Monday, August 02, 2004

Ritratto di famiglia.

E' caduto un passerotto dall'albero, ieri mattina. L'ho visto là tutto solo nella radura in preda a quei gattacci randagi che scartano il salame e la mortadella ma adorano uccelli e merli. Son scesa quasi in mutande stravolta e con le cioce che quasi inciampavo. Per difenderlo da me s'è fatta sotto tutta la famiglia dei suoi parenti al gran completo: padre con ringhio fischiettante, madre dal piumaggio argentato, lo zio cieco e la nonna che viene da una famiglia di passeri per bene. Ma io non volevo fargli del male, ho cercato di spiegar loro. L'ho portato a casa. Mi guardava con quel certo non so che. Chissà che voleva. Fermo non ci stava così l'ho messo in una scatola. Non si fermava neanche lì: eppure era una scatola Nike, mica cotica. Certo è che sull'albero di fronte alle mie finestre non ce lo potevo rimettere. Non sapendo che fare l'ho adagiato su un vaso di citronella contro le zanzare sul davanzale. Sono andata a mettermi le scarpe e i calzoni chè avevo paura si sarebbe buttato di nuovo di sotto. Non mi andava si scendere ancora in desabiglè! Son tornata in cucina e ho fatto un balzo degno di carl lewis prima maniera. Tutti i passeri del vicinato avevano invaso la casa. Lo zio cieco si stava facendo due uova in cucina. Al bacon, mi ha detto. Soffre d'anemia. La madre, scocciata, mi ha fischiettato qualcosa non so in che lingua. Per rispetto li ho lasciati soli. Per tutto il pomeriggio son dovuta stare relegata in camera. Ho letto quasi tutto bukowski e già che c'ero ho scritto le mie memorie. Ho stirato sette camicie. E ho lavato anche il bagno. Distrutta mi sono diretta in cucina verso le otto per prepararmi un boccone. Loro avevano già apparecchiato. Il piccoletto era sul suo seggiolone. La nonna cuciva non so che tutina di lana. Lo zio cieco era sempre alle prese con le sue due uova. Al bacon. Svolazzavano per tutta casa. Liberi come se fossero in cielo aperto. Mi sono sentita di troppo. Sono uscita. E li ho sentiti sghignazzare felici appena chiusa la porta. Ho girato tutta roma più volte. Chissà a che ora dormono i passeri, mi son detta. Verso le due, stravolta e senza cena, ho messo la chiave nella toppa. Silenzio. Entro e vengo invasa da un odore di sigaro cubano. In salone c'erano dieci passerotti, cinque intorno al tavolo che giocavano a poker. Lo zio cieco stava vincendo. Mi sono unita a loro. La posta era abbastanza alta. La nonna, grande giocatrice, ha rilanciato. Non avevo granchè, in mano. Cip, ho detto io. Ho perso. Ma lo zio cieco barava. Credo.

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