quando mi sveglio alle cinque e non riesco più dormire, la prima cosa che mi prende è l'ansia. l'ansia del non riaddormentarmi. i pensieri che cominciano a vagare per la stanza prima di me: s'alzano dal letto e s'impantofolano ben bene girando per la casa già vivi e operativi. mi distraggo. guardo le due stelle luminose nel soffitto che han perso, già da ore, la loro luce. comincio a pensare, oddio sono le sei e, se mi addormento ora, dormo solo due ore; oddio solo le sei e mezza, vabbè un'ora e mezza è meglio di niente; oddio sono le sette e forse crollo. in lontanzanza passa il camion dell'immondizia. mi fischiano le orecchie. penso, chissà. dormono tutti. sarà il Capitano, l'unica persona ancora in giro a quest'ora. mi rigiro nel letto cercando la posizione giusta. e i pensieri se ne stanno lì sopra di me a girovagare per la casa insieme a qualche buon'anima. mi tolgo i calzini chè così distraggo il mio ego in ansia. è da un po' di tempo che, nei momenti di insonnia, mi vengon delle bellissime idee. post bellissimi che disegno dentro come in più abile dei pittori, idee che al mattino sono andate via in un pluff. intanto il camion s'è allontanato. fuori albeggia. e son sveglia, ancora là, senza calzini, ad aggiungere idee e a partorire pensieri che allegramente m'abbandonano poche ore dopo. l'orologio fa tic. poi tac. ancora tic. alle sei una sveglia in lontananza. è la sveglia del Casio che non son mai riuscita a togliere dai tempi del deserto. mi ricorda douz. quella mattina che alle cinque ero già in piedi in quell'albergo bellissimo col portone arabeggiante e il deserto davanti. che silenzio, nel deserto. niente a che fare col camion che sta andando via ora. i primi rumori. patrick che piange, che noia i bambini. l'antifurto che sblocca una macchina. il vento che sbatte sulle persiane. i miei pensieri che vagano ancora. qualche buon'anima passa e mi tocca il capo e io mi rilasso. click.
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