo dalla punta dei capelli fino ai peli superflui quelli con non vanno via con le cerette ma estirpando direttamente i bulbi dalla carne. positiva anche se vedo il nero tetro senza neanche un'ombra sfumatura tendente al bianco.è una lotta continua tra l' essere e l' apparire. e per cercare di non appesantire le vite altrui mi sforzo sempre di apparire e poco di essere. che vuol dire questo? che non sono? è difficile farsi accettare. ancor di più accettarsi per chi ha amor proprio. tirando le somme come una brava ragioniera o come la signora maria che fa i conti della serva non ho un buon rapporto con me stessa. direi che la comunicazione tra me e me avviene a momenti alterni. in certi giorni, come oggi, mi ignoro addirittura. con un fare passivo come un operaio in fabbrica di fronte all'ennesimo pezzo da assemblare mi vesto senza chiedermi neanche il parere: i soliti jeans che so che col mio Io vado sul sicuro; la felpa sdrucita marcata america e le scarpe da ginnastica rialzate che danno slancio: magari non alla vita ma sicuro che snelliscono la figura! non mi guardo spesso allo specchio e se ci butto l' occhio distrattamente faccio finta di non riconoscermi. non è facile sopportarsi: è già difficile la convivenza con uno sconosciuto, figuriamoci con noi stessi che ci tolleriamo dall'età della ragione, qualcuno addirittura dalla vita precedente: tutti che parlano e nessuno che dice le cose come stanno veramente. a volte vorrei uscirmene dal corpo e lasciar fluire la mente non so dove. andarmene in giro senza meta. vagare nell'aria così alla ventura magari solo per vedere tutto questo putiferio dall'alto. fluttuare come un pesce. a proposito il pesce fluttua? passano gli anni e mi sento inadeguata e anche ignorante. lo so, è un post depresso di quelli che abbassano il morale come quando in tivvù vedi la lecciso che canta e "abballa" o la elmi che diventa anoressica per due lire di notorietà. facciamo così: chi gli va lo legga. chi non gli va, no. io passo.

Monday, November 07, 2005

Dolcetto o scherzetto?

in famiglia siamo persone alla buona, di quelle persone che quando suona il citofono o suonano alla porta è come se sentissimo le sirene dell'allarme durante la guerra e l'adrenalina ci entra in circolo come dopo i cento metri in nove e nove diciotto. siamo così positivi che al drin prolungato di chicchessia la nostra testa entra nel pallone e ci aspettiamo subito l'annuncio della morte di un parente stretto o i testimoni di geova o l'ufficiale giudiziario che viene a pignorarci i pezzi forti della casa, tipo quello scrittoio ex novo finto decò o l'enciclopedia dei quindici dal primo all'ultimo compreso il quindici.
da qualche anno in aggiunta a tante boiate come il santo natale, la pasqua della resurrezione, la festa della repubblica che non ci crede più nessuno, la festa della mamma meno che la franzoni e del papà non pedofilo, si è aggiunta anche l'ennesima truffa consumistica proveniente dall'america: la festa di halloween. ero a casa qualche sera fa, come tutte le sere del resto. in tarda serata, verso le nove, suonano alla porta che pupo stava per aprire il pacco finale e la scelta ardua e faticosa era tra un ciddì autografato di carmine zappulla e cinquecentomila euro. al primo drin ho fatto finta di niente, ma al secondo anche più prolungato ho deciso di fare qualcosa anche perchè il notaio della trasmissione si stava già spazientendo. con passo felpato e muovendomi più lentamente del bradipo dell'africa lontana mi sono avvicinata alla porta. per non saper nè leggere nè scrivere ho prima abbassato di colpo la tivvù e poi ho smesso di respirare. pian pianino dopo circa trentasei minuti dalla seconda scampanellata sono arrivata in vista della porta inciampando però prima nella cinta dello zaino che mi ha portato ad incollarmi violentemente la sedia a dondolo che ha incominciato a dondolare e dondolando ha schiacciato la custodia dei ciddì che dovevo masterizzare e il cui CRONCH è stato più forte del cronch del tronchi. a quel punto la terza scampanellata che nella tensione del momento mi ha fatto balzare di tre passi in avanti senza neanche passare dal via o finire in prigione per un giro. ho provato a scrutare dall'occhiolino e la prima sorpresa: tre nani sardi col cappello che sembravano i pastori del presepe. con voce ferma e sicura come quella di romina power quando canta felicità ho esclamato: "chi è?" "siamo bambini" mi hanno risposto tre vocine piccole e tenere. "non ci credo, siete nani sardi!" ho risposto con aria sospettosa e circospetta. "no, signora. siamo bambini mascherati perchè oggi è dolcetto o scherzetto", mi hanno detto loro pieni d'aspettativa. alla parola "dolcetto" il mio cervello alla velocità macpitre fratta maggiore di uno ha fiutato l'affare e, come il cane con pavlov, ho sentito in bocca una certa acquolina che mi preannunciava ogni prelibatezza. "contrattiamo- ho gridato dal di qua della porta- che cosa avete portato?" i bambini, credo gli unici bambini ingenui nel raggio di cento chilometri, a quella strana richiesta m'hanno elencato il contenuto della loro sporta: "i ferrero rocher, i kinderini, un litro di latte ad alta tensione, tre bignè, una stecca di cioccolata di maggio 2003 e due pacchetti di big babol al gusto frutta sciroppata". ho spalancato la porta con tale gioia che non ricordavo di provare da quando vinsi diecimilalire al mercante in fiera e ci siamo seduti tutti e quattro al tavolo delle trattative. ho proposto loro una bottiglia di vov del 1982, grande annata dice la guida miscelèn. han declinato l'offerta dicendo che non bevono alcolici: strano. ho proposto loro con tutto un panegirico che mi son fatta i complimenti da sola anche quel bel gelato limone e fragola che è nel freezer dal giugno del '78; ma anche col gelato han storto il naso. a quel punto ho tirato fuori i pezzi forti: due bei fiori colorati i cui petali erano fatti da confetti. al cioccolato, ho sottolienato con aria ammiccante. debbo dire che con i fiori li ho stesi: sono riuscita a portargli via tutti i kinderini, un bignè e un pacchetto di gomme. ci siamo salutati che masticavamo ognuno le proprie cose. "all'anno prossimo- ho detto loro- mi piace fare affari con voi".

Strategie editoriali.

gentile direttore di panorama,
sto facendo la collezione delle puntate di er medici in prima linea che vendete ogni settimana in allegato al vostro giornale. però con panorama nella stessa settimana escono in dvd film che mi piacerebbe acquistare (per esempio la scorsa settimana vendevate BigFish). girando per vari giornalai più di un edicolante mi ha detto che i dvd slegati dal giornale non possono essere messi in vendita ma debbono essere venduti solo se abbinati alla copia.
ora capisco che voi vogliate far innalzare le vendite del vostro giornale ma possibile che io per avere le puntate di Er, il Gladiatore, BigFish e il film con jonnhy depp, debba ritrovarmi per casa la stessa copia?
le scrivo questo a nome dei miei due ulivi sul balcone che in atto di protesta hanno smesso persino di parlarmi!

Wednesday, October 05, 2005

Senza titolo chè devo andà a casa.

quest'anno sto accogliendo l'inverno con molta più serenità. di solito odio i cambiamenti di stagione, odio i primi freddi che non ti copri con niente, odio le piogge torrenziali e le coperte che le tiri da una parte e ti scoprono dall'altra, odio i piedi che non si scaldano come dovrebbero e le mani modello rigor mortis malgrado io sia ancora viva. vedo che quest'anno invece le cose vanno molto meglio per me. mi sveglio il lunedi che sono carica e già pronta per scattare fuori dal letto; mi sveglio il lunedi e non blatero più qualcosa circa l'odio verso il lunedi. mi desto di scatto battendo anche la sveglia sul tempo e appena aperti gli occhi sono già lucida e so con esattezza in che giorno della settimana siamo e, malgrado sia mattina presto, so già la sera cosa farò. ho grandi progetti e sono molto contenta in questo periodo. al lavoro faccio il minimo indispensabile: sembro l'ombra di me stessa tanto che a volte guardandomi allo specchio mi metto paura e penso a quegli ectoplasmi di morti freschi di giornata. ma già dal pomeriggio il mio umore sale vertiginosamente e so già che non vedrò l'ora di arrivare a casa. no, sembrerebbe troppo facile pensare che prima di andare a casa io passi presso il primo centro buddista per ritrovare l'equilibrio del mio disequilibrio recitando l'om indiano e il nam yo renghe kyo sentendomi al pari di baggio e ricciàr ghiar o troppo facile pensare che mi sono sposata e che a casa c'è un novello sposo che mi aspetta anche senza sperare. sembrerebbe troppo semplice pensare che andrò in palestra visto che il movimento, dicono i salutisti, fa bene alla circolazione, ora non mi chiedete quale o troppo facile pensare che andrò a casa passando prima dal quel negozietto di prelibatezze per comprare una sera il capriccio di cacio ibleo con gamberetti sgusciati vivi e una sera quel bel formaggio di fossa in cui è caduto pure il contadino ed è lì dal novembre scorso. niente di tutto questo. la mia vita, sappiate, è pianificata più di quella dei bambini di simona ventura. la mia vita è organizzata più di quella delle lecciso dalla più grande alla più piccola. la mia vita è così piena che il martedi sera dalle ventuno in poi mi sparo, inforcando i miei occhiali da miope, la talpa; il mercoledi sera dalle ventuno mi immergo in quelle "belle" acque salmastre dell'isola dei famosi; il giovedi sera dalle ventuno in poi mi faccio una cultura con scrubs e a seguire con ogni genere di telefilm compreso quello della segretaria del fratello di julia roberts; il venerdi sera dalle ventuno in poi mi intrippo con CSI miami rilevando ogni genere di macchia sul mio pavimento bianco e sul divano nuovo di zecca; il sabato esce in edicola Panorama con tutte le puntate di ER della prima serie che riesco a godermi tra il sabato sera, intervellate da qualche balletto di maradona sul primo canale, e la domenica mattina prima della messa urbi et orbi del papa; domenica pomeriggio ci sono le strisce quotidiane della talpa e dell'isola e qualche duetto ad altissimi livelli di costantino e platinette che ballano il canto del cigno; la domenica sera c'è la puntatona di ER decimo anno e sinceramente, m'invitasse anche ernst di hannover per la solita bevutina della domenica, non ci rinuncio. la mia settimana è così densa che qualche mattina fa ho saltato il lavoro per riprendermi dalla sera prima. solo un appunto riguardo la mia vita indaffarata: vogliate trovarmi qualche cosa da fare per il lunedi sera o dovrò ridurmi a vedere le casalinghe disperate calandomi completamente nel personaggio!

Friday, September 23, 2005

Clima tropicale.

che il tempo stia facendo come gli pare non è un mistero tanto che ormai ci azzeccano persino le previsioni nel dire che ci saranno temporali, naufragi, alluvioni e tornadi di ogni entità, soprattutto di grandezza cinque che pare sia la massima, guardate niuorlins!
un tempo, io che faccio parte di un' altra generazione di quelle che non c'era la tivvù se non per vedere candy candy e portobello e di quelle che la massima lettura sulle storie del mondo erano i quindici o emilio salgari, un tempo, dicevo, le cose che potevamo conoscere le imparavamo purtroppo solo a scuola e non da internet o da sky come avviene per i ragazzi moderni. così credo che proprio a scuola siano nati tutti i luoghi comuni sul mondo e sulle credenze popolari, compreso il fatto che una rondine non fa primavera e che qui intorno era tutta campagna da bonificare. alle elementari grazie alla maestra rosa imparai che c'è un Paese del mondo in cui in un sol giorno si ammassano le stagioni tutte insieme. credo sia un Paese tropicale che allora pensando alla parola tropicale immaginavo quei pescetti colorati che vedevi negli acquari delle case delle famiglie ricche, di solito nelle case degli avvocati e che oggi vedi invece in un quasiasi banalissimo salvaschermo di un pc. la maestra rosa ci parlava di questa particolarità, diceva che il quel Paese (credo in africa o giù di lì che io in geografia non sono mai stata una cima) uscivano tutti con l'ombrello la mattina pur essendoci il sole. io, pur avendo problemi di ogni tipo che a casa mia non ce la passavamo tanto bene, mi ritenevo fortunata di poter buttare un occhio fuori della finestra e di vedere il sole e il tempo bello per tutto il giorno; anche perchè, tra l'altro, ho sempre odiato portarmi dietro l'ombrello, soprattutto visto che gli ombrelli degli anni settanta erano in prevalenza tutti neri e grandi e si portavano sul braccio come il classico gesto che tutti fanno.oggi gli ombrelli li fanno colorati, ma odio ancora portarne uno nello zaino che ho il rifiuto della pioggia, del vento e della religione. in compenso girando prevalentemente in moto mi sono dovuta organizzare la vita per via di questo tempo che a quanto pare si avvicina di molto a quello descritto dalla maestra rosa. da circa due mesi a questa parte, mi sveglio che c'è un bel sole con l'aria frizzante e freschetta che costringe a bardarsi abbastanza bene già dalle prime ore della mattina; verso le undici con l'alzarsi del sole si comincia a boccheggiare tanto che tolgo la felpa tra le dieci e le undici, la camicia intorno alle dodici e rimango in tscert colorata con scritto NY intorno all'una, l'una e mezza. ora per esempio credo faccia quasi trenta gradi e ci son farfalle colorate che girano per le strade come quando ti prendi gli oppiacei e le mamme che aspettano i bambini all'uscita di scuola vanno ancora con le ciabatte. man mano che passano le ore e le correnti del cielo cambiano un po' come le correnti politche al parlamento, il cielo azzurro comincia ad annuvolarsi, va via il sole e l'estate che fino a cinque minuti prima esplodeva in tutta la sua veemenza lascia il posto di colpo ad un autunno improvviso che si fa subito inverno infernale. ieri alle cinque del pomeriggio era buio come alle nove di sera e facevano 6 gradi centigradi o farenait e per le strade c'erano già le strenne natalizie con tanto di caldarrostai. succede così che chi va in moto come me, deve prevedere tante cose: la scemenza delle persone in macchina pari solo a quella dei "famosi isolani", gli sportelli che si aprono e si chiudono come gli occhi della madonnina che piange sangue a civitavecchia e i repentini cambiamenti di stagione nell'arco di una giornata con il conseguente armadio quattro stagioni da portarsi indosso.
tutto questo preambolo per dirvi che se per caso incontrate per strada un omina miscelèn con "cerata" rigorosamente nera marcata bellstaff sappiate che sotto sotto può nascondere: giubbotto speedy da motociclista con rinforzi per cadute di stile, felpa con zip rotta e chiusa con una spilla da balia, due magliette una a maniche corte bianca con scritto "ditta di pulizie de zotti" in giallo ocra e una a maniche lunghe con scritto "caramelle chiarms", cannotta della salute della ragno per ipocondriaci, un paio di jeans larghi che celano calze di filanca di quando le donne erano donne e i mulini erano bianchi, un paio di mutandoni regalo di una zia bigotta, calzini bianchi corti della bancarella all'angolo e calzini scuri lunghi di un prozio vescovo, scarpe di pelle ingrassata per via della ritenzione idrica di cui soffrono. ieri sera prima di spogliarmi tutta ci ho messo una mezz'ora buona. ma credo di poter migliorare sui tempi, magari evitando i mutandoni!

Friday, September 16, 2005

Al passo coi tempi.

Ho sempre avuto paura dei temporali. non certo il terrore, come i cani che si nascondo sotto i letti e non li vedi uscire più. quella paura irrazionale e stupida che mi fa dire ogni volta: ora un fulmine s'abbatte sul palazzo, colpisce l'antenna e Berlusconi stavolta ci porta il fulmine in casa anzichè il digitale terrestre. Insomma una paura mica da niente. non faccio scene di panico. mio padre mi ha insegnato che bisogna contare. così ho passato parte dell'infanzia e dell'adolescenza a contare la distanza del temporale: a ogni bagliore contavo in secondi dopo quanto sarebbe susseguito un tuono. se piano piano i secondi aumentavano, voleva dire che il peggio era passato e il fulmine, che non era entrato in casa mia, stava entrando in casa di qualcun altro e io mi potevo riaddormentare tranquilla. stanotte c'è stato un temporale di quelli con i tuoni grossi e fragorosi e le saette peggio che a Bagdad. all'improvviso ho cominciato a contare per vedere il temporale dove fosse. ma il mio conteggio non era più in base all'alternanza luce/scoppio. Ho scoperto, e non me ne ero accorta prima, che ormai mi regolo in base agli antifurti della macchine e degli scooter. scoppio fragoroso, antifurto della bmw del gioielliere: temporale in avvicinamento. scoppio fragoroso e accensione dell' antifurto della palazzina di fronte: temporale a un meno di un chilometro. scoppio e conseguente allarme del negozio sotto casa: temporale zona prato e spaccio di fumo. scoppio e accensione antifurto twingo dell'ingegnere, temporale in prossimità asilo nido. il mio livello di paura più alta è quando parte l'antifurto della mia moto che sta proprio sotto le finestre. lì siamo in pieno Defcon 1 e in pieno rodimento perchè devo alzarmi e aprire le serrande e farlo smettere. dopo di che a scemare il temporale si allontana. Si sentono antifurti di zone sconosciute. E io posso riaddormentarmi tranquilla e beata. come cambia la vita, signora mia. pensi che una volta qui di fronte era tutta campagna!

Friday, July 22, 2005

Il geco.

eccolo lì che lesto lesto cerca il nascondiglio. si muove veloce e si accosta al muro. si ferma. sento il fiatone. riparte e mi guarda. aspetta una reazione che non tarda ad arrivare. armata di scopettone comincio una corsa per tutta la casa. "schiavo" la porta e lo invito ad uscire. non capisce, il poverino. non capisce il linguaggio di me mezza matta che corro con la scopa in mano e faccio gesti e mi dimeno e mi agito! non capisce e pensa al pericolo e impaurito continua la sua corsa in su e in giù a destra e a sinistra senza mai imboccare la porta d'uscita. finalmente per non so quale oscura ragione o per qualche arcana legge della fisica degli invertebrati il gechetto riesce a guadagnarsi la meta e io con sollievo lo guardo allontanarsi. lo accompagno fin verso le scale. non capisce, sembra voglia ritornare dentro casa. mi barrico. chiudo la porta con sette mandate. blocco tutte le entrate e copro con gli stracci da cucina anche tutte le fessure più infime. mi chiudo in casa che neanche un filo d'aria riusciva a passare. comincio a sudare e a non respirare. ad annaspare e a grondare sudore come la madonnina trasuda lacrime d'amore. armata di scopettone aspetto. la casa si fa bollente. non vado neanche in cucina a bere una sorsata d'acqua per non allontanarmi dalla mia trincea di guerra. sono fradicia che neanche durante la partita a tennis del 1985 sudai così. le gocce m'imperlano il viso, mi bagnano la maglietta e mi oscurano la vista. come una novella rambo strappo con forza una manica della tiscert buona con su scritto caramelle charms e me la metto intorno alla testa. inforco gli occhiali da vista che non si sa mai, questi gechi! faccio la ronda su e giù vicino la porta d'ingresso. osservo, scruto ogni minimo dettaglio, ispeziono gli angoli più bui, studio la situazione e preparo le mosse successive come si fa con gli scacchi che devo ancora capire come si gioca. intanto sento che le gambe cominciano a cedere, il caldo si fa soffocante e l'aria atrocemente irrespirabile. comincio a vedere nero e penso che la pressione sia arrivata proprio a livelli di soglia minima. comincio a vedere strani corridoi di luce bianca e un signore con la barba che mi chiede le mie generalità e di che nazionalità sono. sento le forze che se ne vanno e le voci sempre più vicine. mi rendo conto con l'ultimo sprazzo di coscienza che suonano alla porta e bussano e battono. cerco di ritrovare un po' d'energia e apro la porta: di fronte a me il padre del gechetto, tutto adirato e infuriato che tiene per mano il figliolo impaurito. alla vista della scena il geco corre in mio soccorso. apre tutte le finestre di casa e mi accende il ventilatore. mi prepara un bicchiere di acqua e zucchero e mi fa mangiare una fettina di prosciutto che tenevo in frigo per le grandi occasioni. mi riprendo all'istante. lo ringrazio e per sdebitarmi gli regalo una bottiglia di vov del 66 e invito tutta la famiglia a cena: melanzane alla parmigiana, insalata di riso e sorbetto ai limoni di piemonte; una cena luculliana: mica mi voglio far guardar dietro!

Chi vincerà il campionato?



quando penso al mondo i pensieri m'annientano. saranno pure tutti luoghi comuni ma c'è una pazzia generale e una voglia di destabilizzazione che non sempre si riesce a rimanere lucidi. apro poco i giornali chè non voglio sapere. non voglio vedere. perchè il mio inferno lo sto di già vivendo e non voglio altri orrori che appesantiscano questa zavorra carica di ogni ben di dio. eppure come fai a fregartene. come fai a sottovalutare il terrore, la paura, lo spavento, la preoccupazione, il timore di quei "disgraziati" a londra. come fai a fregartene di quel ragazzo che chiede aiuto attraverso un blog e alla fine si suicida e ce lo scrive pure. come fai a non pensare a tutti gli anziani che, nei periodi estivi, sono costretti a rimanere barricati dentro casa per questo caldo assassino e, nei periodi invernali pure, per via della solitudine e dell'alienazione. come fai a fregartene di chi ti passa accanto e ti chiede aiuto e forse non sei all'altezza di darglielo. come fai a fregartene di realtà grandi o piccole che siano, di battaglie grandi o piccole che siano, di guerre piccole o grandi che siano.
penso al mondo e a come ruota e mi sembra come quella variante impazzita che si legge nelle leggi della fisica. e basterebbe poco per fermare tutto 'sto sballottamento. ma come nelle relazioni che stanno naufragando e nelle vite che stanno affondando, non si ha la lucidità di sapere da che parte inziare per finire. e così vedi che ci si lamenta tutti, chi del tempo, chi dell'ozono, chi delle falde freatiche inquinate, chi della guerra, chi delle bombe, chi del governo, chi del vicino, chi della chiesa ma alla fine, come con la tivvù la sera, si cambia il nostro canale di vita e, volenti o nolenti, non ci si ragiona più di tanto che tanto tempo per elaborare non lo abbiamo più. e allora tutte queste lamentele e preoccupazioni che senti in giro diventano sì quei luoghi comuni che detesti perchè neanche s'è chiusa la bocca che già s'è voltata pagina e, aurevoir, che meta avrai per le prossime vacanze? chi vincerà il campionato? totti sarà all'altezza di una famiglia e di una squadra? costanzo dichiarerà al mondo intero che maria è un uomo? chi andrà alla guida di raiuno? che ha detto il papa nell'omelia di mezzodì? quel bimbetto lì sarà il figliolo vero di alberto di monaco? quest'anno andrà il rosa tramonto indiano o il pesca tendente al prugna della california?
il superfluo ci sta avvolgendo la vita come la pellicola trasparente domopack e crea una barriera così forte che non reagiamo, non viviamo, non ci ribelliamo più. mica scherzava orwell. e neanche truman show. ma questo è un altro discorso. ora scusate che vado al giornalaio...oggi esce novella 2000. mica me lo posso perdere!

Tuesday, July 19, 2005

Non so se odio più i gatti o le zanzare.

Ho trovato un metodo per tenermi in forma. E' gratuito, stimola il movimento di braccia e gambe senza troppo sforzo, tiene allenato l'occhio e il campo visivo. Uccido zanzare. E mica quelle zanzarine secche secche, denutrite e lente che c'erano un tempo, quando qui intorno era tutta campagna. Da qualche tempo girano dei veri e propri fenicotteri neri puntinati di bianco che quando si fermano agli incroci lasciano passare anche le vecchine uscite dalla posta con la pensione. Io due o tre di loro le tengo qui per rispondere al telefono, per aprire la porta e per far credere a berlusconi che ha creato un milione di posti di lavoro e che la finanziaria sta andando benone. Le altre le uccido. Ho una tecnica infallibile che ho adottato dopo aver visto varie volte L'ultimo samurai con tom cruise. Lascio andare tutte le energie e libero la mente. Apro il terzo occhio e colpisco senza neanche vedere. Debbo dire che le prime volte è stato un po' traumatico, tanto che più di un cliente mi ha trovato che mi sbracciavo a caso come i vigili a piazza venezia. Ora colpisco senza guardare. Spiaccico zanzare a destra e a manca. Riesco a colpire anche alle spalle senza girarmi. Ho un media di dieci quindici zanzare al dì, escluse le due o tre che lavorano qui e che qualche volta m'aiutano a colpire. Ho dei bicipiti così pronunciati che neanche avessi lavorato anni e anni in palestra. Ho sviluppato così i riflessi che quando la sera scatta il verde al semaforo io sono già a casa davanti alla tivvù. Ho aperto così il terzo occhio che riesco a vedere sky senza decoder e clara senza vestiti. E poi mi sento in forma, c'e' da dirlo. Mi sento come quei grandi cacciatori alla hemingway che col cappello in testa e la divisa color sabbia se ne vanno nell'africa lontana a cacciare leoni e tornano con teste ruggenti a forma di trofeo. Anch'io ho dei trofei. Tengo le testine delle zanzare appese al muro con uno spillo. Ogni tanto le guardo e mi sento un mostro. Ma solo ogni tanto. A proposito ora avrei da fare: splash!

Friday, July 08, 2005

God save i queen.

Sarà per quello che s'è visto ieri sera in tivvù ma oggi mi sento come quei pazzi che non ci capiscono un granchè della vita e che, silenti e silenziosi, vagabondano e vagano sorpresi e appesi al filo delle loro follia.
mi sento schizofrenica per quello che ho visto nei tiggì e per le facce sofferenti e insanguinate sbattute in prima pagina e per le urla e la paura che si son diffuse e per le parole di circostanza, sempre le stesse, che carpisco qui e là tra un bar, un alimentari e un negozio di frutta. mi sento schizofrenica perchè nonostante tutto questo la vita va avanti. altro che se va avanti: la vita continua e il tuo vicino di casa, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, il tuo vicino rimane sempre lo stesso e si lamenta già dall'alba se la tua moto ha di poco invaso i due metri e passa del suo parcheggio. la vita continua e la gente in giro, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, la gente continua a zigzagare nel traffico mandandoti gli accidenti peggiori e cercando di arrivare per primo a un nonsodove, semaforo verde o ospedale che sia. la vita continua e arrivi sul posto di lavoro e già dalle nove, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, c'è la febbre del "saldo" che ti tocca correre per tutta roma a "servire" i lor signori e le loro vetrine. la vita continua e negli uffici pubblici le persone, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, le persone ti spintonano e cercano di passarti avanti e vedi il livore in quegli occhi assassini e ti senti ancor più pazzo perchè ci sono due realtà che non capisci: quella degli occhi spaventati che hai visto nelle foto dei giornali e quella della gente spietata che hai di fronte. perchè da noi la vita è già andata avanti a poche ore da quella strage. perchè malgrado quelle solite quattro frasi di circostanza domani si andrà tutti al mare e stasera tutti a ballare e chi in fila al ristorante e chi in fila in interminabili code per i grandi esodi estivi. e tu rimani là a non sapere quale è la realtà e quale il sogno. e ti vorresti svegliare da questo incubo che è chiamato vita. vorresti non vedere più questi occhi carichi d'odio che stridono con quelle belle frasi imbellettate per l'occasione.
e così ti senti un pazzo. uno scemo. un'idealista. o solo un malato di malinconia. e non capisci più nessuno, perchè, come i bambini più ingenui, ti senti scollato da una realtà che non riconosci più tua. ma continui ad andare avanti perchè la vita te lo impone, il lavoro te lo impone, l'obbligo verso te stesso te lo impone. e perchè speri che alla gente s'intenerisca un po' il cuore. che alla gente ritorni quel senso di pietà che non trova più casa in nessuna casa. speri che gli ultimi accadimenti stravolgano un po' le vite delle persone e si ritorni un po' indietro, quasi alla normalità. ma poi vedi che tutto corre alla velocità della luce: non elaboriamo più i dolori, non elaboriamo più i lutti, non elaboriamo più pensieri perchè si è tutti presi da qualcos'altro di più urgente. e allora vorresti esser morto ammazzato tra quegli inglesi innocenti, tra la gente spappolata delle torri, tra i ragazzi sparati della guerra piuttosto che sopportare questa lenta e interminabile agonia che oggi è la vita.
e poi ti squilla il telefono e riemergi dai tuoi pensieri che, per le urgenze, non puoi permetterti di fare e dall'altro capo della cornetta c'è qualcuno che reclama le sue scritte adesive. e tra te e te dici: ah, domani cominciano i saldi; the show must go on, cantavano i queen. e poi ti chiedi: a quando le prossime frasi di circostanza? alla prossima strage?

Wednesday, July 06, 2005

Oroscopi.

per principo non leggo mai i giornali chè una volta uno ci è impazzito però ieri m'è capitato tra le mani Metro: dando una rapida scorsa e facendo zigzagare alla velocità della luce l'occhio tra morti ammazzati, feriti uccisi e randellate a colpi d'ascia e a colpi di parola, ho scoperto che un'astrologa russa ha intentato una causa per trecento milioni di dollari alla nasa. il motivo? secondo la russa (no ignazio!) l'esplosione, che la nasa ha provocato con un missile distruggendo una cometa che passava solitaria lassù nell'alto dei cieli, avrebbe destabilizzato l'equilibrio dell'universo rovindandole così l'oroscopo e sconvolgendole tutti i calcoli che aveva fatto compreso sapere per certo il giorno di laurea del suo terzo figlio maschio e russo, informarsi sul prezzo dei pomodori al mercato della piazza rossa e sapere in anticipo i risultati delle coppe internazionali senza neanche accendere la tivvù in modo da riuscire a far sempre tredici alla schedina russa.
a quanto pare quello delle "cause" davanti al giudice è un vizietto comune in tutto il mondo non solo in italia. da un po' di tempo a questa parte, forse a causa della disoccupazione o del "sogno" dei soldi facili, se ne sono sentite di tutti i colori: c'è chi ha fatto causa alle multinazionali di sigarette perchè nell'altra vita ignoti fumatori gli hanno spippetato accanto; chi ha fatto causa a questo o a quel ristorante perchè, nel parcheggiare, le cappe aspiratrici dei fumi e dei cattivi odori gli hanno aspirato via sogni e aspirazioni; chi ha citato quel produttore di sapone dei piatti perchè nel lavare le stoviglie buone ricciàr ginori il sapone non solo si è portato via l'unto ma anche quei disegnini bluette che piacevano tanto alla nonna; chi ha fatto causa a quell'azienda ospedaliera non perchè dopo l'operazione nello stomaco si è ritrovato un braccialetto vicino al fegato, ma perchè il braccialetto era d'oro di bologna.
insomma secondo la russa (no ignazio!) questa esplosione sconvolgerà da oggi in poi l'andamento delle sue stelle e, non per fare i conti della serva, credo anche delle nostre. così, facendo dei rapidissimi calcoli con saturno che entrerà nel leone e urano in transito nei pesci, posso stabilire fin d'ora la data della causa legale che ho fatto a quell'ambulante del ghana che nel 1998 mi ha venduto un ciddì porno taroccato!

Saturday, June 25, 2005

Forza sette.

da quando vivo sola sto poco a casa. direi che pago l'affitto inutilmente visto che non arrivo mai prima dell'una, le due, le tre e riparto la mattina intorno alle otto, otto e mezzo massimo. penso che se avessi affittato un posto auto sarebbe stato meglio o anche se avessi diviso l'affitto con un vigile notturno che dorme di giorno e non c'è mai di notte avrei più soldi per andare a giocare a biliardo e alle slot machine da clara che ogni tanto si vince pure. quando rientro a casa mi sento sempre l'ombra di me stessa tanto che a volte mi volto per paura di essere seguita: esco dall'ascensore e guardo bene a destra e a sinistra come nei film americani che lassù al settimo piano chi mi sente visto che ho due vicini sordi e nani e la pellicciaia quasi cieca e col morbo di alzaimer?
entrando dalla porta poi non riconosco mai dove sono: nè la sala nè le pareti nè tantomeno gli odori. mi sento una sconosciuta dentro casa tanto che a volte per provare a me stessa che esisto, suono il campanello di casa e vado ad aprire la porta per vedere chi ha suonato. controllo così se ci sono o se sono solo un'illusione che vive una vita normale sul lavoro ma che poi sparisce nel nulla tornando a casa. dice che la casa è la proiezione di chi si è: io in questo periodo mi sento nessuno, se mi dice bene e sto in vena di complimenti, cosicchè la casa non rispecchia nessuno se non se stessa. forse ho qualche malattia mentale, che so, dicono la depressione o il ginocchio della lavandaia; altri mi dicono che devo elaborare il lutto della perdita. e che il trasloco è uno degli stress più grandi che possano colpirti. e che sono i pianeti che girano in senso opposto al mio. e che è la sfortuna che mi tirano e quella che mi son tirata. dicono un sacco di cose e io 'ste cose me le sento appartenere come quei vecchi vestiti che porti da anni e che ti ci senti sicura come nel ventre di tua madre.
dicevo che quando torno a casa non c'è traccia di un odore familiare tranne quello delle cose in decomposizione nel frigo. l'altra sera ho dovuto chiamare infatti quelli di CSI al gran completo. si son messi lì con i guanti in lattice e le torce a raggi blu tendenti al violetto di campo, gli occhialoni da chirurgo e dei vecchi camici dei bidelli della scuola elementare di via amabaradam. hanno spulciato il frigo dal surgelatore fino al reparto verdure e sono risaliti, mediante ore e ore di indagini a porte chiuse e di analisi che a un certo punto han dovuto chiamare pure bruk a losangeles, ai resti archelogici di un cetriolo del lontano maggio 1975 che si è spappolato nelle loro mani come neve al sole, a una fetta di provolone della rivoluzione di ottobre che nessuno aveva mai mangiato se non dei vermicelli verdi che la notte non mi facevano riposare tale la baldoria che facevano, a una carota che avevo preso per un sugo al ragù mai fatto e che aveva ormai l'aspetto di un qualsiasi gioiello della breil che oggi finalmente ho capito come fanno gli stilisti a studiare certe creazioni argentate, a un limone che sembrava più una palla da biliardo (la gialla per l'esatezza che è l'ultima che si manda in buca), a un gelato del millenovencentottandue l'anno in cui l'italia vinse i mondiali e che ancora gridava: campioni del mondo campioni del mondo come bruno pizzul e pertini, a un piede di lattuga che era diventato l'albergo di una famiglia di bruchi extracomunitari senza il permesso di soggiorno e chiaramente sono stati rimandati nel loro paese, a un resto di pollo di rosticceria che ogni volta che aprivo il frigo mi chiedeva: chi siete, che portate, sì, ma da dove venite, un fiorino!
finiti tutti gli accertamenti sui resti del frigo, quelli di CSI se ne sono andati complimendosi con me per la belle ricerche che ho permesso loro di fare. sono rimasta sola col pollo chè pure bruk aveva da fare: doveva correre a losangeles per salvare eric dall'alcolismo. col pollo ci siam visti Non ci resta che piangere chè poi, con questo post, ci sta proprio al bacio!

Tuesday, June 21, 2005

Occhi puntati.

ho alzato gli occhi
ed eccolo lì di fronte a me
fermo e immobile
gli occhi puntati verso di lui, i miei
gli occhi puntati verso di me, i suoi
ha fatto il vago
fischiettando ha ripreso a camminare lungo la tenda
fingendo di non esser lì
con quelle zampine e quel corpo cicciotto
e quell'aria da scroccone
ho chiuso l'acqua
ho tolto il sapone dagli occhi
e lui lì, fermo e immobile di nuovo
impassibile come una statua
e io?
lo schiaccio ma mi fa senso
lo ignoro ma non riesco
lo innaffio ma sporco tutto
e lui lì con quell'aria di sfida
fermo e immobile
gli occhi puntati i miei
gli occhi puntati i suoi
maledetto ragno
da dove vieni, dove vai
tornatene nella tua tana
a intrecciare qualche tela
ho strattonato con un colpo la tenda
deve aver fatto un bel volo
è scomparso nel nulla del bagno
e poi quello non sa che non si spiano le signore nella doccia?

Friday, June 10, 2005

Ho il freezer pieno!

E meno male che l'anno scorso, insieme alla lasagna di palmira e a petti di pollo che m'ha comprato mamma dal pollivendolo biologico, avevo congelato anche quei tre embrioncini piccoli piccoli che di questi tempi, signora mia, non si sa mai.
se l'avessero fatto anche i miei genitori oggi forse mi sarei risparmiata un bel torcicollo che dura da una settimana, quel giradito che mi son beccata l'anno dei mondiali e quel doloretto al dente del giudizio che le bestemmie si son sprecate. però per non sapere nè leggere nè scrivere ho congelato anche quella bella ragade che mi han tolto tre settimane fa che sa, signora mia, se si arriva a modificare pure quelle chissà che non scoprano la cura per le emorroidi: un bel sospiro di sollievo per tutti. sa, di questi tempi in cui il clima ci uccide, lo stress ci uccide, la gente ci uccide, fare esperimenti sugli embrioni lo ritengo di vitale importanza: è un po' come quelle belle e lunghe partite a bridge quando sei senza lavoro e i debiti ti stan consumando. dice che se se vai a "sfrucugliare" dentro quei cosi tondi e pieni di vita puoi evitare un sacco di malattie per il futuro. pensa che se, all'epoca, avessero lavorato sull'embrione di beethoven, altro che sordità: avremmo avuto un beethoven tutto udito e, forse, poco talento! e Ciaikovski poi che, poveretto, si sarebbe risparmiato una bella crisi epilettica una sonata sì e l'altra no. credo che se invece di starsene in panciolle si fosse lavorato sull'embrione di muhamed alì, per prima cosa non si sarebbe convertito all'islam e poi non avrebbe mai avuto il morbo di parkinson: però forse non sarebbe neanche diventato cassius clay. non parliamo poi di freud che magari non avrebbe avuto problemi di cocaina e di psicanalisi che ora ha lanciato una moda e tutti a copiarlo con 'sta psicanalisi d'accatto. per non parlare di mozart che sarebbe stato un onesto falegname austriaco e non avrebbe scritto nessun requiem e avuto allucinazioni su diavoli e librettisti. vogliamo parlare poi di elton john che forse si sarebbe sposato con una commessa gentile e cordiale di eton piuttosto che con quel bel ragazzetto londinese che fa gola a tutte.
eh, signora mia, al giorno d'oggi questi esperimenti genetici sono fondamentali chè qui dobbiamo essere tutti perfetti e sani come la razza ariana del futuro; che poi ora che lo so, se tra nove mesi nasce a me che sono mora, scura e nana un figlio biondo con gli occhi azzurri e slanciato, in giro e a mio marito posso sempre dire che è tutta colpa dell'embrione fecondato male, mica del panettiere slavo qui all'angolo!

Friday, June 03, 2005

La scoperta dell'acqua calda.

m'ha svegliato un cliente che erano le nove e trentasei. trentasei, gli anni miei. in questo periodo a seconda di come mi vedo e di come mi giro e mi rigiro me li sento tutti dentro ma alle volte no. sembro come quei vecchi caledoscopi che non s'usan più in cui ci butti l'occhio dentro e la miriade di colori forma tanti disegnini colorati come i rosoni delle belle cattedrali o le vetrate delle chiede antiche. eran le nove e trantasei e la stanza già bolliva di caldo. ho scoperto che il settimo piano è più vicino al cielo e alle stelle ma è anche più bollente delle case a pianterreno. ho scoperto che la casa rivolta a est vede nascere il sole ma è atrocemente calda già dalle prime ore del mattino e ti senti alle volte aprendo la finestra, ti senti dentro un phon che ti spara aria bollente che tu non hai bisogno però. ho scoperto che mi piace tenere le mani nell'acqua fredda e sembra che i pensieri si gelino all'istante e che quel frescolino alle meningi stoppi tutto quello che è brutto e lo lasci lì in una sorta di limbo che non sai nè chi sei nè chi sarai più. ho scoperto che la casa pulita dà una bella sensazione: ti vedi quella superficie così brillante che puoi camminarci financo a piedi nudi e il pavimento fresco che raffredda le piante dei piedi e un brivido ti corre fino al capelli per tutto il corpo senza escludere nessuna cellula, nessun neurone, nessuna piastrina che scorrazza liberamente nel sangue. ho scoperto che sto male e che non ho più paura di questo male. e ho scoperto che in un certo senso sto bene e non ho paura neanche di quello. ho scoperto che la musica è un gran salvavita e di prima mattina mette di buonumore. ma anche di sera prima di dormire. ho scoperto che ho un sacco di difetti che non riesco più a nascondere. soprattutto a me stessa. e ho scoperto che devo affrontarli e devo affrontarmi a muso duro. ho scoperto che fa male. fa tutto male in questo periodo. e ho scoperto che voglio scappare. e cambiare. e forse un giorno lontano anche morire. ho scoperto che due più due non fa sempre quattro, anche se ti ci metti con tutte le forze per far tornare i conti, quelli non sempre tornano perchè sebbene le menti siano quadrate c'è sempre la variante che impazzisce come la maionese. ho scoperto che mi piace il silenzio. ma anche ascoltare. che non mi piace parlare. ma forse sì. ho scoperto che sono debole. e in un certo senso forte. ho scoperto che la casa sta crescendo e che io sto crescendo e che la vita intorno a me sta crescendo. ho scoperto che non voglio crescere, però. ho scoperto che oggi sono tutto e il mio contrario. ogni sensazione ogni emozione ogni stato d'animo mi colpisce e non mi lascia e mi tormenta e mi uccide a volte. ma a volte no. ho scoperto che ho tanta strada avanti. tanta vita dentro. tanta storia da imparare. tanto da studiare. tanto da lasciare. molto da fare, ancora. ho scoperto che ho scritto una gran cagata. e ora l'avete scoperto pure voi, se siete arrivati in fondo!

Friday, May 27, 2005

L'arte del riciclo.

quando non ho niente da fare mi metto in finestra. guardo fuori e passo il tempo. in finestra puoi conoscere la vita delle persone. chi stende i panni puliti giá alle otto di mattina e chi li ritira poco dopo. chi porta il cane a spasso e chi il pupo in giro. ogni tanto qualcuno mi guarda e mi saluta e io faccio sempre finta di essere indaffarata. sgrullo la tovaglia della sera o cerco con lo sguardo qualcuno che mi ha citofonato. i ragazzi alla panchina parlano della roma e della lazio, ruttano quasi come me e fumano ogni genere di cose comprese le radici dell'albero dove fa i bisogni il cane del marana. le ragazzine cominciano a sculettare presto. sono bambine che ho visto crescere: oggi sono donne in miniatura tutte cellulari e gridolini isterici. i piccoletti ti chiedono sempre che ore sono. maria si ferma e parla del marito che non c'è piú e per fortuna, dice lei: la picchiava col giornale come faceva con rocki, il loro cane. maria pesa quasi cento chili. va in giro con lo stesso vestito a fiori d'estate e d'inverno. credo sia povera. o forse solo pigra. poi c'è anna che lavora alla mensa e ha un figlio che starei ore a guardarlo. lui è fidanzato a casa, è un bravo ragazzo e pure fedele. cosí mi rifaccio con un tipaccio che sembra bukowski. è un po' sdendato e quando chiama il figlio lo senti a tre portoni di distanza. non so cosa faccia nella vita. forse lavora di notte o forse lo mantiene la moglie che fa le pulizie da ikea. lo guardo e lo trovo un tipo tosto, un duro che, ogni volta che mi saluta, io arrossisco. è un onore essere salutati da lui. e anche dal mandingo, il ras del quartiere. passa un sacco di vita qua sotto: donne incinte che sperano nel contributo dello stato. uomini allegri senza speranza. drogati o solo emarginati. ladri e guardie. vittorio poi è tutto un programma. mi chiama da sotto e mi parla di ciclismo e di coppi e bartali e tra un ricordo e l'altro mi chiede sempre una sigaretta. faccio carte false per rimediargliela. io che neanche fumo. poi c'è franca la vicina che sta sempre all'erta e sa tutto di tutti. lei peró non s'impiccia. qui c'è ancora questa regola. maura strilla e sbraita. ha gli occhi storti e sembra la figlia del conte mascetti. mi dá pena guardarla. mi chiede della garbatella lei che non è stata neanche a ostia. crede che la vita sia fuori da questo posto. chi glielo spiega che la vita è dentro di noi? il pezzo forte è patrizia. saluta tutti ma disprezza tutti. credo sia una balorda. se a natale le mandano la tredicesima si comprerá la lavatrice. chiede sempre qualcosa a qualcuno compresa me. una volta lo yogurt per il pupo, una volta l'aglio, una volta i punti della spesa, una volta dieci euro. lo fa con nochalance. e tu rimani lí come un ebete e mentre pensi non sai cosa risponderle. di solito faccio finta che squilla il telefono e poi a fine giornata faccio i conti di quanto ho perso stando affacciata. o quanto ho guadagnato. dipende dai punti di vista.

Monday, May 16, 2005

Giro di boa.

ricomincio da me. ricomincio con tre magliette prestate che con i maglioni cominciavo veramente a soffrire di rosolia. ricomincio con due paia di calzini nuovi di zecca che con quelli di cachemire i piedi cominciavano a bollire. ricomincio con un paio di pantaloni estivi anche se pensando a quelli vecchi strausati mi piange il cuore e ripenso a vecchi post e posti che hanno visto e a quanto m'han fatto compagnia. riparto senza musica, senza ninnoli, senza neanche una foto del passato che tanto hai tutto tu e chissà che ci farai, spero ti ci impicchi. riparto senza un armadio che possa contenere la mia vita. oggi la mia vita è tutta fuori, fuori di casa, fuori dalle finestre, fuori dalla porta, fuori dal cuore, fuori dall'anima, fuori tutti e dentro gente nuova. ricomincio a camminare da sola che bene o male non ci ho mai provato anche se di strada ne ho fatta tanta anche con quelle vecchie timberland che non ho più. ricomincio svegliandomi dentro un letto immenso. devo badare a me stessa. innaffiare la vita che ho dentro che proprio non ne vuol sapere nè di crescere nè di diventare rigogliosa come la più bella delle magnolie che mi piaccion tanto. riparto da me. e solo da me. senza ricordi. senza stracci e senza la bicicletta per andare a farmi un giro e pedalare, senza quel pass del primo maggio che tenevo come le reliquie a cui vuoi bene, senza il mio costume che ci ho fatto tante estati bollenti e senza i miei giochi che ci ho fatto tanti inverni freddi, senza un passato che fa impazzire ed è destabilizzante sapere che non hai più niente in mano che non prendere per mano te stesso. riparto e cerco di non sentirmi sola ma senza uno straccio di pezzo a cui ancorarmi più che sola mi sento senza vita. alle volte penso a quelli le cui case vengon spazzate via dagli uragani violenti, dalle dighe che hanno strabordato, dai tifoni coi nomi più strani, dai terremoti che fan ballare persino i topi anche se ci sono i gatti. e han perso tutto, proprio come me. ed è vero che il mondo te lo porti dentro, ma è anche vero che c'è un mondo tattile e uditivo e olfattivo che non è da sottovalutare e che produce i ricordi e che ti fa riappacificare anche solo per un secondo con te stesso e che comunque ti dà la sicurezza di aver vissuto e non di essere il fantasma della tua esistenza. ma l'imperativo è comunque andare avanti chè c'è la vita che chiama e c'è il lavoro che chiama e ci son le responsabilità che chiamano e c'è sempre qualche qualcuno che chiama. e allora, non era meglio nascer sordi che beethoven ci ha tirato su pure qualche lira?

Thursday, April 28, 2005

Mi copio da sola.

Son seduta qui al sole che aspetto. Con la mia magliettina col dollaro e le mie scarpe buone. Il sole che riscalda la pelle bianchiccia e s'infila nelle rughe del viso e delle mani. Il sole che riscalda finalmente questi pensieri intorpidi dal lungo grigiore. Aspetto gli eventi. Aspetto seduta e fingo di pensare, fingo di essere concentrata su qualcosa che non c'è. Ma non sto pensando a niente. Non penso a te. Né a te. E neanche a te. Penso alla mia magliettina col dollaro raffigurato e alle mie scarpe buone. Aspetto che il sole faccia il giro. E si nasconda dietro il palazzo giallo e rosa di fronte a me. Son qui seduta che aspetto. E la magliettina col dollaro s'è tutta arroventata dal calore. E anche la testa. E questo sole a picco mi scurisce la faccia e le braccia tatuate e le mani invecchiate. Gli occhi mi fanno male. Mi sistemo i capelli con le mani. Fingo di esserci ancora un po'. Mi guardo attorno con l'aria assente. Passano a frotte file di macchine. Ognuno è da solo. Ognuno con la sua aria assonnata e la sua storia narrata e la sua vita ormai andata. Ognuno che finge di essere assorto. Come me. Mi guardano le scarpe buone e la magliettina col dollaro raffigurato. Mi guardo le mie scarpe buone. E la magliettina col dollaro. E li lascio a guardare. Io non ci sono già più. E tu neanche.

Meltin' pot aggiornamenti.

Ho la t-shirt marcata N.Y. Il casco spagnolo. La moto americana ex italiana. Il tatuaggio tibetano. I tatuaggi giapponesi. Le scarpe fatte nelle Filippine. I calzoni svedesi, come il materasso. I calzini inglesi. La collanina nigeriana. Il braccialettino indiano. Il portatile tedesco con tastiera in tedesco, come il Santo Patre. L'orologio svizzero. Il cervello cosmopolita. Cosa rimane?. Ah, sì! L'anima: ebrea?

Wednesday, April 20, 2005

XVI Concorso Letterario.

Causa mancanza di idee originali e causa rinnovo locali mentali, affitto questo spazio vuoto per pubblicare un vostro post ed aggiornare così questo mio umile e semplice blog della vigna del signorBlogger e per permettere ai miei "innumerevoli" lettori di commentare post nuovi.
le vostre opere dattiloscritte dovranno presentare i seguenti requisiti:
essere in linea con codesto blog farcito di contenuti poveri ma onesti
non superare le mille battute: non s'accettano gli ace nè gli assegni cabrio
non nominare le seguenti parole: la pellicciaia, il materasso ikea, i piccioni pulitori, le minestre knorr, nino e clara; termini protetti da copyright.
- al concorso a premi potranno partecipare tutti, esclusi i presenti.
si prega di allegare cento euro in biglietti da dieci per la pubblicazione e per le spese di spedizione.

il più bel post verrà giudicato da una giuria di illustrissimi figuri nelle persone di: IrZingaroPope, IrNarratore, IrTim, la Zarina seconda, IrSipario in tutte le sue vesti.

il vincitore avrà diritto a un numero di commenti pari e non oltre i cento, al bacio accademico da parte di oriana fallaci o vanna marchi, a scelta, e a una visita guidata delle grotte papali insieme a costantino e al materassone ikea per rimirare tutti gli scheletri vaticanensi.

i post dovranno pervenire entro e non oltre il trenta aprile corrente mese.
programmazione non soggetta a variazione.
aut. min. rich. 06.512.66.29

Thursday, April 07, 2005

Nuntio vobis gaudium magnum.

da quando è arrivata la primavera, la mattina non vago più per casa al buio come i lupi rintanati nelle caverne ululando alle stelline sul soffitto e cercando a tastoni il paio di jeans meno sgualcito da indossare. da qualche giorno a questa parte cerco di alzare, con grande sforzo di braccia, financo le serrande e aprire le finestre chè il panorama merita e sarebbe uno spreco non abusarne soprattutto visto l'affitto che pago.
abito vicino a un punto nevralgico e strategico della capitale: a parte per l'odore che si respira di maria de filippi, di costantino e di tutta la truppa di vips al gran completo, la mia zona è importante perchè c'è una grande stazione della metro e dei bus con annesso parcheggione alberato dove se ti va bene gli zingari non ti rubano neanche l'automobile. sono uscita in terrazzo stamattina chè dovevo ritirare le mutande stese ieri sera. all'improvviso un gran vociare ha catturato la mia attenzione. una folla sovrumana fatta di persone e di pulman tutti in fila era assiepata nella strada e nel parco sotto casa. tutti con la testa all'insù tanto che mi sono pure imbarazzata per via del reggiseno che non era quello buono delle grandi occasioni. mi sono sporta un poco stando attenta chè soffro di vertigini e ho notato che guardavano tutti verso il mio balcone. ho pensato che qualcuno si stesse buttando di sotto, poi ho visto che dalla caldaia stava uscendo un fumo strano di colore grigiastro tendente al nero. la folla intanto continuava ad esclamare: "ohhh....", qualche gruppo recitava il rosario e qualche boys cantava pure "osanna, osanna, osanna nell'alto dei cieeeeli...". lì per lì non ci ho capito un granchè: io la mattina non riesco a carburare al volo. ho pensato di tutto, compreso che il palazzo stesse andando a fuoco. la cosa strana era che la gente sotto si mostrava calma e sorridente e sventolava bandierine gialle e bianche e cappelli colorati. e poi non c'erano sirene spiegate nè vigili del fuoco. intanto il fumo continuava ad uscire dalla caldaia: denso e nero che mi sono pure preoccupata ma sotto han continuato a vociare e a cantare osanne e preghierine. sono andata verso la caldaia e ho aperto lo sportellino: una luccetta rossa lampeggiante m'ha indicato che mancava l'acqua. prontamente ho spento e ho aperto il rubinetto dell'acqua e poi con calma serafica e grande abilità ho riacceso la caldaia che prontamente ha dato la schiccherina ed è ripartita. un fumo bianco è uscito da sopra il tubo e la folla da sotto ha urlato a più non posso il suo delirio applaudendo e cantando e sventolando tutto quello che c'era da sventolare: ho visto addirittura uno che ostentava con orgoglio una tiscert bianca con su scritto "non lo faccio per amor mio ma per dare un figlio a dio". ho richiuso al volo le finestre chè nel frattempo avevo fatto tardi. la folla ha continuato a strillare e a cantare e a battere le mani. non ho avuto il tempo di fermarmi a capire cosa fosse successo. ho solo pensato che la gente è proprio strana: ma non è eccessivo tutto 'sto trambusto per una fumata bianca?

Wednesday, March 23, 2005

Oggiggiorno avere come amici due piccioni ti risparmi un sacco di fatica.

giran sempre due piccioni qui fuori, uno più brutto dell'altro; uno più sporco dell'altro; uno più zoppo dell'altro. il primo, che deve essere femmina, lo riconosco chè è un grigio chiaro quasi smorto con tutti i peli radi che secondo me ha tutte le malattie del mondo pure il ginocchio della lavandaia e l'ipertensione arteriosa. l'altro, il marito, ha un colore più nerastro e grigiastro vera fuligine di inquinamento acustico, è più grosso in quanto a corporatura e ha dei ciuffi bianchi sulla testa, dovuti all'alopecia o a una decolorazione venuta male. viaggiano sempre insieme come i gabbiani sui fiumi, come i delfini nei mari, come i canarini nei cieli e come i due spacciatori che passano ogni tanto sulla cinquecento gialla. quando arriva la bella stagione la cosa più goduriosa da fare per gente semplice come noi è mettersi, durante l'ora di pranzo, su questi due gradini qui fuori, in mezzo al traffico, e mangiare un bel panino con mortadella e galbanone respirando a pieni polmoni tutti gli scarichi della macchine che passano, compresi gli scarichi delle macchine parcheggiate. non si può descrivere questo piacere del palato e delle vie respiratorie se non lo si prova. la grande fortuna mangiando fuori l'ufficio è che non devi preoccuparti se le rosette calde e fragranti si sbriciolano in maniera disumana, se i biscotti montebovi da un euro producono più residui non fissi dell'acqua minerale, se le patatine formano un tappeto così scricchiolante che neanche l'assassino più bravo col coltello in mano e la torcia accesa c'è la fa ad evitarle. appena tutto questo ben diddio finisce per terra, entrano in gioco loro: li senti arrivare da lontano gracchiando come gli avvoltoi del deserto e sbattendo le ali come i veri condor americani o le poiane dei monti d'abruzzo. ti coprono il sole per la loro apertura alare che quasi quasi al posto della tigre mi potevo far tatuare un bel piccione con tanto di alopecia e di rosetta in bocca. il maschio per proteggere la compagna arriva sempre sull'asfalto in avanscoperta: devono avergli detto che esistono le polpette avvelenate fatte apposta per i piccioni. poi con fare da grand'uomo chiama con un fischio acuto molto romantico la compagna che si getta come un' aspirapolvere da 1400 watt sulle mollichelle di rosetta, di biscotto montebovi da un euro e sulle patatine sbriciolate a mò di tappeto. in men che non si dica e più rapidi della migliore squadra di pulitori, i due piccioni spazzano via ciò che resta del mio pranzo lasciando un asfalto lindo e pinto che alle volte non riesco a camminarci su e metto pure le pattine per tornarmene a casa. finito di pranzare i due piccioni ringraziano, chinano la testa e se ne volano via tutti soddisfatti: qualche volta ruttano anche, ma non sono sicura che siano loro. solo l'altro giorno ho chiesto al maschio se mi prestava cinque euro per mettere la benzina. se n'è andato tutto incavolato sbattendo le ali e starnazzando come una gallina. sono rimasta male, lo ammetto. così è da qualche giorno che pranzo con lo yougurt: voglio vedere ora come si portano via il barattolino!

Thursday, March 17, 2005

Cinecittà dentro casa.

vivo al settimo piano. che dire, uno spettacolo continuo. macchè. ma quali tramonti mozzafiato, quali albe rosate, quali panorami da urlo, quale ponentino rigenerante.
è che la mattina non posso mai aprire le finestre per far entrare la luce del sole e il tepore della primavera. loro s'impossessano della casa, entrano ed escono come se niente fosse. girano per le stanze come fossero in casa loro, commentano se c'è polvere sulla libreria, se il bagno è adeguatamente pulito, guardano il dipinto mai finito alla parete ed han da dire anche sul soffitto blu e sulle mie tecniche improvvisate di pittura. ieri mi girava per casa federico fellini: dice che sta lavorando a un film nuovo; io gli credo sulla parola. pensa solo che il padre di costantino fa il muratore: quante ne ha dette guardando le mie pareti, tu non ne hai idea. non parliamo poi del frigorifero che è sempre vuoto: c'è chi ti richiede la pasta di farro perchè è allergico alla farina di campo; chi ti ordina il latte di soia chè è più digeribile; chi le birre chè ha una vita sregolata; chi il caffè d'orzo chè sennò non chiude occhio per tutta la notte; insomma aprire le finestre è una rimissione sicura e una richiesta continua tanto che a volte mi tocca stare tappata in casa al buio per avere un po' d'intimità.
questa è la dura realtà per chi abita vicino agli studios di cinecittà. sono assaltata da amici e amiche che m'invadono casa solo per l'autografo di daniele interrante o che sperano di vedere lele mora alla fermata dell'autobus. gente che mi rincorre solo perchè in lontananza sente puzza di gianni sperti o pensa che io tenga di caprio e scorsese nell'armadio insieme ai giubbotti da moto e alle scarpe invernali; maria che mi entra ed esce di casa come fosse la mia filippina: l'altra sera ha convocato le due portiere dell'enasarco, la pellicciaia mia dirimpettaia e la signora zoppa del quinto piano tutte a casa mia. ha proposto loro una sfida. il terreno di gioco è stato il pianerottolo: giudici il maestro alessandro alessandro e il maestro di vigevano. la prima prova è stata una sorta di musichiere: una volta dato il via alle note le concorrenti han dovuto fare i sette piani di corsa, suonare al mio campanello e dirmi il titolo della canzone. essendo più allenata, la gara è stata vinta dalla portiera che ha indovinato al primo colpo Beguine di jimmy fontana del sanremo '82 e al terzo piano è riuscita anche a lustrare col sidol la targhetta dell'avvocato. la seconda prova ha visto la pellicciaia contro la signora zoppa del quinto piano: la pellicciaia è riuscita a indovinare senza sbagliare tutti i rumori provenienti dai vari appartamenti, compreso il rumore dello sciacquone rotto che assomiglia a uno stantuffo della signora maria e quello della fuga di gas della bombola del sor peppino. alla fine dei giochi maria s'è complimentata con tutti e come premio kledi ha dato un bacio alla vincitrice e ha fatto ballare la signora zoppa; tanto si sa che è abituato a far ballare cani e porci. quando c'è troppo frastuono arrivano sempre le forze dell'ordine capitanate da claudia pandolfi e ricky menfis. ristabiliscono l'ordine, mandano tutti a casa e riescono a firmare anche qualche autografo. solo una volta mi sono veramente spaventata: eran le sei di mattina e sentivo tutto un vociare fuori al balcone. ho pensato agli extraterrestri venuti in segno di pace a scegliere le persone più preparate per un giro intergalattico solo andata senza ritorno. ho alzato pian piano le serrande e mi son trovata di fronte uno spettacolo raccapricciante: raul bova in tunica e sandali che parlava con gli uccellini, con il gatto del vicino e col mio tappeto blu steso ad asciugare la sera prima. la cosa strana non è che il tappeto gli rispondesse ma che gli chiedesse il nome del suo agente: dice che si vuol buttare nel cinema, magari in qualche grossa produzione di film su alì babà. pare che i tappeti a ollivud vadano via come il pane sciapo!

Wednesday, March 09, 2005

La vita fatta in formato bignami.

se avessi voluto fare il vigile avrei indossato la divisa bianca come i marinai, posseduto il blocchetto delle multe e non sarei qui dove sono a cercare di sbarcare il lunario alla meno peggio. m'incavolo il più delle volte quando all'orizzonte, come i cavoli a merenda, spunta un pigro mentale. dicono che la mamma dei cretini sia sempre incinta, ma la mamma dei pigri di mente poteva anche evitare di accoppiarsi col marito, almeno per non smentire il detto che batte la fiacca. il pigro mentale è quella persona che ha le sinapsi in prepensionamento, i neuroni sotto l'ombrellone al mare e la materia grigia che se la dorme beatamente senza chiedersi se la sveglia della vita è già suonata da un pezzo. i pigri mentali sono quelli che credono al governo che dice loro che va tutto bene, al medico che gli diagnostica un brutto male ma sono sani come un pesce, credono alla cassassiera e pagano quello che devono e non, alle istituzioni che non sbagliano mai, alla maestra del figlio che ha ragione e al figlio che ha ragione pure lui; sono quelli che non smuovono il cervello per paura che prenda aria fresca e si raffreddi.
ne conosco a centinaia: di quelli che entrano alla posta e ti chiedono dove si prende il numeretto pur avendo l'elimina code di fronte, che arrivano in banca e ti chiedono se è la fila giusta, che entrano dal dottore e ti chiedono se il dottore riceve pur avendo il cartello dell'orario di fronte ai loro occhi; in qualsiasi posto vadano loro cercano automaticamente il modo per non attivare il cervello; anche perchè è più facile che qualcun altro lo abbia già messo in moto al posto loro. così ti ritrovi per strada che cammini o ferma a un portone o che guardi il sole e ti stai semplicemente scaldando le ossa e ti si avvicina l'imbecille di turno: scusi, dov'è via tal de' tali? (ovviamente l'imbecille non s'è accorto che è già su via tal de' tali!). io li odio questi qui anche perchè siamo nell'era dei navigatori satellitari, della trasmissione in tempo reale del pensiero e comunque siamo ancora nell'era in cui prendere in mano, sfogliare e consultare uno stradario non costa che il lavoro collettivo di due/tre sinapsi al massimo. mi si è avvicinato uno stamattina: scusi, via cialdi? non mi sono neanche girata: ho fatto finta che ero cieca e sorda e anche negra. lui ha insistito, scusi, via cialdi? l'ho mandato verso ostia; perlomeno ha fatto fare un bel giretto ai suoi neuroni. dice che lo iodio fa tanto bene alla salute!

Friday, March 04, 2005

Che vita è.

spesso penso che se il dolore fosse qualcosa di palpabile sarebbe tutto più semplice. pensa se fosse tipo la plastilina con cui giocano i bambini a scuola. lo faresti uscire da te stesso e lo prenderesti in mano facendone forme nuove. ci giocheresti creando case, scuole, vicoli, alberi e fiori. come si fa per il riciclo della plastica o della carta. a quel punto la vita sarebbe così semplice che ti addosseresti volentieri anche il dolore di tuo fratello, di un tuo amico, del tuo vicino di casa o di uno sconosciuto che ti passa accanto per caso. avresti in mano tutti questi pezzetti di plastica colorati. quello nero di quel signore lì che sta su un ponte metidando un gesto sconsiderato. quello giallo della tua amica che il più delle volte è isterica. quello verde di tuo fratello ecologista che si preoccupa solo dell'aria e del buco dell'ozono. e uniresti questi colori col tuo dolore che è già saturo e pieno di mille sfumature. e ne faresti forme nuove fatte di tanti colori quanti i dolori che hai preso in mano. se il dolore fosse palpabile sarebbe tutto più semplice. il mondo sarebbe come un quadro di un artista del futuro, pieno di forme astratte vive e colorate. il cielo sarebbe ridisegnato da qualche bambino che si sente solo e incompreso. il mare da chi sogna i pescatori che partono di notte. il tramonto da un'anima bella e romantica. e la guerra sarebbe modellata perchè non facesse più morti e stragi. la cattiveria verrebbe ridisegnata e prenderebbe la forma di un dirigibile. l'odio diventerebbe un aquilone che se ne vola via. la felicità qualcosa da indossare tutti i giorni. del mio dolore farei un cigno bianco e delicato. e lo lascerei andare via in quel lago dove gli alberi si stanno specchiando proprio ora. il tuo lo trasformerei in un cavallo che ti porterà su quei monti laggiù da cui puoi vedere il mare. se il dolore fosse palpabile lo estrarrei con forza da dentro me stessa. anche ora. ma poi mi chiedo di cosa vivrei. quello che oggi porto dentro, so per certo che è parte di me. so per certo che sarà quella ruga in più delineata sulla mia faccia. quell'espressione in più che spegne o ravviva i miei occhi. quell'esperienza in più che marca la mia anima. quel pezzo di vita che senza direi. che vita è.

Thursday, March 03, 2005

Lui.

ogni volta che mi richiudo le porte dell'ascensore alle spalle, mi prende il panico che una grossa dose di gocce di rescuremedi non me la toglie nessuno. no, non soffro di claustrofobia nè di ascensorefobia. è che sono un tipettino impressionabile anzichenò. quando vedo in tivvù quei mostri di alien tutti unti e bavosi o anche la lecciso che balla con la sorella mi tappo sempre gli occhi con tutt'e due le mani come i bambini e spero che lo spettacolo finisca il più presto possibile. o anche quando sto per trangugiare con gran gusto la prima forchettata di pasta olio e parmigiano e il tiggì delle venti mi mostra l'operazione a cuore aperto di un babbuino delle alpi svizzere o geggia che fa l'antica romana, cerco sempre di cambiare canale perchè la cena non mi si riproponga come i peperoni verdi di clara. il problema di cui soffro è lo shock da apertura-porte dell'ascensore. tutto è nato una ventina di giorni fa. la notte non avevo riposato un granchè bene e la mattina ero ancora in catalessi tanto che mi ero vestita di corsa e mi stavo catapultando giù al portone giacchè ero in ritardo. chiamo l'ascensore e lilla lalla entro mentre poso le chiavi in borsa come al solito. ero in trance e ho fatto i sette piani che non mi ricordo neanche come. arrivata al primo piano le porte si sono aperte come da copione (confermo, l'ho visto io scritto sul copione del regista!, ndt) e, mentre sto per catapultarmi fuori di gran lena, vedo lui. faccio un balzo in aria e sbatto la testa al neon che incomincia a lampeggiare come l'insegna dell'isola dei sardi. mi rintano dentro l'ascensore e spingo il tasto 1. pensando che ormai ero in trappola come i topi nelle gabbiette degli esperimenti per cani, penso ad una soluzione per evitare lui, cioè quello. nel frattempo cercando una via di fuga per non affrontarlo salgo al secondo e poi al terzo e poi al quarto e già che c'ero mi spingo anche al quinto piano. sfinita, decido: prendendo un gran respiro e stando attenta alla compressione come i sub, incomincio la ridiscesa. ho spinto il tasto 1 e mi sono retta forte alle pareti dell'ascensore. quando mi sono fermata le porte si sono spalancate e lui era lì. non ho potuto fare a meno di balzare in aria di nuovo: il neon ha smesso di lampeggiare ed ha ripreso a lavorare come prima. "Buonasera...", ho detto a bassa voce cercando di nascondere l'imbarazzo e la paura e cercando di allontanarmi velocemente. non so cos'abbia risposto. ero già fuori il portone col sole che m'accecava gli occhi e il cuore ancora in gola.

Thursday, February 24, 2005

Venga a prendere un caffè da me. Ti dico: yeah!

Qualche mese fa da lidl avevo trovato quelle buste di prodotti liofilizzati a tutti i gusti più uno, pronti in cinque minuti netti a partire dal mio via. la mia luna in vergine avara e parsimoniosa, fiutando l'affare e la grande convenienza, dopo due conti in tasca, una chiamata alla commercialista e due mutui accesi in pochi secondi, s'è concessa sei buste di paste e risi per la modica somma di 39 centesimi cadauna così suddivise: due confezioni di pasta al leggero sapore di tartufo e fortissimo odore di calzino putrefatto nello stomaco di un barboncino a pelo raso; una confezione di riso e funghi secchi quanto la terra del sud estremo battuta dal solleone; una di riso e carciofi senza spine nè addititivi aggiunti e neanche i carciofi; una di pasta e salmone che appena la metti in bocca risali la corrente e accendi le lampadine senza pagare la bolletta; una di pasta e broccoli così amari che sanno di radicchio del trevigiano innafiato di rosso tiziano annacquato. dopo due mesi di vita da singol scanditi da pasta olio e parmigiano e gallette simil biscotto per cani di buona famiglia cristiana, ieri sera mi son fatta questa grande concessione: la pasta al tartufo. sono arrivata a casa chè l'acquolina in bocca lasciava una leggera scia tanto che la vicina ha pensato che il cane del quinto piano avesse fatto i suoi bisogni in ascensore. sono stata zitta che tanto già mi pregustavo quella pasta davanti al tiggì di emilio fede e a blob che prende in giro fede e non stavo più nella pelle. ho preparato il pentolino dell'acqua, non ho aggiunto sale come riportava la descrizione, ho fatto bollire e ho versato il contenuto. in men che non si dica e senza neanche l'intervento di vanna marchi e del mago nascimiento, la pasta era pronta; fumava di bianco che neanche quando fanno il papa nero. con una cocacola nella mano destra e il piatto nella sinistra mi sono spappardellata di fronte alla tivvù chè fede ha avuto anche un gridolino isterico di fronte a quella vista. l'odore di tartufo ha invaso casa. la pellicciaia mia dirimpettaia m'ha bussato poco dopo pensando che avessi lasciato qualche carogna morta da giorni nello sgabuzzino. le ho spiegato della pasta e dell'offerta convenienza e lei ha voluto assaggiarla. s'è seduta sul divano con me e mi ha parlato della guerra e dei sapori genuini della terra, mi ha detto che oggi tutto ha perso quei sapori, quei gusti sinceri come l'amaro lucano a eccezione della mia pasta: lo reputo un complimento; devo dirlo alla Lidl. al secondo boccone, han bussato di nuovo alla porta ed era il fornaio del terzo piano insieme al suo cane pitbul di taglia nana bruk. seguendo l'odorino di carogna era arrivato fino alla mia porta e mi ha suonato scusandosi per l'ora e per l'intrusione "ma, sa, signorì, quante se ne senteno oggi ai teleggiornali...bisogna stà sempre co' l'occhi aperti..." (testuali parole, non cambio neanche una virgola, nda). gli ho offerto un assaggino di pasta. ha accettato forse richiamato da quell'odore invitante di calzino stagionato o forse solo perchè era incuriosito dalla pellicciaia e da cosa avesse a che dire con me. poi è stata la volta della moglie del fornaio: cercava il marito e il cane nano, mi ha detto scampanellando a gran voce. m'ha chiesto se avessi ritinteggiato le pareti avendo notato che c'era un forte odore di muffa unita a plastica bruciata e a un tocco di arbre magique alla vaniglia e cocco. le ho spiegato che mi ero fatta un po' di pasta e gliel'ho offerta. ci siamo ritrovati in sei tutti seduti davanti a fede che nel frattempo s'era ingelosito e ha cominciato a parlare male della sinistra e di questi supermercati che fanno grossi sconti al popolino. l'ho invitato a unirsi a noi che non stava più nella pelle. s'è rifatto il trucco e s'è seduto sul divano e gli ho fatto vedere anche il dvd di "Pupa vita e opere", una tappa obbligata per chi viene a casa mia. gli è piaciuto, mi ha anche detto che se voglio lo manderà in onda a reti unificate il giorno delle elezioni prima degli exit pol. l'ho ringraziato e ho liquidato tutti, lui compreso chè ero stanca e la pasta aveva avuto brutti effetti sul mio intestino craxo. ho spento la tivvù e sono andata a letto. domani porterò le buste liofilizzate a clara, la barista. m'han sempre detto che risparmiare sul cibo fa male al fegato. ma, secondo me, fa più male fare certi brutti sogni!

Friday, February 18, 2005

Lo steggista parte seconda: io, la spudoratezza fatta persona!

Giudizio: L. è un ragazzo ricco di creatività e buona volontà. si è mostrato molto veloce nell'apprendimento delle nostre tecniche lavorative. ha seguito (anche partecipando attivamente) tutto il nostro iter dalla fase di creazione di un logo/marchio fino all'allestimento sul posto. ha svolto con pazienza e meticolosità alcuni esercizi di studio creativo e di composizione che gli sono stati affidati, imparando a usare, a grandi linee (vista la breve durata dello stage), nuovi programmi di impaginazione e nuove tecniche manuali. nel complesso la nostra società ritiene molto positiva la permanenza di L. e si ritiene soddisfatta di questa iniziativa.
cordialmente. Io.

lo so, sono spudorata. ma L. mi ha fatto tenerezza ieri chè m'ha chiesto di scrivergli il giudizio ed era tutto impaurito. quanti di noi avrebbero voluto vedere queste cose sulla propria scheda? e quanti "si applica ma senza risultati buoni" hanno invece visto scrivere da professori a volte incompetenti o forse solo distratti.
dedico questo giudizio alla mazzalupi, professoressa di italiano, latino e greco della mia classe ma non professoressa di vita!

è partito marte in scorpione: checcevoifà?

Wednesday, February 09, 2005

Lo steggista.

una volta avevo un cane. l'ho mollato sull'autostrada un venerdi quattordici agosto sotto un sole cocente e cercando di fare in fretta per non prendermi l'insolazione. oggi ho uno stagista, qui al lavoro. il cane l'avevo comprato: un milione di lire del vecchio conio. lo stagista credo sia spuntato dal nulla. forse fa parte di quei programmi demagoci preelettorali per la formazione dei giovani, organizzati dalla regione. lo stagista ha un nome, come il cane aveva un nome. viene da una scuola di periferia e mi ha portato un foglio con su scritta la richiesta di lavorare con me autografata dal professore di disegno e dalla professoressa di musica. dopo aver imprecato per qualche secondo, ho fatto un giro di chiamate: il preside della sua scuola per chiedere delucidazioni, la mia commercialista per accertarmi che non ci fossero conseguenze fiscali, il mio dottore per farmi prescrivere l'ecografia alla bile per via di certa sabbia che mi riporto da un vecchio viaggio nel sahara e, già che c'ero, anche la bidella della mia scuola elementare che era tanto che non la sentivo; tutti concordi: mi devo tenere lo stagista; lo devo tenere qui fino al diciotto febbraio.
è antipatico, lo stagista. pesci ascendente cancro: un muso lungo e un fare da vecchio matusalemme; si sveglia solo quando gli parli di motori e di canale cinque. non fa battute, non parla, non segue i miei innumerevoli exploit umoristici, non lavora e si porta sempre dietro la sua ragazza che perlomeno è simpatica (è dell'acquario). non so comandare, io. non so chiedere chè mi scoccia chiedere. non so impartire ordini perchè credo che se faccio da sola faccio prima e meglio. lo so, sono piena di difetti, ma lo stagista fresco di scuola e di muso non lo meritavo proprio: deve essere a causa della legge del contrappasso per aver mollato il cane, lo so, lo sento. qualche giorno addietro ho provato a prendere il discorso alla lontana, con lo stagista: gli ho detto che nella vita il lavoro nobilita l'uomo (non ci credevo neanche io, così non sono stata molto convincente), che nella vita bisogna far tutto e non bisogna spaventarsi di fronte a niente, gli ho aggiunto anche, con fare maturo, che una volta i giovani avevano più rispetto per gli adulti e non se ne stavano a poltrire nelle università sfoggiando questo o quel paio di jeans abilmente sdruciti. mi sono sentita tanto una di quelle persone che avevo sermpre criticato, che fanno discorsi da vecchi scollati dalla realtà, che portano occhiali bifocali e i capelli azzurrini, hanno il fiato corto e che sa d'aglio e le mani rugose. non ha recepito lo stagista. continua a dormire in piedi. continua a scroccarmi internet che mi toccherà anche far sparire, mangiandolo, questo blog per paura che lo legga. continua a dire che questo non è il lavoro per lui e che parteciperà alle selezioni del grande fratello parte sesta perchè vuole diventare come taricone, sposarsi una rumena, farci un figliolo bicolore e andare da maria de filippi per incontrare valentino tocco. gli ho detto che conosco una rumena che fa la parrucchiera ed è una brava ragazza. non ha gradito. neanche la sua ragazza.
una volta avevo un cane e questo è quello che mi merito: lo stagista. ora mi trovo che lavoro per lui, che rispondo al telefono perchè lo cerca sempre qualcuno, che gli compro il panino per il pranzo e lui storce anche il naso. stamattina sono arrivata in ritardo chè la metro era strapiena. m'ha tenuto il muso tutta la mattina e mi ha fatto chiamare dalla madre la quale ci ha tenuto a precisare che devo esser più puntuale, svegliarmi prima la mattina e curargli la dieta giacchè la mortadella tutti i giorni non la digerisce. una volta avevo un cane. non rimpiango di averlo lasciato sull'autostrada: forse dovevo rimanerci anch'io!

Thursday, January 27, 2005

761 barrato.

sai quando stai dietro ad un autobus e per via del traffico non riesci a sorpassare tanto che ti ritrovi fermo alla prima fermata a vedere scendere una persona e salirne almeno tre, alla seconda a salirne una e scenderne sette, alla terza salirne due e scenderne una, alla quarta speri che l'autobus non si fermi e invece si ferma anche lì?
ero in macchina ieri. e lui davanti a me. era il 761 barrato: grigio e rosso di quelli avuti dal comune per il giubileo santissimo del duemila, snodabile, tutto imbelletato e plastificato e biadesivizzato con pubblicità di questo o di quello stilista famoso, con l'autista bello come il sole che parla al cellulare con megan gheil che gli gira tutto intorno compreso l'autobus e tanta gente allegra e sorridente che ci mette un quarto d'ora per salire due gradini e circa otto minuti per scenderne tre per via del dislivello sul livello del mare. egli, l'autobus, mi ha scortato dalla fermata della cristoforo colombo fino alla via dei corazzieri e io, che sono anche un pilota provetto per via che mi piace senna, non ho potuto far altro che strargli dietro furente e scalpitante e contare, contare tutti quelli che salivano, che scendevano e che qualche volta sparivano nel nulla per cause ignote. nei pressi dell'eur ero talmente entrata nella parte del conducente che ho fatto salire due signore per farle scendere due fermate dopo. non hanno obliterato, che ingrate, però gli ho fatto ascoltare bachelorette di bjork e pare abbiano gradito tanto che una ha esclamato: "bella questa musica moderna, certo però che al bano è al bano: peccato quella lecciso lì!" (testuali parole, nda). a via dei lancieri è salito un signore mutilato che ha fatto la guerra: l'ho fatto sedere davanti, al posto d'onore. non ha pagato, chè gli invalidi hanno lo sconto come gli handicappati, le donne incinte al nono mese che vanno all'ospedale da sole e mia zia che è sindacalista. verso via silone, un grande scrittore, ho caricato sei ragazzette che non erano andate a scuola; tutte vestite eguali che non sapevo dove guardare e pensavo di vedere doppio per tre: cappello rosa sulle ventitrè, ginz calati con l'ombellico e anche i fianchi e anche il pirzing tutto di fuori, una magliettina fina tanto stretta al punto che non s'è intravisto niente, bomberino aperto e trucco tutto colore da minidiva in calore. non m'andava che non obliterassero così gli ho fatto anche la multa. sono scese che sbuffavano; ma credo che questi giovani moderni debbano imparare un po' di regole e di disciplina! sulla laurentina c'erano dei militari: li ho lasciati a piedi chè tanto son ragazzoni atletici pieni di estrogeni e sostanze strane e poi col tesserino non avrei guadagnato un granchè. quasi al capolinea è sceso l'autista bello come il sole che non parlava più al cellulare con megan gheil che gli gira tutto intorno e s'è diretto verso la mia macchina: al volo ho fatto scendere una vecchia che mi stava raccontando di quando c'era Lui. l'ho scaraventata fuori e lei ha agitato anche il bastone in segno di saluto, forse. ho ingranato la prima e sono fuggita a razzo. ho superato lo snodato e sono arrivata all'appuntamento in orario sulla tabella. d'altro canto: ho quasi diciassette anni di anzianità!

Monday, January 24, 2005

Vita da singol parte terza: i panni sporchi si lavano in casa.

erano notti che non riuscivo più a dormire tranquilla. la prima notte ho pensato alla peperonata tutti i gusti più uno mangiata a tarda sera a casa della pellicciaia, mia dirimpettaia. poi ho dato la colpa alla mistura di caffè e cocacole con contorno di cioccolato nero fondente 80% lana e 20% cotone sulla pelle con cui mi drogo negli ultimi tempi. per un attimo ho pensato anche a quegli spiritelli burloni venuti a disturbare i sonni delle persone più care e sagge. solo ieri, aprendo gli occhi, ho scoperto il motivo dei miei sonni agitati: le lenzuola del mio letto, fattesi le valigie, se ne erano andate di casa. m'han lasciato un biglietto sul frigo. e niente più. la prima cosa che ho fatto è interrogare il materasso. lui naturalmente ha fatto il vago, come il suo solito. per sviare il discorso ha accusato prima un forte mal di testa e poi mi ha tirato su una storia lunga una quaresima i cui punti salienti sono che è preoccupato per il concorso in cui passerebbe di grado; che ha problemi con la famiglia visto che il padre è stato licenziato e senza giusta causa e poi mi ha parlato anche di certi suoi problemi alla cervicale che, dice, 'sti materassi moderni non li fanno più col cotone e la lana di una volta. fatto sta che non trovando risposte per quell'insano gesto da parte delle mie lenzuola, ho girato per tutta casa in cerca di un indizio. sono corsa nel cestone della biancheria sporca ma non ci ho trovato niente: vuoto e immacolato come quando l'ho comprato. ho visto al bagno chè non si sa mai ma ci ho trovato solo due vecchi assorbenti del '76 di quelli senza ali e senza fluf assorbente che non credo abbiano niente a che fare con l'accaduto. poi ho controllato anche in cucina: sai, 'ste lenzuola di flanella sono gente strana. non sapendo più a che santi rivolgermi e soprattutto quali elencare per lanciare anatemi, ho aspettato chè come dicono gli anziani: il tempo cura tutto. verso le sette m'han citofonato che già pensavo all'ufficiale giudiziario per quella storia dell'enciclopedia sulla cucina di suor germana divisa in otto tomi mai avuta, mai ordinata e, soprattutto, mai pagata. in ogni caso ho risposto al citofono: speravo tanto che qualcuno mi sapesse dare qualche notizia circa le mie lenzuola preferite, soprattutto le uniche in mio possesso. ho aperto visto che una voce tranquilla mi ha risposto: "Noi". ho pensato a qualche amico o persona di casa. ho aspettato sulla porta che la curiosità mi si mangiava. appena aperte le porte dell'ascensore sono rimasta allibita: davanti a me, come se niente fosse, mi ritrovo le due lenzuola fresche di bucato, lille lalle, tutte imbelletate con in mano una cocacola e nell'altra novella 2000: che pettegole! non sapendo se arrabbiarmi o rimanere senza parole,ho optato per il silenzio, anche perchè da dietro lo spioncino già immaginavo che la pellicciaia mi stesse osservando per ridere alle mie spalle. ho richiuso con calma e noscialans la porta di casa e, con voce ferma e sicura, ho chiesto loro delle spiegazioni. m'hanno detto che si sono informate coi sindacati e sulla base di non so quale statuto il loro salario non è direttamente proporzionale alle loro ore lavorative, che il giovedi lo vorrebbero libero e che vorrebbero essere cambiate ogni settimana e non ogni mese e mezzo e che, tra l'altro, vorrebbero essere iscritte a equitazione che, pare, il moto faccia bene. mi son sentita piccola piccola e non ho saputo cosa controbattere. ho dormito sul divano, stanotte: mica potevo più guardarle in faccia.