Sarà per quello che s'è visto ieri sera in tivvù ma oggi mi sento come quei pazzi che non ci capiscono un granchè della vita e che, silenti e silenziosi, vagabondano e vagano sorpresi e appesi al filo delle loro follia.
mi sento schizofrenica per quello che ho visto nei tiggì e per le facce sofferenti e insanguinate sbattute in prima pagina e per le urla e la paura che si son diffuse e per le parole di circostanza, sempre le stesse, che carpisco qui e là tra un bar, un alimentari e un negozio di frutta. mi sento schizofrenica perchè nonostante tutto questo la vita va avanti. altro che se va avanti: la vita continua e il tuo vicino di casa, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, il tuo vicino rimane sempre lo stesso e si lamenta già dall'alba se la tua moto ha di poco invaso i due metri e passa del suo parcheggio. la vita continua e la gente in giro, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, la gente continua a zigzagare nel traffico mandandoti gli accidenti peggiori e cercando di arrivare per primo a un nonsodove, semaforo verde o ospedale che sia. la vita continua e arrivi sul posto di lavoro e già dalle nove, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, c'è la febbre del "saldo" che ti tocca correre per tutta roma a "servire" i lor signori e le loro vetrine. la vita continua e negli uffici pubblici le persone, nonostante quelle facce sofferenti e insanguinate e quelle urla e quella paura, le persone ti spintonano e cercano di passarti avanti e vedi il livore in quegli occhi assassini e ti senti ancor più pazzo perchè ci sono due realtà che non capisci: quella degli occhi spaventati che hai visto nelle foto dei giornali e quella della gente spietata che hai di fronte. perchè da noi la vita è già andata avanti a poche ore da quella strage. perchè malgrado quelle solite quattro frasi di circostanza domani si andrà tutti al mare e stasera tutti a ballare e chi in fila al ristorante e chi in fila in interminabili code per i grandi esodi estivi. e tu rimani là a non sapere quale è la realtà e quale il sogno. e ti vorresti svegliare da questo incubo che è chiamato vita. vorresti non vedere più questi occhi carichi d'odio che stridono con quelle belle frasi imbellettate per l'occasione.
e così ti senti un pazzo. uno scemo. un'idealista. o solo un malato di malinconia. e non capisci più nessuno, perchè, come i bambini più ingenui, ti senti scollato da una realtà che non riconosci più tua. ma continui ad andare avanti perchè la vita te lo impone, il lavoro te lo impone, l'obbligo verso te stesso te lo impone. e perchè speri che alla gente s'intenerisca un po' il cuore. che alla gente ritorni quel senso di pietà che non trova più casa in nessuna casa. speri che gli ultimi accadimenti stravolgano un po' le vite delle persone e si ritorni un po' indietro, quasi alla normalità. ma poi vedi che tutto corre alla velocità della luce: non elaboriamo più i dolori, non elaboriamo più i lutti, non elaboriamo più pensieri perchè si è tutti presi da qualcos'altro di più urgente. e allora vorresti esser morto ammazzato tra quegli inglesi innocenti, tra la gente spappolata delle torri, tra i ragazzi sparati della guerra piuttosto che sopportare questa lenta e interminabile agonia che oggi è la vita.
e poi ti squilla il telefono e riemergi dai tuoi pensieri che, per le urgenze, non puoi permetterti di fare e dall'altro capo della cornetta c'è qualcuno che reclama le sue scritte adesive. e tra te e te dici: ah, domani cominciano i saldi; the show must go on, cantavano i queen. e poi ti chiedi: a quando le prossime frasi di circostanza? alla prossima strage?
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